2009
Fuori in 72 ore
Chi ha seguito finora la stagione dell’Inter, può dire qualunque cosa, tranne che essersi annoiato.
Tuttavia, i tifosi nerazzurri sono caduti nello sconforto, dopo che gli ultimi tre giorni hanno praticamente negato i sogni di ripetere l’annata magica vissuta dodici mesi fa, con il fantastico triplete conquistato grazie alla squadra, allora allenata da Josè Mourinho.
Il tracollo a cui tutta Europa ha assistito ieri sera, con lo Schalke 04 uscito in maniera eroica dal prato di San Siro e Raul celebrato come nuovo re di coppe dopo aver superato SuperPippo Inzaghi nella sfida tra cannonieri europei, non è che la punta dell’iceberg di una stagione vissuta sempre tra alti e bassi, con tanti momenti di rammarico e rimpianto misti alla possibilità di completare rimonte quasi impossibili o di dare il seguito alla marcia in campo continentale.
L’Inter, senza usare mezzi termini, ha perso i primi quattro mesi di stagione con lo spaesato Rafa Benitez alla guida, il quale avrà comunque il merito di aver portato in Via Durini due trofei sui tre conquistabili nella prima parte di stagione: una Supercoppa Italiana che la Roma ha servito sul piatto d’argento ai nerazzurri, con tanti errori individuali che hanno regalato al “Biscione” i gol-partita, e un Mondiale per Club in cui l’unica squadra in grado di impensierire anche solo parzialmente i Campioni d’Europa, ovvero i brasiliani dell’Internacional di Porto Alegre, si è auto-eliminata nella partita d’esordio.
Per cui, onore al tecnico spagnolo, capace di gonfiare il palmares interista, ma è necessario ridurre i trionfalismi per due coppe giunte a Milano senza fare troppa fatica, più per demeriti altrui.
L’arrivo di Leonardo, sin dalle prime ore, sembrava segnare un cambiamento radicale all’interno dello spogliatoio nerazzurro, anche se continuavano a riecheggiare nell’aria il fantasma di Mourinho, andato via da trionfatore da Appiano Gentile e dall’Italia, e il macigno poco gradito lasciato da Benitez.
Il brasiliano ha sempre detto di non volersi lasciare condizionare dai nostalgici filo-mourinhani, e l’inizio è parso subito incoraggiante, anche se era già evidente che mancasse qualcosa affinchè i meccanismi dell’Inter tornassero ad essere quelli giusti per vincere, quelli che hanno portato la squadra a Madrid lo scorso maggio per intenderci: tanta voglia di vincere in campo, il ritorno del bel gioco ma ancora problemi, soprattutto nel registrare la fase difensiva, un problema già emerso durante l’avventura di Leo alla guida dei cugini milanisti.
Problemi che sono emersi, chiari e inequovocabili, nelle ultime 72 ore: dapprima la disfatta nel derby, con l’Inter incapace di impensierire una squadra che, prima della sosta per gli impegni delle Nazionali, sembrava facilmente battibile e che invece è uscita dal terreno di San Siro con mezzo scudetto in tasca; a seguire il clamoroso crollo casalingo contro i tedeschi, nella serata che doveva servire a riscattare il tris subito nel derby e far proseguire senza intoppi la corsa nerazzurra verso la semifinale e magari verso Wembley.
Fin troppo facile cercare i responsabili di questo doppio tracollo, nel giorno dell’amaro risveglio in cui ci si accorge di aver praticamente perso tutto quello per cui si è lottato negli ultimi tre mesi; è forse meglio interrogarsi sul perchè certi errori, certi meccanismi solo parzialmente oliati e rimessi in sesto non siano stati monitorati e di conseguenza recuperati in vista di impegni così importanti, direi cruciali per l’andamento della stagione.
E ora, quell’Inter pigliatutto in Italia negli ultimi cinque anni e capace di stendere tutti in Europa nella scorsa campagna continentale rischia di restare con zeru tituli: tanto per confermare che, almeno per noi che ce ne occupiamo scrivendo su una tastiera, Mourinho non se n’è mai andato…