2013

Gianni Agnelli 2003-2013: l’eredità dell’Avvocato

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Non so se ci crederebbe, anzi non credo che avrebbe permesso tutto questo, quindi sarebbe tutto diverso, credo. Secondo me molte cose non sarebbero capitate”, così ha parlato anni fa Alessandro Del Piero, ricordando Gianni Agnelli e rimpiangendone la scomparsa nel post-Calciopoli. Trattasi di un’affermazione che da sola lascia intuire anche a chi non lo ha conosciuto la levatura del personaggio, l’importanza che ha rivestito per la scrittura della storia bianconera e il legame con la creatura calcistica della sua famiglia. Non possiamo sapere come sarebbero stati questi dieci anni con l’Avvocato, però possiamo essere certi che  non ha segnato con i “se” la sua storia, quella italiana ed in particolare quella della Juventus: ne ha scritto le pagine più importanti con la passione che lo animava, quella stessa che lo risollevava anche dopo le più cocenti delusioni.

La sua morte ha inevitabilmente segnato la fine di un’epoca per la storia italiana e la chiusura di un capitolo di quella bianconera, ma chi è vicino al mondo Juventus e chi lo osserva da spettatore o avversario non può non ravvisare tutt’oggi la sua immagine e non solo perché attualmente a guidarla è suo nipote Andrea. Una squadra qualunque non sarebbe sopravvissuta allo scandalo di Calciopoli, alla retrocessione in Serie B e allo smantellamento societario e sportivo della squadra: la Juventus ci è riuscita, perché ha saputo appellarsi a quella capacità di non arrendersi mai, quella stessa a cui ricorreva l’Avvocato nei momenti difficili di una partita, quella stessa che spingeva la squadra verso vittorie che non ci si aspettava.

La tifoseria bianconera pochissimi giorni dopo la sua scomparsa ha voluto salutarlo con uno striscione che recitava: “Due stelle sul petto, la terza in cielo”. Era il 26 gennaio 2003 e la Juventus stava affrontando il Piacenza. In dieci anni quella stella è riuscita a sdoppiarsi: è ancora in cielo ad illuminare milioni di persone che gli saranno sempre riconoscenti, ma al tempo stesso si è trasformata nell’ultima collezionata sul campo.

La morte non cancella la storia, ma la lascia in eredità con i suoi innumerevoli ricordi e insegnamenti. Gianni Agnelli era un’esteta del calcio e di quei calciatori, suoi od avversari, che sapevano interpretarlo con classe. Voleva cento Weah e mille Cantona, perché sapevano fare la differenza e scaldare il pubblico. “Da un mascalzone si potrà sempre ricavare un santo, ma da una mezza cartuccia mai e poi mai un asso”. Il riferimento non è necessario talmente è evidente e forse non è corretto parlare con i “se”, ma giurerei che a l’Avvocato questo calcio, anche se per quanto ci riguarda più povero ed ingrigito, sarebbe piaciuto, perché il calcio per lui era un divertimento. Non dimentichiamolo. 

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