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Ibrahimovic: «Futuro? Decido a giugno. Atalanta in Champions e Milan no, non è normale»

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Zlatan Ibrahimovic ha parlato in una lunga intervista al Corriere dello Sport: queste le parole dell’attaccante svedese

Zlatan Ibrahimovic ha parlato in una lunga intervista al Corriere dello Sport: queste le parole dell’attaccante svedese.

LEADER – «Oggi mi sento un leader. Io guido, la squadra mi segue. Dieci anni fa era un altro Milan. Ma anche il Milan che ho trovato nel 2020 era diverso. Sempre una squadra molto giovane. Abbiamo lavorato, ci siamo sacrificati. Ecco i risultati. Non è solo merito mio. Non posso giudicare quanto c’era prima di me. Stiamo facendo grandi cose, è vero, com’è vero che non abbiamo vinto un bel niente. C’è la voglia di fare di più».

OBIETTIVI – «Champions? E’ presto. Quanto manca? Tutto il ritorno più due partite. Inoltre porsi obiettivi è come porsi limiti. Non lo faccio mai. Il secondo è il primo degli ultimi. Voglio cavare il meglio da me e dalla squadra, ogni giorno, allenamenti compresi. Un Milan tanto a lungo fuori dell’élite non è normale. Né per la società né per i tifosi. Con tutto il rispetto, vedo l’Atalanta in Champions e il Milan no e sono venuto per cambiare questa situazione. Io non so che cosa sia accaduto per sette anni. Mi sembra chiaro che se non c’è stabilità nel club non può esserci neppure in campo».

GOL E PRESENZE – «Se non si fa gol, non si vince. È una delle mie responsabilità: segnare o fare segnare. Mi sento un leader in campo, i compagni mi seguono: 10 anni fa c’erano un’altra situazione e un altro gruppo. Questo è molto giovane, ma con lavoro e sacrificio arrivano i risultati. Poi non dipende tutto da me»

RITORNO AL MILAN – «In America ho scoperto di essere un calciatore ancora vivo dopo il mio infortunio. Un anno a Los Angeles solo per capire come stavo. Nel secondo sono tornato a inseguire obiettivi. Quindi ho pensato: smetto di giocare o continuo? E il mio agente Mino Raiola: troppo facile smettere in America, prova a farlo in Europa. Ho scelto il Milan perché era la sfida più difficile. Non m’interessava un poker servito, mi attirava l’impossibile».

GAZIDIS E RANGNICK – «Eravamo bloccati dal lockdown e la squadra non sapeva niente del futuro. Io cercavo risposte, non ero il solo. Ci sentivamo giudicati prima ancora di potere fare davvero qualcosa. Rangnick? Si parlava di una persona che non c’era. Mancavano certezze, sono arrivate con la conferma di Pioli».

KALULU – «Ho costretto Kalulu a togliersi i guanti. Un giovane che debutta da difensore con i guanti che figura fa? Di sicuro non mette paura all’avversario…».

DONNARUMMA – «È il portiere più forte del mondo. Ma no, a lui non lo dico. Deve continuare ad avere fame. Non è normale che non abbia mai disputato una partita di Champions».

FUTURO – «Finché sto bene vado avanti. A giugno scade il mio contratto e ne parliamo. Non volevo intrappolarmi in situazioni senza uscita e neppure intrappolarci il mio club. Per questo all’arrivo ho firmato per sei mesi e poi ho rinnovato. Altri hanno ragionato diversamente, io sono per la libertà di scelta. Se porterò la mia famiglia a Milano? Vediamo. Non escludo nulla».

ROBACK – «In Svezia non ci sono Ibrahimovic. E vorrei ce ne fossero. Beh, uno che non sembra svedese esiste e ve lo svelo: Emil Roback. Fisico, velocità, tecnica, movimenti. Infatti il Milan lo ha appena preso, qualche mese fa. Credo che entrerà stabilmente in prima squadra»

COVID – «Quando mi hanno detto che ero positivo, volevo capire che cos’è questo Covid. Chiuso in casa, aspettavo i sintomi: mal di testa e schiena, gusto perso dopo 4-5 giorni, ogni giorno qualcosa di nuovo. La febbre non l’ho mai avuta: era un fatto più mentale, il tempo passava lento. A casa non mi potevo allenare come prima, mi affaticavo subito».

SUPERLEGA – «La Superlega mi sembra una questione politica tra Fifa e Uefa, per fare vedere chi è più potente. Sul Var dico che gli errori fanno parte della vita, ma si sta andando nella direzione giusta, anche se le regole sul mani non si capivano bene e a Firenze mi hanno rubato il gol dell’anno. Comunque il Var rende più giusti anche i duelli coi difensori. Mi piace Chiellini, è un animale, ha una mentalità che ti motiva, non puoi mai essere sicuro di averlo superato. Mi piacciono i duelli leali, non sporchi, non per fare male.
Come quelli con Maldini, anche se lui dice che sono migliorato».

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