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Friuli

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Patria di allenatori

TROPICALLONDON FRIULI – Esiste una regione, all’estrema periferia dell’Italia, aspra e dura come tutte le periferie, stretta tra l’insenatura a nord del Mar Adriatico e la penisola balcanica, di cui non si sente parlare molto spesso. Di poche terre, ahimè, in Italia si può dire che abbiano davvero lottato per far parte di questo, spesso sciagurato, Paese. Questo non è certamente il caso del Friuli Venezia Giulia. Angolo dello Stivale denso di storia e culla di poeti ed eroi, il Friuli è stato anche il luogo natio di alcuni tra i più grandi allenatori di calcio che il nostro Paese abbia avuto. Nereo Rocco, Enzo Bearzot, Ferruccio Valcareggi, Cesare Maldini, Fabio Capello, Dino Zoff, Edi Reja, Gigi Del Neri.

I friulani sono gente umile, schiva, dedita al lavoro nei campi e poco incline allo spreco delle parole. Gente abituata a convivere con montagne ispide e rocciose, dai nomi altrettanto ostici, estranee al turismo di massa e che pure il Giro d’Italia ha scoperto solo negli ultimi anni, con tutte le maledizioni annesse dei ciclisti che le devono scalare.

Il Friuli ha rappresentato la prima linea del primo conflitto mondiale, di cui quest’anno corre il centenario. In quegli anni le rive del Piave e dell’Isonzo si sono colorate di rosso. Rosso come il sangue dei caduti di una guerra di logoramento lunga ed assurda, ben testimoniata da film come “La grande guerra” e “Uomini contro”. Caduti che nella stragrande maggioranza dei casi non videro i vent’anni, come quelli della generazione dilaniata del ’99, e che difficilmente riuscivano a comprendere lo spirito patriottico di quei versi della “Canzone del Piave”.

Tra i monti friulani sono ancora visibili i segni delle detonazioni, dei rifugi ricavati tra le grotte, delle trincee. Tra quegli stessi monti che una quarantina d’anni dopo sarebbero franati su popolazioni inermi per la tracotanza degli uomini nella piana del Vajont.

Alcuni di questi allenatori citati poco fa, Valcareggi, Rocco, Maldini vengono dal capoluogo friulano, Trieste. Trieste merita un capitolo a parte. Trieste è una storia nella storia. Città mitteleuropea per cultura e italiana per volontà, è la città di Saba e Svevo. Per lei e in nome di quel dannunziano motto della “vittoria mutilata” l’Italia intervenne nella guerra nel 1915. Venne riconquistata, ma subì poi, con la seconda guerra mondiale, l’umiliazione dell’occupazione titina, il dramma delle foibe e l’esodo. Al confine tra due mondi, tra due “sfere di influenza”, Trieste non si sentiva parte né di una né dell’altra, ma semplicemente italiana. Per questo nel 1953, quando l’esercito alleato sembrava disinteressarsi alla sua sorte, la gente triestina si ribellò da sola all’ennesimo tentativo di invasione titina. Parte integrante dell’Italia Trieste lo divenne soltanto nel 1975 con il Trattato di Osimo. Addirittura nel 1991 la gente triestina, memore delle vecchie occupazioni, invase la città per impedire che Cossiga permettesse all’esercito serbo di lasciare la Slovenia passando in armi sulla città.

Mi sono sempre domandato perché tanti allenatori provenissero dal Friuli, se fosse solo una coincidenza o ci fosse una ragione plausibile dietro, da riscontrare magari nella storia di questa regione.

La risposta che mi sono dato è che questi allenatori vengono da una terra di confine e le contingenze storiche li hanno abituati a vivere con il sentore di una continua minaccia che incombe, come una spada di Damocle, in un perenne stato da novantesimo minuto. La guerra qui, come è stato detto, si è combattuta in trincea. In trincea la guerra non finisce mai, è fatta di attese infinite prima che possa essere inflitto l’attacco letale. È una guerra dove la strategia riveste un ruolo fondamentale, molto più della forza fisica. E anche nelle partite di calcio, il più delle volte, la tattica conta più della forza e chi fornisce questa tattica è chi sta in panchina.

Se si dà un occhio al palmares di questi allenatori si può vedere che hanno vinto praticamente tutto quello che un calciatore o un allenatore può sognare di vincere: Scudetti, Coppe dei Campioni, Coppe Intercontinentali, Europei, Mondiali. Mi viene in mente il verso di una canzone dei Green Day: “The center of the earth is the end of the world”.

 

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