2020

GB Olivero (Gazzetta): «Ripartenza? In questi giorni parole incaute da parte di tanti» – ESCLUSIVA

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Il giornalista della Gazzetta dello Sport, GB Olivero, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni dei temi caldi della Serie A

Il giornalista della Gazzetta dello Sport, GB Olivero, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni commentando i temi caldi del nostro calcio. Queste le sue parole.

Ieri il comitato Esecutivo della UEFA ha dettato le linee guida per la fine della stagione e la qualificazione alle prossime coppe: come si evolverà la situazione secondo te?

«Credo che sia giusto e inevitabile che la Uefa provi a far ripartire la stagione. In una stagione dove magari per qualche situazione finiscono le coppe e non i campionati, sarebbe una stagione “monca” per definizione. È assolutamente giusto che si portino avanti dei progetti che riguardano la conclusione sia dei campionati nazionali che delle coppe. Tanto è evidente che si andrà oltre al 30 giugno quindi è bene fare un piano che preveda la conclusione di tutto, poi da qui a rispettarlo ce ne vuole visto che non dipende dalla volontà di nessuno ma dall’evolversi del problema sanitario».

Se ti dovessi sbilanciare sulla fine della stagione o meno per cosa propenderesti?

«È difficile, ci vorrebbe la sfera di cristallo. Io credo che si farà un tentativo però lo scoglio più grande da superare sarà trovare la risposta a questa domanda: “Cosa succederà nel caso in cui ci fosse uno o più giocatori della Serie A positivi?”. Do per scontato che accada visto che ce ne sono tanti di giocatori e la probabilità è altissima. Questo è il vero tema. La risposta a questa domanda dovrà essere ufficializzata in un protocollo, l’importante è che sia definito prima che tutto riparta».

Domenica Gravina ha detto: «Io non sarò il becchino del calcio italiano». Ti è piaciuta questa frase da parte del presidente della FIGC?

«Tendo a non dare troppo peso a tutte le dichiarazioni che vengono fatte in questo periodo per il semplice fatto che immagino che tutti stiano cercando di non sbilanciarsi e non prendersi la responsabilità della situazione. Poi possiamo discutere se sia giusto o no prendersela e anzi io penso che chi ricopre ruoli di primo piano abbia l’obbligo di prendere in mano la situazione e prendersi la responsabilità. Però è talmente presto, visto che stiamo aspettando ancora l’ok per la ripresa scaglionata degli allenamenti, che le dichiarazioni in questo momento lasciano il tempo che trovano. Sarebbe meglio parlare di meno ma avere ben chiaro piano A, piano B e piano C».

Il Ministro Spadafora ha chiesto tempo e non ha dato l’ok per la ripresa degli allenamenti, anche questa sua scelta rientra nel discorso di non voler prendersi responsabilità?

«Lui sicuramente ha un compito delicato, però deve provare a semplificarselo lui stesso evitando di dire una cosa e poi cambiandola il giorno dopo. Ripeto, in questo momento le parole non servono nemmeno ma è opportuno chiarire due cose: la prima è che non c’è nulla che possa ripartire in nessun settore se prima non c’è il rispetto della salute e della sicurezza. La seconda è che il calcio non è il giochettino utile a distrarre la gente, lo è in parte, ma è soprattuto la quarta industria del Paese. Il problema non è far giocare Lukaku, Ronaldo o Milinkovic il prima possibile, il vero problema è far ripartire un’industria che fa lavorare migliaia di persone che lavorano attorno al rettangolo verde. Questo secondo me è dimenticato troppo spesso in questi giorni di parole un po’ incaute da parte di tanti».

Il lavoro che sta facendo Gravina nel gestire questa emergenza ti sta piacendo?

«Io credo che lui stia facendo quello che gli consentono di fare in una situazione non semplice. Il calcio sta spingendo per ripartire sia per il discorso fatto prima ma sia perchè se riparte il calcio a ruota magari ripartono altri sport. Io se fossi un presidente di altre federazioni andrei dietro a Gravina e non ostacolerei il processo di ripartenza del calcio, anzi, cercherei di fare in modo che si possa tornare alla normalità sfruttando la scia del calcio. Gravina ha capito che è importante ripartire e finire la stagione quindi si sta muovendo in tal senso e sotto questo punto di vista è importante la presa di posizione della Lega Serie A che ha votato compatto per la ripresa».

Protocollo FIGC, quanto sarà difficile farlo applicare alle piccole e medie realtà?

«Mi auguro possano farlo ma è ovvio che le situazioni siano diverse. Tutte hanno struttura adeguata a livello di Serie A ma è chiaro che la foresteria non ce le hanno tutte o i ristoranti. La quarantena sotto forma di ritiro per qualcuno sarà più semplice per altri di meno ma se è stato stilato un protocollo che facilita la ripartenza allora va seguito, cercando di andare incontro alle esigenze dei piccoli club».

Un altro tema che ha infuocato le pagine dei giornali riguarda quello del taglio degli stipendi, che idea ti sei fatto sulla vicenda?

«Credo che la strada migliore sia quella di un accordo tra i giocatori e il proprio club. È difficile fare una regola che vale per tutti quando il monte ingaggi delle prime quattro squadre è decisamente più alto delle ultime sette di Serie A. Ho trovato giustissimo le iniziative di Juve, Parma e Roma che si sono messe d’accordo a livello interno per risolvere questo problema».

Come valuti la figura di Damiano Tommasi in questo contesto?

«Tommasi a volte è discutibile nelle sue esternazione ma ha un ruolo importante di difesa soprattutto per i calciatori che guadagnano di meno, e non bisogna mai dimenticarsela questa categoria. L’opera di Tommasi in questa fase credo vada diretta a tutela dei calciatori che guadagnano poco e la cui stagione non ripartirà. Mi auguro tutto riparta penso che ci siano meno chance di una ripartenza in Serie C rispetto alla Serie A».

Propio la Lega Pro e in parte la Serie B potrebbero essere quelle che pagheranno a maggior prezzo l’emergenza…

«Mi auguro che molti club di Lega Pro riescano a ripartire ma temo che non ce la faranno. È chiaro che è sempre così ossia la crisi si farà sentire più in Serie C e B. Mi piacerebbe tanto che si riuscisse a trovare una quadratura per le serie minori sia per rispetto di chi ci lavora sia per un discorso di regolarità sportiva».

Visto che sei un appassionato di tennis, ti hanno sorpreso le parole di Novak Djokovic sul possibile obbligo di vaccinarsi per riprendere a giocare? Ipotesi che al serbo non piace per nulla e anzi minaccia di smettere di giocare…

«Sì mi hanno sorpreso. Al di là del suo no per la vaccinazione anti coronavirus, la sua mi sembra una posizione più ampia riferita a tutti i vaccini. Credo che il tennis abbia una specificità che lo rende complicato da far ripartire nel sistema preesistente. È uno sport dove i giocatori viaggiano tutte le settimane da un paese a un altro e quindi è difficile senza vaccino ripartire in un certo modo. In attesa del vaccino non so come il tennis potrà ripartire: stanno spostando le date ma mi chiedo se è possibile. I giocatori dovrebbero giocare senza pubblico e per gli organizzatori è fondamentale riempire i circoli che ospitano i tornei. È una situazione che rischia di complicare moltissimo il mondo del tennis, ecco perchè ritengo incauta questa dichiarazione di Djokovic. Se ci fosse questo vaccino sarebbe il modo migliore per far ripartire il tennis come era prima, senza ci sarebbe il rischio di un possibile contagio tra i tifosi o gli appassionati. La situazione sarebbe difficile, ci dovrebbero essere norme di distanziamento negli stadi che ridurrebbe il numero di spettatori. I tennisti dovrebbero dare il loro contributo per far ripartire tutto: il no al vaccino non va in questa direzione pur rispettando il pensiero di Djokovic visto che si tratta di libertà individuale». 

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