Gentile: «Trapattoni difensivista, Scirea e gli scapoli della Juve, i derby con Pulici e Graziani, l'inizio in bianconero e cosa dissi a Gianni Agnelli: vi racconto tutto»
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Gentile: «Trapattoni difensivista, Scirea e gli scapoli della Juve, i derby con Pulici e Graziani, l’inizio in bianconero e cosa dissi a Gianni Agnelli: vi racconto tutto»

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Le parole di Claudio Gentile, ex terzino della Juve negli anni ’70 e ’80: «Eravamo un bel gruppo, specie noi scapoli; che sfide con il Torino!»

Claudio Gentile è stato il prototipo dei terzini – oggi si definiscono esterni bassi – capaci di essere contemporaneamente spietati sull’uomo e di proiettarsi in avanti. Colonna della Juve di Trapattoni, si è raccontato a La Gazzetta dello Sport.

TRAPATTONI DIFENSIVISTA – «Non hanno capito. Giocava anche con quattro attaccanti. Chiedeva solo che tutti tornassero a dare una mano in fase difensiva. Causio rientrava sempre, anche Bettega dava una mano, davanti restavano solo Anastasi o Boninsegna».

COM’ERA NEI RAPPORTI – «Pretendeva attenzione totale nelle marcature. Ognuno aveva il suo uomo. Se il tuo segnava, ti diceva: “Guarda, hai fatto un errore della miseria domenica scorsa…”. Ma ti prendeva a parte, mai umiliazioni collettive».

I COMPAGNI DI SQUADRA – «C’era un bel rapporto. Soprattutto tra noi scapoli. Io, Scirea, Tardelli e Cabrini. Sempre assieme, al cinema, al ristorante. Cabrini era quello bello, ma anche noi ci davamo da fare. Gaetano era più timido però lo abbiamo sbloccato. Andavamo al Due Mondi, pranzo e cena, e la sera spesso incontravamo quelli del Torino che frequentavano un ristorante a cinquanta metri. Ci salutavamo, ci abbracciavamo, non c’era mai odio. Era bello. Poi in campo si lottava: se entravi in area, con Cereser era dura…».

IL TORO PRINCIPALE RIVALE – «Grande squadra. Con quei due, Graziani e Pulici, straordinari. Un po’ egoisti, ma avevano il giusto egoismo di un attaccante. Li ho marcati tutti, Giordano, Chinaglia, Pruzzo, Boninsegna, anche Riva. Anzi, Gigi mi voleva al Cagliari».

GLI INIZI ALLA JUVE – «Metteva soggezione. Il primo giorno non riuscii quasi a parlare. Sentivo Bettega, Capello e gli altri, mi limitavo ad ascoltare e dicevo tra me e me: “Ma che ci faccio io qui?”. Mi hanno aiutato tutti».

LA TELEFONATA DI AGNELLI – «Che figura. La prima volta il telefono squillò alle sei e mezza, ero arrivato da poco, dormivo, presi il telefono nel sonno e dissi brusco: “Ma chi cazzo sei a quest’ora?!”. E dall’altra parte: “Sono l’Avvocato, Gentile, buongiorno”. E io: “Scuuusi, sono nuovo, non sapevo…”. Mi rassicurò e mi chiese se fossi in forma per domenica. Era così, pochi minuti e via. Una volta mi parlò di Gheddafi che aveva comprato azioni Fiat e voleva sapere di me».

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