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Gasperini-Atalanta, perché si tratta di una “Last Dance” nonostante l’Europa?

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L’addio sempre più vicino di Gian Piero Gasperini dopo 7 anni di Atalanta nonostante la qualificazione in Europa

«Con l’Atalanta ho un rapporto straordinario, non solo per i risultati ottenuti, ma per una riconoscenza e un rispetto reciproci. Non ci sarà mai un conflitto. Quando ti trovi fuori luogo, ti fai delle domande: quest’anno è così, può darsi che sia arrivato il momento. Valutaremo insieme». Queste parole potrebbero sembrare una sorpresa o addirittura la certificazione di ciò che potrebbe avvenire a breve: la cosiddetta “Last Dance” di Gian Piero Gasperini all’Atalanta dopo 7 anni in cui la storia è stata completamente riscritta in Italia e soprattutto in Europa. Aspettando ufficialità e altri incontri (l’allenatore di Grugliasco ha un contratto fino al 2024), perché definire il ciclo Gasp arrivato ai titoli di coda nonostante la stagione disputata?

Quali erano gli obiettivi dell’Atalanta 2022-2023? Ritornare in Europa, e soprattutto costruire una base tanto giovane quanto solida in modo da poter eseguire quel cambio generazionale necessario per aprire un nuovo ciclo. La società ha speso 100 milioni di euro (seguendo le linee dell’allenatore) basandosi sui criteri citati in precedenza: non costruendo la migliore Atalanta, ma sicuramente un misto di talento, giovinezza e vecchia guardia con cui iniziare qualcosina. L’inizio è stato assai promettente, con il mister di Grugliasco capace di sapersi riadattare nella maniera migliore possibile: dando chance a gente come Okoli, Soppy, Ruggeri, Ederson, Scalvini, Demiral e soprattutto Lookman, Hojlund (e nella seconda parte anche Boga). Un gruppo che aveva legittimamente pregi e difetti, ma in linea con i piani dell’Atalanta.

La svolta negativa arriva però proprio dall’allenatore: meglio ritornare alla vecchia guardia, anche a costo di perdere punti preziosi in un momento dove bisognava guardare avanti. Giusto recuperare i vari Zapata, Muriel, Pasalic o anche soltanto certi elementi della difesa, ma non accantonando quello che di buono si era fatto: diventando un’Atalanta che faceva la differenza più sui singoli che non sulla collettività (anche nelle vittorie). 3-4-1-2 difensivo? Non va bene, troppo chiusi. 3-4-3 con un tridente? Troppo sbilanciati. La testardaggine che va contro le certezze soprattutto tra marzo e aprile, nonostante i 35 punti dell’andata

Non è soltanto una questione di tattica o progettualità, ma anche nelle motivazioni e stimoli che il tecnico di Grugliasco non è riuscito a dare rispetto agli anni scorsi: se prima si cercava di alzare l’asticella, ora invece si è passato più tempo a gongolare sul fatto che questa squadra fosse continuamente in Europa (con il serio rischio di perdere il vantaggio come l’anno scorso). Poi certamente l’Atalanta è andata in Europa anche per meriti suoi (si vince e si perde insieme), ma la polvere sotto il tappetto se non è tanta poco ci manca.

La comunicazione con la società praticamente incoerente: Gasperini pretendeva chiarezza quando Pagliuca-Percassi hanno più volte dichiarato di ritornare in Europa. Per non parlare del calciomercato stesso: basta pensare alle continue frecciatine alla società sul fatto di avergli lasciato una rosa lunga, per poi dopo essere stato nuovamente accontentato sottolineare che il gruppo sia troppo corto (e sulla questione infortuni ci vorrebbe un capitolo a parte).

L’Atalanta e Gasperini si stanno guardando attorno. Parlando dei nerazzurri la volontà sarebbe, in caso di addio, di voler alzare l’asticella e ricostruire sempre un progetto ambizioso, a lungo termine, e avente quello step in più che Gasperini non è riuscito a fare (vincere un trofeo per esempio); dall’altra l’allenatore di Grugliasco non è esente da interessi Nazionali e anche Europei.

Una scelta dura visto che si sta parlando del miglior allenatore della storia nerazzurra: un 4° posto, un 7° posto, tre 3° posti, un 8° posto e forse anche un sesto, Champions League, Europa League e due finali di Coppa Italia. Come lo sostituisci? Lo sostituisci con lo stesso metodo di Gasp: alzando l’asticella sempre di più.

Gasperini a Bergamo lascerà una grandissima eredità dove il suo successore avrà un compito difficile, ma non impossibile (con la piazza che dovrà anche essere paziente, e non paragonandolo in negativo al suo predecessore per poi salire sul carro se le cose dovessero andare in un certo modo). Tutto sarà nelle mani della società: a cui ora spetta quella responsabilità di dimostrare di essere diventata grande anche senza lo stesso Gasperini.

Gian Piero sarà per sempre una grande icona in terra orobica, ma l’Atalanta Bergamasca Calcio dovrà ricordarlo come il primo che ha tracciato una linea ambiziosa che poi la società stessa ha fatto sua: camminando da sola rimanendo sempre in alto negli anni avvenire. Un punto d’arrivo da una parte, ma di partenza dall’altra.

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