2015
Il bomber che perse il pelo e pure il vizio: Dertycia
L’arrivo a Firenze, la depressione ed il riscatto di un centravanti sfortunato
Correva l’anno 1997 e Niccolò Fabi, sul palco di Sanremo, cantava “Io senza capelli sono una pagina senza quadretti, un profumo senza bottiglia, una porta chiusa senza la maniglia”. Un testo autobiografico? Forse, ad una prima analisi. Ma più verosimilmente un chiaro, lampante, riferimento alla storia di Oscar Alberto Dertycia, una sorta di Sansone (quello della Bibbia, non quello del Sassuolo) arrivato in Italia per spaccare tutto e fuggito dopo una stagione nata male e culminata con un grave infortunio al ginocchio, rimediato in uno scontro di gioco con il connazionale Maradona. Dertycia arrivò a Firenze nell’estate del 1989 carico di aspettative e non certo per motivi campati in aria: i numeri del centravanti di Cordoba, infatti, parlavano chiaro. A 25 anni il robusto centravanti (1,83 x 84 kg) aveva già superato quota 100 gol messi a segno con le maglie di Instituto ed Argentinos Juniors, tanto da giustificare i 2 miliardi spesi dai viola di Pontello per rendere lo stesso Dertycia il partner ideale di Roberto Baggio nell’attacco della Fiorentina. Potenza da una parte e fantasia dell’altra, il bomber che conclude ed il dieci che ispira. Sulla carta un quadretto idilliaco che, però, non trovò modo di tradursi in realtà nonostante le indubbie doti del Divin Codino.
Il primo dei due gol messi a segno da Dertycia contro l’Ascoli: Firenze si illuse
Il grande paradosso dell’avventura viola di Dertycia, un aspetto che ne alimenta il fascino, risiede però nel legame coi tifosi che si instaurò nonostante le sfortune sul campo: un legame che divenne persino più solido, sul piano umano, nel momento più duro della carriera dell’attaccante. L’infortunio rimediato in Coppa Italia contro il Napoli, una lesione che interessò anche il legamento del ginocchio, non mise solo a repentaglio la carriera dell’argentino ma trovò una compagna non certo desiderata in un’alopecia nervosa che costò a Dertycia la sua fluente chioma. Addio sogni di gloria e addio capelli, in un colpo solo. La parabola di Dertycia presenta dunque una vera e propria metamorfosi fisica, oltre che tecnica, un insieme di contingenze nefaste e di circostanze negative che sancirono da un lato l’addio al calcio italiano, con un bottino di appena 19 presenze e 4 gol (2 in una sola partita, con l’Ascoli), ma d’altro canto videro un’intera tifoseria sostenere un uomo in difficoltà, coccolarlo nel momento del bisogno, mettendo in luce il lato paradossale e luminoso dell’essere, tuo malgrado, etichettato come bidone.
Il riscatto di Dertycia, ormai trasformato nel fisico, con la maglia del Tenerife
Nonostante l’infortunio e l’epilogo infelice dell’esperienza italiana non è a Firenze che si conclude la storia calcistica del centravanti argentino che, da protagonista, riuscì a giocarsi le proprie carte con la maglia del Tenerife in Spagna entrando nel cuore dei tifosi grazie alle pesanti reti messe a segno nella Liga (in particolare quella contro il Real Madrid che, nella stagione 1992-1993, costò il titolo alle Merengues). Dopo due stagioni tutto sommato positive nel Tenerife ed una parentesi con la maglia dell’Albacete, Dertycia scelse di tornare in Argentina, proprio nella sua Cordoba: prima con il Talleres e poi con l’Instituto, club che lo vide crescere con le giovanili e che lo lanciò nel calcio che conta. Le esperienze in Cile ed in Perù, alla veneranda età di 37 anni, costituirono poi le ultime tappe di una carriera certo sfortunata e ricca di piccoli e grandi drammi personali. Il riscatto lo si può trovare nel legame che a Cordoba come a Tenerife, passando per Firenze, Dertycia riuscì ad instaurare coi tifosi che, prima di tutto, apprezzavano l’abnegazione dell’argentino, la sua capacità di lottare su ogni pallone e di non lasciare mai niente per intentato, nonostante il ginocchio e nonostante una fluente chioma divenuta un ricordo già a 26 anni.