2012
Il numero 10: da Rivera a Boateng, tutte le mutazioni
Gianni Rivera, Luis Suarez, Michel Platini, Ruud Gullit, Zinedine Zidane e Kevin-Prince Boateng. Tutti giocatori splendidi, di ere calcistiche diverse ma soprattutto dalle caratteristiche diverse, che però hanno un unico denominatore comune: il numero sulle proprie spalle, il 10. Forse il numero più ambito per qualunque essere umano che abbia mai sognato di giocare a calcio, ma che solo in pochi hanno avuto l’onore di avere stampato sulla propria schiena, a qualunque latitudine del pianeta.
Un numero che, nell’epoca in cui spopolavano il milanista dai capelli cotonati e con la verve da politico (tanto che poi lo diventerà) e lo stempiato spagnolo un pò blaugrana e un pò nerazzurro, era accostato a un ruolo ben determinato: il regista di centrocampo, in una posizione che spaziava dalla zona davanti alla difesa, dove il 10 andava a prendere il pallone, ai pressi dell’area avversaria, dove spesso e volentieri cercavano il gol, e quasi sempre lo trovavano con conclusioni magiche. Esponenti splendidi di un ruolo ancora indecifrabile, e per questo affascinante.
Passano gli anni, si passa dalle gonne larghe ai pantaloni a zampa d’elefante per finire ai colori sgargianti e psichedelici, e cambia anche la visione del calcio, e non solo perchè le TV a colori scalzano quelle in bianco e nero. Si passa agli anni Ottanta, con i mutamenti del gioco e di conseguenza dei ruoli in campo, compreso, ovviamente, quello del numero 10: meno compassato e più rapido, meno accentratore del gioco e più smistatore di palloni, possibilmente quelli decisivi per mandare in gol i compagni, con il vizietto del gol sempre incorporato. Ed è proprio il caso del Re, così come viene soprannominato in Francia il fantasista che ha incantato il popolo juventino nel decennio più decorato della storia della Vecchia Signora: un giocatore divino, capace di riunire due figure ben distinte, ovvero quella dell’assist-man poetico e del bomber implacabile, in grado di essere capocannoniere di Serie A per tre volte e di vincere altrettante edizioni del Pallone d’Oro.
L’esasperazione di questo netto mutamento del ruolo avviene grazie a un olandese, sbarcato nella Milano rossonera al termine degli anni Ottanta e capace di far saltare i piani difensivi di tutte le difese d’Italia e d’Europa con le sue doti, un pò da calciatore e un pò da atleta: le vecchie nozioni sul numero 10 vengono stracciate con Gullit, ma non è ancora finita.
Dopo una fase, legata soprattutto agli anni a cavallo tra i due secoli, e dominata da un autentico genio del calcio come Zizou, che costituisce un ultimo anello della catena dei grandi fantasisti suoi predecessori, ma che si distingueva per il fisico imponente e per la grinta, a volte eccessiva, gli ultimi anni hanno visto, soprattutto in Italia, l’esplosione di un nuovo fenomeno: quello del trequartista atipico, magari non eccezionale sul piano tecnico, ma assolutamente straordinario su quello atletico e fisico, con spiccate doti di corsa e dribbling che ben si sposano con il nostro calcio. E così, spazio ad elementi come il già citato Boateng, esploso nell’anno scudettato del Milan allegriano, come il napoletano d’adozione Marek Hamsik e come l’ultimo esponente di questa nuova corrente, quel Fredy Guarin che per qualità fisiche e tecniche sarebbe capace di fare bene il mediano davanti alla difesa così come l’uomo dell’ultimo passaggio.
Segni dei tempi che cambiano, e di un numero di maglia forse dissacrato negli ultimi tempi, ma sempre portato sulle spalle con fierezza.