2016

Germania la più forte del pianeta, più Griezmann di Pogba

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Euro 2016, una semifinale meravigliosa: Francia in finale, l’analisi

Quando vi verranno a raccontare del fallimento della Germania non prestate ascolto: chiacchiere da bar. Da chi vuole sempre e comunque estremizzare il tutto o ancor meglio da chi neanche ha visto la partita. Semifinale di Euro 2016 che la Germania ha perso esclusivamente per due episodi: quando dominava sul piano del gioco è stata punita dal clamoroso errore di Schweinsteiger, quando aveva ogni argomento per rimontare dalla leggerezza del classe ’95 Kimmich.

LA PARTITA – Sì, perché i novanta minuti sul piano della prestazione sono qualcosa di molto simile ad un monologo tedesco: impressionante abilità ricettiva della Germania, che incassa la partenza a tutta birra della Francia padrona di casa, non si scompone di un centimetro e reagisce con quell’innata capacità di reinventarsi senza perdere i propri connotati, tecnici e caratteriali. Ha in tal senso inciso non poco la parentesi di Guardiola al Bayern Monaco: il buon Pep ha trapiantato la sua versione 2.0 – un palleggio rivisto alla velocità dei tempi ultramoderni – nel calcio tedesco e Loew, come già accaduto al Mondiale vinto in Brasile, ne ha fatto tesoro. Ed ecco dunque, con lo scorrere dei minuti, assistere all’imperioso ritorno della Germania: Francia di fatto avvolta in una tela di rapidi passaggi a due tocchi, logorata fino a sembrare alle corde, inspiegabilmente salvata dall’errore del calciatore tedesco più esperto presente sul campo del Velodrome.

GERMANIA (ANCHE) FUTURIBILE – L’assenza di un centravanti di ruolo ha ovviamente penalizzato l’impianto di Loew: decine e decine di palloni scagliati dalle corsie nelle vicinanze di Lloris, Francia traballante ma salva proprio grazie alla mancanza di qualcuno in grado di tramutare il tutto in un gol. Età media della Germania: 25 anni. Un saggio è arrivato da chi ieri era in campo: Kimmich (’95) ha sbagliato in occasione del mortifero 0-2, vero, ma (fuori ruolo) ha disputato una partita maiuscola, onnipresente in sovrapposizione e con la qualità per incidere una volta in possesso di palla. L’incrocio dei pali solo la fotografia di qualcosa di molto corposo e futuribile. Emre Can (’94) non ha fatto rimpiangere l’assenza di Khedira, i punti fermi sono in perfetta età calcistica – dagli ’88 Hummels, Boateng ed Ozil all’89’ Muller e ’90 Kroos, fino al ’92 Gotze, che in un modo o nell’altro va necessariamente rilanciato, ed al ’93 Draxler – e le nuove leve (Weigl ’95, Sanè ’96, l’escluso Julian Brandt ’96, ne sentirete parlare, Goretzka ’95) promettono assolutamente bene. Tradotto: tra due anni, in Russia, non dimenticate dei campioni in carica.

LA FRANCIA DI GRIEZMANN – Che poi chi vi scrive abbia da sempre pensato che questo Europeo se lo aggiudicasse la Francia è altra storia: volete o non volete gli attaccanti contano, a maggior ragione in un calcio moderno dove oramai tatticamente, chi più e chi meno, si riscontra una certa evoluzione e dunque la necessità di qualcuno che cambi lo spartito. La Francia ne ha due: Griezmann, che fa tutta la differenza del mondo, e Benzema. Addirittura a casa: lo avessero prestato alla Germania l’Europeo neanche si sarebbe giocato. La stella francese ha tutto: il carattere innanzitutto. Dopo aver sbagliato un calcio di rigore cruciale in finale di Champions League appena 40 giorni fa, se non hai gli attributi non ti presenti avanti a Neuer nella notte che il tuo popolo aspetta da anni. Poi quell’abbinamento tecnica-velocità che lo eleva nel novero dei suoi pochissimi pari. Oggi, per quel che dà in campo e per i suoi numeri, vale Messi, Ronaldo e Neymar. E con il portoghese si giocherà il Pallone d’oro: avesse segnato quel rigore non ci sarebbe storia, oggi invece Cristiano è avanti.

E POGBA? – Ad ogni modo: la Francia di Griezmann e non di Paul Pogba? Ieri non era la sua partita. O meglio: per come si è messa, con il rapido palleggio orchestrato dai tedeschi e gli improvvisi scarichi sulle corsie, la mediana francese non ha saputo opporre argomenti validi. Pogba compreso, venuto meno sul piano della prestazione: dalla sua fisicità e qualità ci si attende sempre il massimo, ha probabilmente pagato la più evoluta struttura di squadra tedesca. Ma la gara, lo abbiamo detto, è stata decisa dagli episodi: e su uno di questi c’è piede e classe di Pogba. Che abbia imparato a mettere lo zampino anche nelle serate meno brillanti? Sarebbe il passo che lo definisce. Da fenomeno a giocatore totale in grado di incidere in ogni situazione.

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