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Handanovic: «L’Inter è tornata grande. Sul futuro e le cessioni eccellenti…»

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L’Inter vuole confermarsi dopo lo scudetto dell’ultima stagione: Samir Handanovic rilancia le ambizioni della squadra nerazzurra

L’Inter torna in campo domenica contro la Sampdoria dopo la sosta per le Nazionali. La squadra di Inzaghi cerca la terza vittoria consecutiva, con Samir Handanovic che rilancia le ambizioni dei campioni d’Italia in un’intervista sul quotidiano Tuttosport.

«Questa è una squadra che può vincere e deve continuare a vincere. Non so se siamo più o meno forti rispetto ad un anno fa, ma sicuramente siamo più completi. E abbiamo pure più esperienza».

CESSIONI – «In questi anni abbiamo costruito un certo tipo di mentalità che non può essere dimenticata solo perché due giocatori forti sono andati via. L’Inter ha vinto il Triplete dopo che è andato via Ibrahimovic mentre la Lazio, ai tempi, lo scudetto dopo l’addio di Vieri. Entrambi grandissimi campioni, d’accordo, ma questo conferma come il gruppo è quello che ti fa remare avanti e che non bisogna dipendere da uno, due giocatori».

FUTURO«Voci su Onana? Fa parte del gioco. Son cose che succedono dappertutto e con tutti, poi è normale: mi sento ancora bene, mi diverto, vivo per il calcio che è la mia passione. Ora penso all’oggi, poi vedremo. L’importante è che l’Inter raggiunga i suoi obiettivi.

ADDIO CONTE – «Noi giocatori dobbiamo soltanto ringraziarlo, anche se sono stati due anni impegnativi con lui. Quello che mi ha colpito di più è la mentalità che ha portato e su questo credo che abbiamo fatto il passo più grande. Conte è uno che si emoziona quando parla alla squadra e sa emozionare i suoi giocatori e non sbaglia mai il momento in cui dire le cose».

RIVALI – «Donnarumma ha le carte in regola per diventare il miglior portiere al mondo. Oggi devi saper giocare con i piedi, impostare, stare alto, uscire, parare.. c’è tanto lavoro in più rispetto ad un tempo, meglio così comunque perché mi sento più coinvolto nel gioco».

BUKOWSKI – «A volte mi sento il Bukowski dei portieri: non bevo, non fumo ma come lui sono un tipo diretto che, se deve dire una cosa a qualcuno, vado dritto».

ALL’INTER COME ALL’UNIVERSITÀ – «Beh, la fascia di capitano e lo scudetto sono dei master, la laurea è arrivata vivendo i difficili momenti di transizione che il club ha passato in questi anni. È stato un percorso di crescita ed era difficile prevedere quanto sarebbe durato per trovare compimento».

ATTESA PER VINCERE – «Nove anni fa io e l’Inter ci siamo scelti a vicenda, ci abbiamo messo tanto perché è sport, non matematica e in questo periodo, evidentemente, c’è stato qualcuno più bravo di noi. Anche per tornare in Champions ci abbiamo messo tanto tempo nonostante per un club come l’Inter quello sarebbe stato un traguardo minimo. Per vincere però ci vogliono tante cose: le persone giuste e linee guida chiare rispettate da tutti».

PRIMA VOLTA DA CAPITANO – «Mi sono sentito leggero, nonostante la responsabilità che provavo indossando la fascia. Una fascia che pesa perché noi possiamo scrivere solo qualche pagina della storia, ma l’Inter resta».

SCUDETTO PIÙ RESPONSABILITÀ – «Io ribalterei il concetto: affrontare una squadra che ha vinto può aumentare le motivazioni dei nostri avversari. Noi, invece, dobbiamo solo pensare a mettere in campo quello che abbiamo preparato».

RIVALI – «Se ci guardano in maniera diversa? Certo. E questo accade già da due-tre anni. Chi gioca, percepisce di trovare di fronte una squadra forte: a me capitava ai tempi dell’Udinese nell’affrontare l’Inter. E oggi accade lo stesso agli altri quando ci incontrano».

PARTENZA FALSA JUVE – «Sorpreso? No, perché stiamo parlando di solo due partite molto diverse tra loro. Ad agosto poi si gioca un calcio diverso rispetto al resto della stagione, per noi però era importante ricominciare vincendo per ritrovare la consapevolezza che già avevamo. Il calcio vero però inizia ora».

RISPOSTE SUL CAMPO – «Se ne avevamo bisogno? No, perché quando mi giro nello spogliatoio vedo tanti giocatori forti e professionisti seri. Questa è una squadra che può e deve continuare a vincere. Non so se siamo più o meno forti rispetto a un anno fa, ma sicuramente siamo più completi. E abbiamo pure più esperienza».

CHAMPIONS – «Cercheremo di dimostrarlo in campo cosa ci hanno insegnato tutte quelle delusioni, non serve dirlo a parole».

ESPERIENZA – «Mah, siamo sempre arrivati all’ultima partita con in mano il nostro destino, quindi conta fino a un certo punto… Ci è mancato sempre quel poco che diventa tanto se non si centra l’obiettivo».

COSA HA AGGIUNTO INZAGHI – «Siamo ripartiti con il 3-5-2, tante cose buone sono rimaste e lui ci ha messo le sue idee spiegandoci in cosa possiamo anche migliorare per crescere ancora».

INZAGHI ALLA LAZIO – «Era simpatico, un grande uomo spogliatoio. Mi ha fatto una certa impressione ritrovarlo da allenatore. Studia ancora? Sì, il metodo non è mai cambiato. Si è solo un po’ evoluto…».

SUPERARE UNA PAPERA – «Ci vuole un po’ per metabolizzare sconfitte ed errori, ma tutto deve avvenire nella maniera giusta: se sbagli, vuol dire che sei vivo. Ormai sono grande: ho 37 anni e non mi deve spiegare più nessuno quando ho sbagliato perché so di averlo fatto. Poi, sotto la pelle, tutti abbiamo sangue, è normale. Meglio se dopo uno sbaglio vinci, a quel punto te ne freghi».

POST RITIRO – «Voglio rimanere nel calcio e provare a fare l’allenatore. Modelli? Devi prendere qualcosa da tutti, ma poi avere un’idea, quelle sono importanti».

 

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