2014

Il giro del mondo in 15 squadre

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Il Pallone d’Oro che ha dato spettacolo in quattro continenti: Rivaldo

10 E LODE RIVALDO – Fino a pochi anni fa i campionati di minor prestigio potevano solo sognare i campioni di livello internazionale. Ma con l’exploit economico e gli investimenti fatti nel mondo del calcio determinati Paesi hanno aperto le porte a trasferimenti considerati impossibili, almeno sulla carta. E uno dei primi a lanciare questa nuova “moda” che negli ultimi mesi ha contagiato gran parte dei talenti europei e sudamericani è stato un certo Rivaldo Vítor Borba Ferreira, campione come pochi che con scarpette al piede e numero 10 sulle spalle ha varcato i confini di ben quattro continenti. E pensare che, all’età di 19 anni, l’attaccante brasiliano era stato praticamente cacciato via dal Santa Cruz. Sì, cacciato via. Era considerato tra i giocatori meno promettenti e il club cercò in tutti i modi di liberarsene viste soprattutto le condizioni fisiche non ottimali dovute alla malnutrizione in età giovanile. E il primo contratto da professionista arrivò infatti in maniera del tutto casuale. Era il 1992, il Mogi Mirim bussò alla porta del Santa Cruz per far spesa di talenti, ma il club proprietario del cartellino mise subito le cose in chiaro: «Accetteremo la vostra offerta solo se prenderete anche Rivaldo». Così fu, ma chissà cosa avranno pensato quando Rivaldo, esattamente dieci anni dopo, ha sollevato al cielo la Coppa del Mondo 2002 con la maglia del Brasile.

LA CARRIERARivaldo è nato a Paulista (Pernambuco) il 19 aprile 1972. Ha passato gran parte dell’adolescenza tra le fila del Paulistano-PE, fino a che, all’età di 16 anni, decide di smettere con il calcio dopo la morte del padre, suo primo e grande sostenitore. L’insistenza della madre e dei fratelli però convincono il giovane giocatore a ritronare a calcare i campi di gioco e prima il Paulista e poi il Santa Cruz gli permettono di rimettersi in carreggiata. Visti i problemi fisici dovuti soprattutto alla malnutrizione, come abbiamo già visto proprio il Santa Cruz decide di sbarazzarsene regalandolo, in pratica, al Mogi Mirim. La svolta, però, arriva nel 1993: il Corinthians decide di puntare su Rivaldo che riesce a siglare 11 reti in 19 presenze nell’arco del campionato. Nella stessa stagione arriva anche la prima convocazione in Nazionale: neanche a dirlo, l’esordio in amichevole contro il Messico viene bagnato da un suo gol. L’anno successivo passa al Palmeiras dove riesce a vincere il campionato prima di fare il grande passo. Nel 1996, infatti, per il trequartista brasiliano si aprono le porte dell’Europa: il Deportivo La Coruna decide di portarlo in Spagna e basta una sola stagione, coronata da 21 reti in 41 presenze, per attirare le sirene del Barcellona. E nel periodo blaugrana comincia a riempire la sua bacheca personale: Liga (1997/98 e 1998/99), Coppa di Spagna (1997/98) e Supercoppa Uefa (1997). Senza dimenticare, inoltre, il Pallone d’Oro messo in cassaforte nel 1999. Il vecchio continente è ai piedi della stella brasiliana, ma nell’estate 2002 per lui è giunto il momento di cambiare aria. Ad aspettarlo c’è il Milan, e Rivaldo in rossonero arriverà da fresco campione del mondo con la Nazionale brasiliana. In Italia, però, l’ex catalano non riesce ad esplodere del tutto, riuscendo però ad alzare al cielo una Coppa Italia, una Supercoppa Uefa (la seconda in carriera) e la tanto ambita Champions League. A fine stagione l’attaccante rescinde il contratto cominciando così il suo personalissimo giro del mondo. Cruzeiro, Olympiakos, AEK AteneBunyodkor, San PaoloKabuscorp, Sao Caetano e, infine, ancora Mogi Mirim, il suo primo e ultimo amore.

CHIAMATELO PRESIDENTERivaldo ha deciso di appendere le scarpette al chiodo il 15 marzo 2014, all’età di 39 anni. Dopo aver giocato in 15 club diversi indossando inoltre la maglia del Brasile in 74 occasioni siglando 34 gol e vincendo il Mondiale 2002, per l’ormai ex fuoriclasse brasiliano si sono aperte le porte della presidenza del Mogi Mirim, squadra che di fatto lo ha lanciato nel calcio professionistico e con la quale ha chiuso anche la carriera da giocatore. Carriera che lo ha visto girare il mondo nel tentativo di mostrare a tutti il suo talento verdeoro capace di vincere ovunque nonostante l’infanzia difficile e i problemi derivanti da essa. America, Europa, Asia o Africa per lui non fa differenza, perchè le sue giocate hanno saputo divertire e far sognare l’intero pianeta. Ma non ditelo al Santa Cruz.

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