2017

Gasperini da record: «L’Europa? Sarà prioritaria. Gomez…»

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Gian Piero Gasperini, l’Atalanta e quel sogno Europa League, diventato realtà: «L’esonero? Non ci ho mai pensato. L’anno prossimo…»

Un quarto posto, qualcosa di impossibile a inizio campionato per l’Atalanta. Eppure il club bergamasco può festeggiare un’annata da record. E pensare che tutto era cominciato malissimo, come ha ricordato Gian Piero Gasperini a “La Gazzetta dello Sport”: «Quattro sconfitte nelle prime cinque giornate», ricorda l’allenatore. Neppure quotavano il suo esonero. «Non ci pensavo. Sapevo di essere incappato in un misto di sfortuna ed episodi. La critica su di me era feroce, ma l’anno scorso questa squadra a un certo punto aveva fatto sei punti in 14 partite. Noi alla sesta avevamo sei punti ed eravamo in linea con l’obiettivo di una salvezza tranquilla. Mi ha lasciato perplesso che la vittoria di Crotone, quella che ci ha portato a quota sei punti, non abbia rasserenato la città».

UNA LUNGA CORSA – Come ne siete usciti? «La svolta è stata il successo col Napoli alla settima, ma alcuni giovani li avevo già lanciati la settimana prima col Crotone. Per esempio Petagna, in partenza quarta punta». L’Atalanta salvata dai ragazzi, un classico. «Guardate che qui sui giovani c’era una forte resistenza, non era un contesto facile per lanciarli, tutt’altro. L’ambiente era conservatore sulle posizioni acquisite di giocatori di certa maturità e frenava. L’Atalanta ha sempre sfornato giovani di qualità, ma nella nostra situazione iniziale i ragazzi erano considerati come i giocatori numero 23, 24 e 25. Non vi dico le facce quando hanno visto Caldara e Gagliardini in formazione. Verso Spinazzola non c’era buona predisposizione. Io non ho guardato le carte d’identità, ho premiato chi andava più forte». Poi, tutti sul carro. «Polemiche e critiche si sono ribaltate. Il bello di Bergamo è stato che poi tutti hanno spinto nella medesima direzione. È cambiato il modo di vedere le cose, anche da parte di chi non condivideva il nostro lavoro».

SORPRESE E OBIETTIVI – Il giovane che più l’ha sorpresa? «All’inizio il più pronto era Kessie, l’avevo già visto a Cesena in B, dove aveva fatto un campionato importante, e da subito avevo deciso di partire con lui. Altri hanno avuto un’evoluzione superiore perché partivano da una base più bassa. Se devo fare un nome, dico Cristante, un italiano un po’ sparito, arrivato a gennaio per sostituire Gagliardini. Cristante ha fatto un finale di stagione notevole». Ora viene il bello, l’Europa League. Come l’affronterete? Con spirito turistico o per competere? Non sarà facile gestire il doppio impegno. «Non mi preoccupa l’aspetto tecnico, temo gli infortuni: al Sassuolo quest’anno ne sono capitati diversi. Non disponiamo delle rose di Juve e Napoli e dobbiamo adeguarci, avere più giocatori di livello che possano sostituirsi gli uni con gli altri. Per la società sarà uno sforzo, però la formula “più titolari” non significa un gruppo di 30 giocatori. L’Europa per me sarà prioritaria. Vogliamo fare bella figura. Andremo ovunque per giocare al meglio di noi stessi, per esportare il nostro calcio, anche se l’Europa ci toglierà qualcosa in campionato».

GOMEZ, PETAGNA… E LA NAZIONALEGomez è il giocatore più forte che abbia mai allenato? «Ho avuto Milito, Palacio, Perotti… Difficile stilare graduatorie. Gomez era relegato sulla fascia: qui è diventato un riferimento per la squadra, si è elevato a top player e lo dimostra il fatto che a 29 anni sia stato convocato nell’Argentina. Ha cambiato modo di allenarsi, a fine stagione ancora pressa, corre e si diverte». Perché Petagna segna poco? «Grande attaccante, per la quantità di lavoro che sbriga. Da fuori area segna e segnerà di rado, non è uno stoccatore. Petagna deve lavorare su se stesso nei sedici metri, avvicinarsi al portiere, sfruttare palle vaganti e deviazioni, crescere negli smarcamenti. Per esempio Conti, un esterno, ha realizzato diversi gol nell’area piccola: è un rapace naturale. È fantastico che da terzino copra settanta metri ed entri in area per colpire. Se Petagna fa come lui, diventa straordinario, da grande attaccante qual è ora». Le piacerebbe un giorno allenare la Nazionale? «Un anno fa mi chiamò Lippi (allora d.t. azzurro in pectore, ndr) per dirmi che mi aveva proposto a Tavecchio quale nuovo c.t. assieme a Ventura e Montella. Scelsero Ventura e va bene così, mi sento ancora un allenatore da club».

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