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Massimo Gramellini: «Totò SCHILLACI era un predestinato. Il gol all’URUGUAY simbolo del suo essere attaccante»

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Il ricordo di Massimo Gramellini di Totò Schillaci, protagonista del Mondiale di Italia 90: «Quel gol all’Uruguay un simbolo»

Quando penso a lui, lo rivedo negli spogliatoi dell’Olimpico di Roma dopo la vittoria agli ottavi contro l’Uruguay, a piedi nudi e con le scarpe in mano, gli occhi sempre in procinto di uscire dalle orbite («sembra Brad Davis in Fuga di mezzanotte», diceva Baggio, suo grande amico e persecutore: a tavola gli versava l’aceto nel vino con l’imbuto).  Appena domandammo a Totò Schillaci da dove gli fosse uscito quell’incredibile gol di sinistro con cui aveva sbloccato la partita, si guardò gli alluci e rispose: «Non ve lo so spiegare: è che ho visto la palla arrivarmi addosso e all’improvviso mi è venuta voglia di tirare…». Parole semplici e potenti, da predestinato. Se l’estate del Novanta fu piena di notti magiche è perché noi avevamo un mago e quel mago era lui, che si sentiva un intruso e firmava gli autografi scrivendo «grazie».

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