2012

Il Caso: Juventus e Fiorentina, odiosamente insieme

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Esistono due squadre nell’attuale Serie A che non giocano un “calcio italiano”. Non che chi scrive abbia qualcosa contro il modo italico di fare football: difesa e contropiede, attenzione ed astuzia e non c’è proprio nulla di male nel ricorrere alle armi di chi, modestamente, sa di essere sulla carta inferiore all’avversario. Solo che in un’accezione ormai universalmente diffusa, giocare “all’italiana” significa speculare con atteggiamento attendistico e sparagnino: in pratica, il modo di comportarsi dell’italiano medio o, almeno, il punto di vista che di noi hanno nel mondo. Ebbene, questi due club sono senza dubbio la Juventus e la Fiorentina. Calcio offensivo, sempre; pallone giocato fino allo sfinimento e mai buttato via banalmente, sempre; giocatori tecnicamente dotati laddove invece, almeno in Italia, si preferisce metterla sul piano atletico e fisico, che tanto prima o poi un gol ci scappa (il classico “Dio vede e provvede”, un cardine del pensiero nostrano).

La Juventus di Antonio Conte è una conferma; la Fiorentina di Vincenzo Montella, una piacevole novità. Il disastro di un post-Prandelli più difficile del previsto sembra decisamente alle spalle: è bastato azzeccare la scelta del tecnico e del direttore sportivo per cambiare la luce di un orizzonte che all’ombra del Campanile di Giotto si era fatto desolatamente piatto. Allenatore e ds giusti: mica poca roba direte voi. No, affatto: il tutto però è stato reso più agevole dall’imperizia di un club rivale, la Roma, che ha preferito ostracizzare entrambi per affidarsi alle vaghe illusioni di un calcio totale che difficilmente sarà mai vincente. Armate un uomo capace di entusiasmo, spirito di rivalsa (quello di Daniele Pradè proprio nei confronti dei giallorossi), idee e qualche strumento per attuarle, ed ecco che il prodotto sarà attraente e pronto a rubare l’occhio come la facciata restaurata di un bell’edificio cittadino. La Fiorentina attuale è questo: una nobile costruzione d’epoca, rinfrescata e riarredata con trovate moderne e vincenti. Se perfino una leggenda come Paulo Roberto Falcao si è scomodata per osservare i metodi di lavoro di un club ricostruitosi dopo stagioni stantie, qualcosa d’importante sta certamente nascendo in riva all’Arno.

Il centrocampo è il cuore di una squadra. Lo doti di corridori? Avrai un undici grintoso ma con poche idee; se invece innesti gente dai piedi ben educati, otterrai un insieme capace di fare calcio giocato, invadente (per l’avversario), propositivo e spesso, ma non sempre, vincente. Juventus e Fiorentina, scelta la seconda ricetta, sembrano aver trovato gli equilibri giusti: Marchisio-Pirlo-Vidal da una parte, Aquilani-Pizzarro-Borja Valero d’altra. Squadre “spagnole” si potrebbe anche dire: di certo, squadre che sommergono con idee di calcio e movimenti organizzati avversari che appaiono dinosauri primitivi al confronto. Entrambe dovrebbero dotarsi di un attaccante di primo livello e il gran salto, quello definitivo, sarebbe servito. Jovetic come Vucinic, Toni come Quagliarella: un po’ poco per due complessi così armonici che rappresentano i prodotti più gradevoli ed esportabili dell’attuale calcio italiano.

Continua però ad esserci anche qualcosa di negativo a legare Juventus e Fiorentina: un odio reciproco, stancante e sgradevole, che neppure le rispettive calcistiche età dell’oro riescono a stemperare. E che porta un uomo di enorme cultura come Franco Zeffirelli, emblema di una città, a dire cose senza senso all’interno di considerazioni di gioiosa soddisfazione:

“Questa squadra è un inno alla rinascita del mondo, una speranza da diffondere ai giovani che vedono nero. Da quanto è bella è impossibile da spiegare. La Juve? Fa dell’accattonaggio il suo stile. Viola da scudetto? Bisogna restare con i piedi per terra, ma come si fa a farlo? A Firenze stiamo assistendo a qualche cosa di sensazionale. Siamo di fronte ad una società che sta dimostrando che nel calcio si può lavorare bene anche senza fare rumore, e senza spendere miliardi. La gestione della squadra è straordinaria, è l’inizio di un grande cambiamento”.

Juventus, accattonaggio: cosa c’entra? Possibile che neppure ora che tutto va bene e le prospettive appaiono clamorosamente brillanti, non ci sia la forza per dire: “Juve? Chissenefrega”.

Oltre all’attaccante, alla Fiorentina serve anche questo sforzo di mentalità per l’ultimo, decisivo, salto di qualità.

“L’odio è soltanto un difetto dell’immaginazione”.

(Graham Greene, Il potere è la gloria, 1940)

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