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Guerra in Ucraina, De Zerbi: «Rifarei la stessa scelta, ho fiducia nelle istituzioni»

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Guerra in Ucraina, Roberto De Zerbi, tecnico dello Shaktar Donetsk, parla della sua situazione in diretta da Kiev

Ore d’ansia per Roberto De Zerbi e il suo staff, bloccati a Kiev dopo l’invasione della Russia. Il tecnico dello Shaktar interviene in collegamento dalle ore 13.00 a Sportitalia per spiegare la sua situazione.

SITUAZIONE – «C’è un clima di tensione da giorni. Il campionato si è fermato. Stamattina ci siamo fermati perchè abbiamo sentito le esplosioni. Ora stiamo bene, siamo chiusi in hotel e aspettiamo divedere un tizio dell’Ambasciata, che ieri ci aveva intimato di lasciare il paese. Ora aspettiamo di capire come comportarci e cosa fare».

MANCATO RIENTRO – «Mi dispiace per la preoccupazione delle nostre famiglie, che stanno vivendo una situazione difficile. Noi non volevamo fare gli eroi, non esistono. Gente che lavora nel calcio non è più di quello a cui è collegato il lavoro. Però ho dei valori che ho sempre rispettato e la mia linea era quella di non abbandonare la squadra finchè la nostra presenza sarà necessaria. Nel momento in cui il campionato viene sospeso non ha più valore la nostra presenza. Fino a ieri sera alle 23 ci dicevano che c’era la possibilità di giocare a 30 km dalla Russia sabato. Il pallone è un gioco, ma per noi è un lavoro. Quindi siamo rimasti. Ora siamo qua, sapendo che potevamo andare via prima ma ora aspettiamo di capire dall’ambasciata come dobbiamo muoverci. E’ una situazione nuova, non prevedo il futuro».

FAMIGLIA – «Spiegarlo ai figli è sempre difficili. I figli miei e quelli dei miei colleghi, non avendo vissuto uno spogliatoio non possono capire. I miei ragazzi volevano farmi tornare, mi hanno scritto. Ma certe decisioni le capisce solo chi vive lo spogliatoio nel quotidiano. Se tornassi indietro rifarei la stessa scelta. L’ambasciata si è comportata bene, a mezzanotte sono stato al telefono un’ora con un console, confidiamo nel loro aiuto».

SHAKTAR – «Anche il club lavora per trovare una soluzione. Non ci resta che avere pazienza. Ci sono 5 milioni in viaggio per la Polonia in macchina e quella non è una soluzione. Stamattina non ho parlato con l’ambasciata, aspettiamo e vediamo».

PAURA – «Non è questione di paura. Chiaramente non siamo in vacanza, non è una festa, ma non abbiamo grande paura. Siamo più preoccupati per le nostre famiglie che per noi. La soluzione si troverà, io sono fiducioso. Nella squadra abbiamo anche 13 ucraini, la nostra è una squadra particolare. Noi pensiamo ad andare via, ma loro devono stare qui. Da questo punto di vista è una situazione difficile».

RIFARE LA STESSA SCELTA – «Lo rifarei, ma mi farei sentire più forte con le istituzioni del calcio ucraino. I segnali che venivano da tutto il mondo erano eloquenti e non lasciavano spazio a ipotesi diverse. Lunedì nella conferenza di Putin è stato il punto di svolta, ho pensato che non fosse stato recepito il messaggio. Mi auguro di tornare a causa quando potranno farlo anche gli altri, siamo un gruppo. Non è una questione solo nostra».

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