2016
Se Gomorra fosse la Serie A
Sarri è don Pietro, Imma è Rosella Sensi e non solo…
DON PIETRO – Raccontano che dietro all’esplosione di Gonzalo Higuain a Napoli ci sia un retroscena accaduto a Dimaro questa estate. Maurizio Sarri, toscano nato a Napoli e dal volto truce e severo, gli si è avvicinato con una borraccia in mano. I due si sono guardati intensamente e c’è chi giura che si sentisse una musichina in sottofondo, tipo quelle dei telefilm. A un certo punto Sarri ha tirato fuori quel poco di napoletano che gli era rimasto dagli anni di Bagnoli e ha porto la borraccia al Pipita dicendo: «Biv’! Aggia vré si m’ pozz’ fida’ ‘e te». Nessuno ha mai saputo cosa contenesse quella borraccia, fatto sta che da allora Higuain ha seguito fedelmente i dettami di mister Sarri e a oggi è quasi da Scarpa d’Oro. Chissà, forse il suo allenatore gli ha ricordato don Pietro Savastano, uno dei personaggi dell’acclamatissima serie tv Gomorra trasmessa da Sky Atlantic. Don Pietro Sarri però, nonostante una somiglianza che ha dell’eccezionale, non è l’unico personaggio calcistico da Gomorra. Proviamo a immaginare se la Serie A (e non solo) fosse Gomorra.
L’omm che po fa a men e 4-3-1-2 no ten paura e nient!
IMMA SAVASTANO – Imma Savastano è senza ombra di dubbio Rosella Sensi, ma non tanto per una somiglianza fisica, che potrebbe pur esserci, bensì quanto per una ‘carriera’ simile, se così la vogliamo chiamare. Rosella Sensi con la sua famiglia ha dato tanto alla Roma, così come Imma ha dato molto ai Savastano, ma entrambe sono state a loro modo tradite. Onde evitare spoiler vi basti sapere però che almeno Rosella Sensi sta provando a risalire la china: il potere è donna? E allora il calcio è donna, tanto che la ex della Roma – acclamata ai tempi dello Scudetto e martoriata quando le cose si sono messe peggio – sta cercando di rientrare nel pallone portando avanti un movimento tutto al femminile. Le due sono accomunate da un bene viscerale per il loro territorio, Imma per Napoli e Rosella per la Roma giallorossa: testarde e agguerrite, rimangono delle vere signore anche nel momento più basso.
Voi dividete il mondo in quelli che non uccidono e in quelli che uccidono e vi pensate che siccome io sono una femmina appartengo alla prima categoria, ve sbagliat’!
SALVATORE CONTE – Salvatore Conte ha un cognome da selezionatore della Nazionale, ma oltre al patronimico ha in comune con il ct solo la voglia di emigrare all’estero. Fisicamente somiglia un po’ a Franco Vazquez, mezzapunta del Palermo. A entrambi piace agire sul fronte d’attacco, cercare la giocata giusta anche se in campi differenti ovviamente, sono due fantasisti nel loro ruolo. Ambedue astuti, devono molto alla madre: Salvatore Conte appena può rivolge sempre un pensiero all’anziana genitrice, Franco Vazquez è grazie alla mamma che può ambire a un posto per Euro 2016 con la maglia dell’Italia. Altro punto in comune, a nessuno dei due piace farsi comandare. Se Conte spesso cerca di svincolarsi da Don Pietro, anche Vazquez elude sia i dettami tattici del mister che le geometriche linee difensive per cercare la giocata a effetto. Spiazzanti e non solo, sia l’uno che l’altro sanno parlare benissimo una lingua non loro. Se Vazquez se la cava con l’italiano, Conte riesce a farsi capire in francese. Più o meno, ecco.
Dos frituras
CIRO DI MARZIO – Ciro Di Marzio pur avendo un nome che in molti potrebbero legare ad ambiti collaterali del calcio giocato, potrebbe far fare un test del dna al padre di Pep Guardiola, sono identici. Da quando si è fatto i capelli a zero pure Paolo Cannavaro del Sassuolo può essere accostato a Ciro, con cui condivide le origini napoletane. Eppure Di Marzio può essere sia Cannavaro che Guardiola. Sa stare sulla difensiva proprio come l’ex capitano del Napoli, e come lui è immortale: lo hanno dato per finito in azzurro con Benitez, è andato a rilanciarsi a Reggio Emilia dove doveva lottare per non retrocedere e adesso potrebbe godersi la musichetta dell’Europa League. Con lui in difesa si può stare tranquillamente senza pensieri. Ciro Di Marzio però sa anche attendere, far girare palla con un tiqui taca straziante, prima di affondare il colpo finale. In questo caso però Don Pietro Savastano non è Sarri ma la Juventus, che a Monaco ha pensato di aver messo alle corde il buon Ciro salvo poi essere pugnalata alle spalle quando la conquista del territorio sembrava ormai cosa fatta.
O tiqui taca è vuler e’ Dio, fa bene alla terra
GENNY SAVASTANO – Genny Savastano è viziato e arrogante proprio come Mario Balotelli, che come lui ha una capigliatura particolare, giusto per non usare termini che potrebbero urtare l’altrui sensibilità. Da lui ci si aspetta molto, può avere in mano le sorti della famiglia Savastano ma pensa solo a uscire con gli amici e a fare una bravata dietro l’altra, vuole solo strafare come il buon Balo, al quale erano state affidate le chiavi del calcio italiano e che adesso fatica a segnare pure da fermo, la sua specialità. Genny Savastano però a un certo punto della serie cambia, diventa uomo, compie quel mutamento che probabilmente Balotelli non farà mai almeno calcisticamente. Ricorda per certi versi pure Antonio Cassano, ma il discorso potrebbe essere ampliato a cinquantamila calciatori italiani, che dovevano spaccare il mondo e poi si sono fermati a una birra di troppo, a un cartellino rosso, a una panchina con ingaggio milionario. Un modo per farli crescere ci sarebbe, ma forse è troppo drastico: mandarli in Honduras.
Aggia ritt’ a Jessica che non mi deve cercare più…