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Galliani: «Il Monza, il Milan, Calciopoli, Ronaldo e Kakà: vi racconto la mia vita»

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Adriano Galliani è il Monza, è il Milan, è il calcio. Ad Aldo Cazzullo ha rilasciato una lunga intervista leggibile oggi sul Corriere delle Sera

Adriano Galliani è il Monza, è il Milan, è il calcio. Ad Aldo Cazzullo ha rilasciato una lunga intervista leggibile oggi sul Corriere delle Sera. Ecco alcuni dei passaggi più significativi.

SUO PADRE – «Segretario comunale. Non aveva conosciuto suo padre: caduto sul Piave. La nonna non si risposò mai, andò a vivere con sua sorella, pure lei aveva perso il marito nella Grande Guerra. Anche mio nonno materno era morto nel 1918, di febbre spagnola».

UNA VITA DURA – «No. Una vita segnata da una passione: il calcio. Idolo: Alfredo Di Stefano. Nel 1954 ero in vacanza ad Arenzano, scappai di casa per andare in un bar di Genova dove davano la finale dei Mondiali: non mi trovavano più, pensavano fossi annegato. Siccome non sapevo giocare, con i primi soldi divenni comproprietario e dirigente del Monza».

PRIMA CHAMPIONS CONTRO LO STEAUA – «C’erano ancora Ceausescu e il Muro di Berlino. A Bucarest rastrellammo anche i loro biglietti, il Camp Nou era tutto rossonero. Portammo a Barcellona l’intero calcio italiano e mezza politica su un Jumbo. Era un’altra Italia».

INTERROGATO DA BORRELLI PER CALCIOPOLI – «Filò tutto liscio. Poi però la sua collaboratrice Maria José Falcicchia, futura vicequestore di Milano, mi inseguì: “Il dottor Borrelli vorrebbe fargli ancora una domanda. Tornai indietro e gli feci notare che quella era la tattica di Lavrentij Berija, il ministro degli Interni di Stalin». RONALDO – «Faceva la scarpetta nel vassoio degli spaghetti al pomodoro. Ancelotti lo prendeva in giro: Fenomeno, almeno sai chi ti marca domani? E lui: io no, ma lui sa che deve marcare Ronaldo».

KAKA’ AL REAL – «Quella volta, mentre firmavo, piangevo proprio. Il mio amico Florentino Perez ci rimase male: Adriano, se vuoi annulliamo tutto. Ma ormai certi costi non potevamo più permetterceli».

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