Giovinco: «Juventus? C'era aria strana...» - Calcio News 24
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2015

Giovinco: «Juventus? C’era aria strana…»

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L’attaccante ha parlato del suo addio ai bianconeri

Volato in Canada per la nuova avventura con il Toronto FC, Sebastian Giovinco è stato accolto da un bagno di folla all’aeroporto a testimonianza del clamore che c’è attorno al suo ingaggio: «È stato un colpo di fulmine. Dal giorno in cui Andrea D’Amico mi ha prospettato l’interesse sono passate 48 ore e il manager del Toronto Tim Bezbatchenko è volato a Torino per conoscermi. Ci siamo piaciuti subito. Mi hanno conquistato regalandomi la loro maglia col 10: il numero che alla Juve non ho avuto mai. E poi mi hanno consegnato un iPad con tutte le mission del club. Sono forti. Il pranzo è durato un’ora. Di soldi non s’è parlato. Ho scelto prima di conoscere le cifre. Ma non sono stupito: è solo il loro primo investimento. Ho deciso subito, pianificando con i miei», ha dichiarato l’ex attaccante della Juventus ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, confessando che suo padre ha borbottato inizialmente ma è stato il primo a volare da lui.

LA JUVENTUS – Giovinco ha parlato poi di come si è logorato il rapporto con la Juventus: «Il rinnovo era vicino, poi cala il silenzio con me mentre il club fa sapere ai miei agenti che il nuovo tecnico ha altre idee. Cosa mi ha detto Allegri? Nulla. Mai. E’ un tecnico bravo, i risultati sono con lui. Ma ciascuno ha i suoi metodi. Conte? L’ho chiamato e mi ha fatto piacere che abbia condiviso il mio passo. Sia chiaro: non gli ho chiesto nulla della Nazionale né lui mi ha fatto promesse. Chissà, magari in Canada un giorno verrà anche lui…  Critiche? S’è creata un’aria strana. Dopo un po’ sono stato accusato di segnare solo gol non decisivi: un marchio ossessionante. Morata? Alvaro è forte, farà strada. Mi fa piacere che almeno a lui siano evitati certi trattamenti», ha raccontato Giovinco, che poi ha rievocato la scena in cui esce dal campo e Conte lo protegge dai fischi: «Quel giorno mi imbarazzò chiedendomi di rallentare l’uscita e avvicinarmi a lui. Poi se la prese pure con la stampa in mia difesa. Lui è così. Non a caso è arrivato dov’è arrivato». E poi confessa le sue difficoltà: «A un certo punto ho privilegiato gli altri. Più assist che gol: non bene. Mancava la fiducia, nonostante le attenzioni di Conte. Non mi hanno più fatto tirare le punizioni e i gol sono calati». E su alcuni compagni: «Marchisio e De Ceglie? Tra noi c’è sempre stato un buon rapporto, ma alla Juve la prima regola è che si deve pensare a se stessi. Tevez ha dato un apporto notevole: con lui e gli altri sudamericani ho legato molto, tanto che i compagni italiani mi chiamavano “il boliviano”. Poi Pogba: è fortissimo, simpatico e alla mano. Se la Juve resta così non deve porsi limiti».

IL RETROSCENA – Giovinco ha parlato poi del peso dei paragoni con Alessandro Del Piero e confermato il retroscena sull’interesse di Vincenzo Montella nel portarlo alla Fiorentina, pista che però non si è mai concretizzata: «Sì. Come compagno è stato professionale. Ma il paragone ha pesato. Siamo diversi per caratteristiche e non mi sono mai paragonato a lui. Eppure certe etichette è difficile toglierle. Montella? A Firenze a fine gara mi chiese se ero pronto a seguirlo. Io dissi sì perché mi piace il suo gioco, ma il club non ha mai fatto un’offerta».

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