2016

Francia – Germania: l’equilibrio di Deschamps

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Come il c. t. transalpino è riuscito a battere la superiorità tedesca

Crollano i tabù in questo Europeo e dopo la fine del complesso tedesco nei confronti dell’Italia, la Francia si cura qualche ferita impartita dalla Germania nel recente e nel lontano passato aggiudicandosi una semifinale divertente, nella quale ci sono state cose nuove rispetto a ciò che si era visto in precedenza da parte delle due squadre. Per i Bleus, la scoperta di quanto l’entusiasmo possa essere l’ingrediente fondamentale per superare limiti che pure esistono. Per la Germania, non avere mai trascorso neanche un minuto in svantaggio nelle gare precedenti ha generato ben più di una difficoltà a riconnettersi una volta che Schweinsteiger ha “suicidato” la propria nazionale con un inspiegabile fallo di mano (a maggior ragione per un uomo dalla sua esperienza). Due le parole chiave del match, ricordando che il risultato relativamente a sorpresa (i campioni del mondo erano comunque favoriti) deve indurre a una lettura non superficiale della finale di domenica. Perché è vero che il Portogallo è tutt’altro che scintillante nel suo gioco. Ma se hanno un pregio i lusitani è che si conoscono perfettamente e nell’addormentamento dei ritmi di gara – talvolta anche per manifesta incapacità nel proporre altro – sono specializzati. Non sarà semplice per la Francia vincere, anche se la cifra tecnica complessiva è decisamente superiore, se espressa con una discreta velocità.

FRANCIA – GERMANIA: L’EQUILIBRIO 

Quand’era allenatore della Juventus Didier Deschamps insisteva su questo concetto. Faceva sorridere, pensando a due cose. Intanto perché in quel torneo di Serie B il livello dei bianconeri era talmente alto che si potevano concedere quasi qualsiasi tipo di distrazione e – di conseguenza – anche qualche sottovalutazione dell’impianto tattico, peraltro ancorato a un 4-4-2 rassicurante. In più, consacratosi nella Juventus di Marcello Lippi, l’attuale ct francese aveva vissuto stagioni memorabili in una formazione che l’equilibrio lo cercava in corso d’opera, talmente era aggressiva e intenzionata a occupare il centro del ring con un coraggio che raramente si è poi visto dopo nel calcio italiano. La Francia odierna, invece, è costruita con un’attenzione enorme al rispetto dei compiti tattici. Ne fa le spese Paul Pogba, ingabbiato in consegne che ne limitano il raggio d’azione, l’inventiva e quelle avanzate che fanno parte del suo consueto modo di abitare dentro una partita. Ciononostante, il Polpo sta studiando con profitto per essere utile più che bello, in un percorso contrario a quello fatto da Zidane secondo la nota definizione di Gianni Agnelli. Poi, però, regala una magia, una sola, ipnotizzando Kimmich, confondendo Neuer e dando a Griezmann la possibilità del 2-0. Per la soddisfazione totale del buon Didier, che forse ha messo su tutto questo affinché siano i giocatori più brillanti fisicamente – Matuidi e Sissoko – gli uomini da lanciare in avanti, mentre il centrocampista juventino apparentemente impigrito nel suo incedere è colui che consente l’equilibrio. Non era così scontato che accadesse una tale metamorfosi a inizio Europeo.

FRANCIA – GERMANIA: LA SUPERIORITA’

E qui parliamo della Germania. Di quell’impressione regalata minuto dopo minuto nel primo tempo: questi fanno talmente ciò che vogliono che possono permettersi di non preoccuparsi di ciò che non andrebbe mai dimenticato, il fare gol. O anche solo, tirare in porta, spaventare gli avversari attraverso la costruzione reale di occasioni e pericoli. Invece, si è “limitata” a ciò che sembrava più di ogni altra cosa un’evidenza non scalfibile: una manifestazione di schiacciante supremazia territoriale, acquisita progressivamente dopo il buon scatto dai blocchi di partenza della Francia. Possesso palla nella metà campo altrui, palleggio sicuro sincronizzato dal doppio regista, ricerca veloce e precisa di esterni schierati molto alti, circolazione perimetrale con una sicurezza certificata e la variabile di qualche improvvisa accensione di uno dei suoi tre trequartisti (Ozil, soprattutto, insieme a Kroos il più efficace nei piedi, oltre che il più lucido). Fino al minuto 45, i campioni del mondo hanno fatto pensare a una dimostrazione di egemonia, una sostituzione culturale del tiki-taka spagnolo, invece che a una precisa volontà di costruire un risultato positivo. Dimenticando che anche quella Spagna dai successi in serie, non di rado li ha raggiunti – al di là della retorica – in maniera meno bella e “pura” di quel che poi si è tramandato. Guai sottovalutare il peso degli episodi. A maggior ragione contro una Francia che nel Mondiale del 7-1 al Brasile era stata eliminata proprio dalla Germania  da un gol di testa di Hummels da punizione. E stavolta il centrale non  c’era, nonostante siano stati proprio i difensori i più pericolosi nelle reazione non banale che si è avuta negli ultimi 20 minuti. Forse, senza qualche leggera imprecisione di mira e un interventi miracoloso di Courtois avremmo assistito a un finale da gara epica, indimenticabile, da tramandare ai posteri (anche se Griezmann, con 6 reti complessivi e la sua vivacità, merita certamente ogni considerazione anche a futura memoria).

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