2014
Il terzo portiere
A cosa serve il terzo portiere? Un piccolo studio sui numeri 23 (o 22) in Italia
IL TERZO PORTIERE – Girovagando tra le ilari pagine di Facebook che nascono ogni dieci minuti, se ne trova una dal titolo esplicativo, ma che però suona molto come un luogo comune cioè “Certo che chi fa il terzo portiere in Serie A ha capito tutta della vita“. Il terzo portiere non è una figura mitologica né poetica, chiariamolo subito prima di perdersi in possibili sensazionalismi su uno dei ruoli che effettivamente nel mondo del calcio paiono più inutili. In realtà però il terzo portiere è qualcosa di più di un riempitivo in rosa, per molte squadre è un’ancora di salvezza per le liste Champions mentre per altri è un uomo spogliatoio. Molto spesso è colui che viene comprato a parametro zero mentre in Primavera i portieri marciscono e vengono mandati a fare la gavetta in Lega Pro – e al loro ritorno ovviamente trovano un nuovo terzo portiere, perché è un circolo vizioso questo.
THE NUMBER 23 – Il ruolo del terzo portiere è cambiato assai nel corso della storia e solamente in tempi recenti questa figura è assurta fino allo status che ha adesso, visto che anni fa l’estremo difensore della primavera veniva chiamato in caso di necessità a fare la riserva e solo in casi eccezionali a comparire dal primo minuto. Altri tempi, è vero: allora i numeri uno erano numeri uno in tutti i sensi, sia perché lo avevano cucito sulla maglietta e sia perché non saltavano mai una partita, con i dodici impietriti in panchina e anche piuttosto scarsi, diciamolo con onestà. Adesso, dando un’occhiata in Serie A troviamo solamente vecchie glorie a fine carriera – se vi state chiedendo che fine abbia fatto un dato portiere che ammiravate nell’album dei calciatori e pensavate in pensione, date un’occhiata alle rose di A e lo scoverete – oppure giocatori comprati per sbaglio o difficili da piazzare in prestito. Pensate che il terzo portiere nella numerologia calcistica non ha neppure un numero vero e proprio, c’è chi dice sia il ventidue, chi il ventitré ma in realtà anche questa cosa è avvolta dal mistero.
CASI STUDIO – Cristiano Lupatelli e Tommaso Berni sono due esempi differenti di terzo portiere. Lupatelli alla Fiorentina è un uomo spogliatoio al quale i dirigenti allungano il contratto nonostante in un anno scenda in campo sì e no tre volte, però è uno dei vecchi e se state a sentire qualsiasi giocatore nella Viola vi dirà che senza il Lupo non ci si diverte, con buona pace di Lezzerini ormai quarta scelta. Berni invece ha fatto una carriera da terzo portiere e in estate ha trovato spazio all’Inter, il perché è presto detto e va ricercato nella sua squadra d’origine: l’Inter appunto, così facendo i nerazzurri si guadagnano in Europa un giocatore cresciuto nel vivaio ma che difficilmente vedrà mai il campo se non dalla panchina. La stessa sorte è toccata anche a Luca Castellazzi al Torino e ai tempi pure a uno dei terzi portieri più famosi degli ultimi anni, vale a dire Paolo Orlandoni. Cresciuto nell’Inter e ivi tornato nel 2005, in sette anni è andato a svernare nella sua vecchia compagine con cui ha giocato sei gare in sette anni, un’ottima media. Un altro che ha reso grande il ruolo del ventitreesimo (o ventiduesimo, che dir si voglia) è Valerio Fiori. Per i nati tra gli Ottanta e i Novanta Fiori è stato l’incognita maggiore: come fa a stare così tanto tempo senza giocare e non protestare mai? Dieci anni di Milan, una gara in campionato inutile a Piacenza persa 4-2 e uno spezzone in Coppa Italia, poi nient’altro. In tutto questo però ha portato a casa un campionato e due Champions, tra le altre cose.
TROPPI – Ecco, questo è il punto: quali sono le colpe e i meriti del terzo portiere? O meglio, facendo sempre l’esempio di Fiori si vede come nella Champions 2007 fosse addirittura il quarto estremo difensore del Diavolo e quindi è giusto a rigor di logica considerare anche lui in vincitore? E’ giusto sì, è logico, anche se a dire il vero l’apporto in campo. Che sia una chioccia o semplicemente un giocherellone il terzo portiere è pur sempre una figura importante al giorno d’oggi. Chi dice che Rubinho ha vinto più Scudetti di De Rossi afferma il vero, ma forse ne ha meritati meno del vice-capitano giallorosso, giusto per fare l’ennesimo esempio. A proposito di Roma, giusto ricordare Julio Sergio definito da Spalletti “il miglior terzo portiere del mondo“. In attesa di capire se quello del toscano fosse un complimento o no, comunque il brasiliano in una stagione per poco non ha fatto vincere uno Scudetto a Ranieri, mica roba da poco. In Serie A comunque i portieri sono troppi, spesso presi anche a caso proprio perché riporre fiducia nel numero uno della primavera porterebbe le giovanili a privarsi della sua presenza (quindi giocherebbe meno) e poi, meglio dirlo con franchezza, non è nel nostro stile dare fiducia ai giovani specialmente in un ruolo delicato come quello del numero uno.
IL FILM – Facendo un rapido calcolo del numero di portieri in Serie A ne troviamo all’incirca settanta, prendendo in considerazione le liste con i numeri di maglia ufficiali del nostro massimo campionato. E’ una media di tre portieri e mezzo (e metterne mezzo in porta non è consigliabile) a squadra, una roba abnorme. Il Milan ad esempio ha 3 portieri papabili titolari ovverosia Agazzi, Lopez e Abbiati, così come il Sassuolo. L’Udinese addirittura ne ha 4, che poi diventano 5 se si aggiunge Kelava che è rientrato anzitempo dal prestito dal Carpi perché non voleva fare la riserva in B. Di fronte a tutto questo anche un ruolo come il terzo portiere passa inosservato dato che entro qualche stagione saranno in media quattro i pipelet per squadra. Tutto questo porta a una riflessione logica su un numero massimo di giocatori da tenere in rosa. Il ruolo del terzo portiere serve per lo spogliatoio e in caso di infortuni, ma in realtà almeno da noi è quel tipo di giocatore che viene messo in campo al 71′ dell’ultima di campionato proprio per fargli togliere la polvere di dosso. Potremmo farne a meno? Non esageriamo, anche se nel calcio i ruoli decisivi sono ben altri. Poi magari succede come nel film 4-4-2 nell’episodio di Roan Johnson che si chiama appunto “Il terzo portiere“: magari il vecchio e inutilizzato ventitreesimo – non necessariamente Valerio Mastandrea – invece di vendere una partita fa un miracolo che vale una stagione. O forse no, come è più razionale immaginare.