2016
Milan, Gullit: «Squadra giovane, serve tempo»
I tifosi rossoneri difficilmente dimenticheranno quell’acconciatura. Il «Tulipano Nero» torna a parlare dell passato, senza dimenticare il Milan del presente
Un idolo senza tempo, potenza e tecnica allo stesso tempo. Ma anche uno strano personaggio. Come riportato da La Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi nell’87 gli aveva chiesto, con gentilezza, di non mangiare hamburger e Gullit eseguì. Si presentò al Milan con treccine e gran fisico. Il quotidiano nazionale riporta le considerazione di quel tempo, raccontando la sua evoluzione. In una delle prime uscite pubbliche, una signora anziana fermò un passante: «Mi scusi, ma chi è quello zingaro?». Anni dopo, quando Ruud sembrava destinato altrove, un tifoso scrisse una lettera: «Cederlo sarebbe come trasferire il Papa in Inghilterra». In mezzo a quelle frasi ci sono due Coppe dei Campioni, due Intercontinentali, tre scudetti e tre gol nel derby. Il Milan di oggi è molto diverso ma a Gullit non dispiace esprimere la propria opinione.
Domenica sarà derby. Sensazioni?
«Il Milan è molto meglio di qualche tempo fa. Ha i giovani italiani e il gioco. I giocatori capiscono che cosa devono fare e le partite sono più belle».
Visto Milan-Juve?
«Sì, l’ho vista. Che grande gol ha fatto quel ragazzo, Locatelli. Mi è piaciuto».
E l’Inter?
«L’unico olandese, De Boer, è già altrove. Non so che cosa è successo all’interno, però penso che se prendi De Boer e gli chiedi di impostare un lavoro come all’Ajax, lo devi aspettare. Non puoi mandarlo via dopo due mesi».
Cosa manca al Milan per tornare una squadra top?
«Il tempo: a questi giovani serve esperienza. Poi un fuoriclasse, il giocatore che cambia la partita… ma per un fuoriclasse servono i soldi».
C’è un giocatore che sarebbe bello vedere al Milan?
«Magari un olandese. L’Olanda non ha fuoriclasse adesso, solo buoni giovani. Klaassen dell’Ajax è interessante, secondo me è bravino anche Bazoer. Il mio preferito però è Rick Karsdorp, un esterno destro del ’95 del Feyenoord che ora va anche in nazionale».
Che ricordi restano delle gare contro i neroazzuri?
«Quei derby erano… “alla grande”. Si dice? C’erano i migliori italiani e i migliori stranieri, anche nell’Inter. I tre tedeschi, Passarella, Berti, lo Zio Bergomi. Tutti fuoriclasse».
Sacchi come li preparava? Vi stressava più del solito?
«Nooo, non è possibile. Non poteva ammazzarci di lavoro più del normale. Però era bravo, capiva tutto prima».
Tra quei tre gol all’Inter, qual è il più bello?
«Nella mia testa c’è quello del 1988, di sinistro, contro Zenga. Mancavano pochi minuti, rischiavamo di perdere. E io non ho mai perso un derby in A».
A proposito di Zenga, com’era?
«Uno dei portieri migliori. Viveva di istinto, capiva sempre dove andava la palla. Siamo stati compagni alla Samp, abbiamo fatto qualche serata: organizzava mille scherzi. Sì, una brava persona».
Zenga in questi anni ha allenato, Gullit no. Perché?
«Ho un figlio di 15 anni che vive con me. Ho rifiutato alcune proposte per stare con lui. Gioca anche a calcio, nel Football Club Amsterdam: è difensore, anche io ho cominciato lì».
Com’è l’Italia vista da lontano?
«Diversa dai miei tempi. Quando ho dedicato il Pallone d’Oro a Mandela, nel 1987, nessuno sapeva chi fosse. Poi lui mi ha detto che in carcere si era saputo e avevano festeggiato tutti. Da pelle d’oca. Però in Italia ho tanti amici e ne approfitto: dalla Gazzetta, un saluto a tutti».