Ibrahimovic svela: «Inter? C'era anche il Milan: ecco perché scelsi i nerazzurri» - Calcio News 24
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2017

Ibrahimovic svela: «Inter? C’era anche il Milan: ecco perché scelsi i nerazzurri»

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Le dichiarazioni di Zlatan Ibrahimovic ai Signori del Calcio sulla sua avventura italiana con la maglia dell’Inter

Lunga intervista a “I Signori del Calcio” per Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese ha raccontato la sua carriera e ha parlato della sua avventura alla Juventus conclusasi con lo scoppio della bomba Calciopoli ma ha anche detto la sua sull’arrivo all’Inter. Nel 2006, dopo l’avventura alla Juve e lo scoppio di Calciopoli, Ibra ‘tradì’ la Juve scegliendo l’Inter. Queste le sue parole: «Non volevo perdere un anno in B, non potevo perdere tempo e così decisi di andare via dalla Juventus dopo Calciopoli. Mi volevano Inter e Milan. Raiola poi mi ha chiesto: ‘vuoi diventare il più ricco o il più forte?’ e io gli ho risposto: ‘il più forte’. E lui mi fa: ‘bravo, perché quando sei il più forte diventi anche il più ricco’. La mia scelta non fu economica. Tra Inter e Milan pensai: il Milan ha già vinto la Champions, l’Inter non vinceva lo Scudetto da 17 anni. Tanti grandi giocatori come Ronaldo il Fenomeno, Baggio, Vieri, Seedorf, Pirlo non hanno vinto nulla all’Inter, quindi se vinci dopo 17 anni, rimani nella storia, non sei uno dei tanti. E’ per quello che ho scelto l’Inter».

Prosegue Ibrahimovic: «C’erano Mancini e Branca che fece di tutto per portarmi lì. Con me all’Inter, dalla Juve, arrivò anche Vieira. Poi all’Inter trovai anche Crespo, Zanetti, Adriano, Maicon, era un’ottima squadra, completa. E poi sono riuscito a vincere lo Scudetto all’Inter portando il titolo in nerazzurro dopo 17 anni. Mancini? Era cool, avevamo un bel rapporto perché è stato un ex giocatore, sapeva mettermi pressione addosso. La vittoria del secondo Scudetto? Io ero infortunato e la Roma ci aveva recuperato e sorpassato nel corso del primo tempo. ‘Non mi interessa se sta male o no, lui deve entrare in campo. Il problema è vostro’, disse Mancini parlando al dottor Combi. Entrai, avevo dolore, ma feci i due gol decisivi e vidi la gioia sui volti degli altri: in quel momento capisci di aver fatto qualcos di importante, di differente. E quando vedi queste cose, sei più motivato e hai quell’adrenalina che ti fa sentire untouchable, intoccabile, il più forti di tutti. Mancini negli spogliatoi diceva a tutti ‘grazie a Ibra’ e io rispondevo ‘prego’. Io ho vinto ovunque, dove vado, vinco ed è anche grazie alla pressione che metto su me stesso e sugli altri».

Continua Ibra parlando dell’anno con Mourinho e dell’addio all’Inter: «Cambiano allenatore, arriva Mourinho per Mancini. Quando porti lo Special One, porti tutto il pacco: allenatore e media. Era un tipo che mi stimolava, duro, che ti dà responsabilità ma rivuole indietro i risultati. Sono diventato capocannoniere in Italia e se lo sei in A puoi esserlo ovunque, abbiamo rivinto lo Scudetto. In Italia conta vincere e non giocare bene, rimane il campionato più difficile di tutti, per me rimane il top of the top, tatticamente poi sono davanti a tutti. Alla fine di quell’anno sentivo di aver voglia di uno stimolo nuovo. Uscì la possibilità del Barcellona, lì firmò Maxwell. All’inizio della preparazione per il quarto anno i dirigenti dei due club si incontrarono e dopo 20 minuti avevano l’accordo. Mino mi chiama e mi dice: ‘andiamo’. Il bacio sullo stemma? Un ordine del club, non volevo iniziare con il piede sbagliato.Quando sono arrivato al Barcellona, così come successo con la Juve, mi sembrava di giocare a Fifa: c’era il dream team».

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