2013

Gianello: “Chiederò scusa a Cannavaro e Grava, ho pensato al suicidio”

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NAPOLI GIANELLO CALCIOSCOMMESSE CANNAVARO GRAVA – Nel corso di una toccante intervista, realizzata per il Corriere dello Sport, Matteo Gianello ha raccontato le proprie sensazioni, dopo che l’ultima sentenza sul calcioscommesse ha visto infliggergli ventuno mesi di sospensione. L’ormai ex portiere del Napoli, coinvolto nella combine della gara del 2010 contro la Sampdoria, ha svelato alcuni episodi importanti della sua vita, come il pensiero di togliersi la vita: “La sentenza della Corte mi ha tolto un peso enorme dalla coscienza, perché anch’io ho sofferto e tanto, anch’io ho provato dolore e tanto. Sapevo di aver messo a rischio la carriera di Cannavaro e Grava, ai quali voglio bene sempre, e di aver pregiudicato il cammino del Napoli, al quale mi legano stagioni indimenticabili. Un termine per definirmi? Per prima cosa, eviterei traditore: io non ho tradito, mai, né Paolo, né Gianluca, né il Napoli. Se vuole, scriva pure: sono stato un ingenuo, un facilone o anche un coglione. Ma è stata la sciocchezza d’un momento, la prima e l’ultima della mia esistenza. Come sfrutterei tempo per parlare con Cannavaro e Grava? Chiedendo il perdono per averli trascinati in quell’inferno di cui hanno parlato. Ma chi ha fatto loro del male non è stato Matteo Gianello, che dopo sette ore e mezza in Procura, dove non ero mai stato, s’è lasciato andare. Il traditore è un altro, è un uomo che si spacciava per nostro amico. Io devo delle scuse, che ritengo un atto d’umiltà doveroso: spero che stiano meglio, che possano continuare a vivere serenamente. Io resto tra le fiamme. Mi sono sentito definire delinquente e bandito, per un atteggiamento che non è mai appartenuto al mio modo di essere. Io non ho mai scommesso e lo posso urlare ad alta voce: devo un grazie particolare all’avvocato Eduardo Chiacchio, che mi ha sempre sostenuto e m’ha spinto al ricorso. Mi ha creduto, perché m’ha guardato in faccia e dentro. La giustizia sportiva mi ha prosciolto da quell’ipotesi di reato. Ora spero che mia madre, mio fratello, i cardini della mia forza interiore, superino le sofferenze a cui li ho costretti. Sono entrato in depressione. Ho pensato al suicidio. L’ho accarezzato come soluzione e non ne ho avuto il coraggio. E quando m’è capitato di leggere che qualcuno s’era spinto a tanto, riuscivo a comprendere che la frontiera tra il farlo e il non farlo restava sottilissima. Io sono devastato, però dal 17 gennaio mi sento meno inutile. Le sensazioni che mi hanno spezzato in due, dal giorno della penalizzazione e dei sei mesi a Paolo e a Gianluca, restano ma si vanno attenuando: almeno il Napoli ha riavuto ciò che doveva e Cannavaro e Grava possono ricominciare.

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