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Ibrahimovic: «Raiola, la Serie A e i problemi a Barcellona: vi racconto. E gli Scudetti della Juve sono 38…»
Zlatan Ibrahimovic si racconta: l’ex attaccante svedese ha parlato di sé stesso in una lunga intervista al Festival dello Sport
Zlatan Ibrahimovic tra i protagonisti della domenica del Festival dello Sport. Lo svedese si è raccontato così. Le dichiarazioni riportate da Tmw.
ORIGINI – «Diventi più maturo, ha più esperienza. Ora ho due figli. Ma la tua identità è sempre quella. Ma lo fai con eleganza e in un’altra maniera».
RAIOLE E LA SVOLTA – «La mia carriera è iniziata con lui. Era il terzo anno all’Ajax. Come ho conosciuto Mino ho fatto l’arrogante, e anche lui. Dopo un po’ ho mollato, perché mi serviva veramente Mino. E dopo tre mesi mi ha portato alla Juventus. Il primo incontro? Eravamo al sushi. Arrivo con una bella macchina, un bell’orologio, una bella giacca. Entro con Mino, lui fa un ordine come se fossimo in 8 persone. Mi fa: “Ci penso io, non preoccuparti”. Parliamo di tante cose e mi tira fuori dei fogli, con i gol e le statistiche degli altri attaccanti: Vieri, Sheva, Inzaghi. Avevano statistiche differenti da Ibracadabra. Le mier statistiche erano: 20 partite, 5 gol. Con queste statistiche dove ti porto, mi ha detto. Io gli ho detto che con altre statistiche anche mia mamma mi vendeva, per questo mi serviva lui per fare il miracolo. Ho conosciuto una persona fantastica, è diventato come un papà e un amico. Un advisor, tutto quanto. Quello che passavo, lo passavo con lui. Ci parlavo tutti i giorni. Siamo cresciuti insieme nelle nostre carriere. Siamo diventati forti insieme, lui è diventato più forte di tutti nella sua categoria ed io nella mia. Poi un’altra cosa su quel pranzo. Mi chiede: “Puoi diventare il più ricco o il più forte del mondo?”. Io rispondo: “Il più forte”. Lui: “Bravo, il più forte diventa il più ricco”. Questo era Mino».
IBRAHIMOVIC PIU’ FORTE – «All’Inter mi sentivo più forte di quando ero alla Juventus, era una crescita normale. Mi sentivo più completo ma non al massimo. Facevo quello che dovevo fare, aiutare la squadra nel miglior modo possibile. Mancini mi dava fiducia e responsabilità. Poi è arrivato Mourinho, era totalmente differente da Mancini. Ma sentivo che stavo crescendo piano piano per arrivare agli obiettivi».
BARCELLONA – «Ho avuto la fortuna di vincere trofei che non ho vinto prima. 2-3 internazionali, 2-3 domestici. Era un sogno andare al Barcellona, tutti parlavano del Barcellona. Pensavo che se potevo giocare lì ero nella squadra migliore del mondo. Quando il Barca mi ha chiamato ero carico, avevo fatto il massimo all’Inter. Volevo crescere ancora di più e provare altre sfide per capire e mettermi alla prova da solo, era una sfida con me stesso. Giocare in un posto in tutta la vita va bene, ma volevo vedere dove potevo arrivare. Nei primi sei mesi a Barcellona bene bene, negli ultimi sei mesi è cambiato il pensiero. In campo non facevo tanto ma in testa diventavo più forte. Devi passare momenti difficili per diventare più forte. Se è sempre wow poi quando arriva la botta non sei pronto per uscire dal momento difficile».
QUANTI SCUDETTI HA LA JUVE? – «Sono 38, non 36. Abbiamo lottato tutti i giorni per tutte le partite, abbiamo fatto tutto in campo, Chi era in quella squadra sa cosa abbiamo fatto, abbiamo dimostrato di essere i più forti».
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