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Fiorentina, Italiano: «L’Europa un sogno, non un’ossessione. Siamo un gruppo affiatato»
L’allenatore della Fiorentina Italiano ha parlato della stagione disputata fino a questo momento
Vincenzo Italiano, allenatore della Fiorentina, in una intervista a La Repubblica ha parlato della stagione disputata fino a questo momento dalla squadra viola.
ATALANTA – «In quel momento ho festeggiato perché avevamo centrato i 42 punti che sono la soglia della tranquillità con tredici gare in anticipo e quando sono arrivato a Firenze, ripensando agli ultimi due anni in cui la squadra ha faticato molto, era un obiettivo fondamentale per poter adesso ambire a molto di più. C’era nella mia testa e in quella della società la voglia di far tornare i tifosi a divertirsi, a regalare loro una grande gioia, a restituire al popolo viola quell’orgoglio che da queste parti è vita».
EUROPA – «Non siamo partiti certo con un obiettivo preciso se non quello di riavvicinare i tifosi e farli divertire. Ormai dopo due terzi di stagione siamo lì e non possiamo tirarci indietro, proveremo a rimanerci non pensando mai all’Europa come un’ossessione, ma semplicemente coltivando un sogno».
SEMIFINALE COPPA ITALIA – «Andiamo in semifinale con la Juve e le mie parole saranno: diamo valore alla gara d’andata per poi giocarci il ritorno con possibilità concrete di passare il turno. Dobbiamo tenere viva la gara di ritorno con un risultato positivo all’andata».
GERARCHIE IN SQUADRA – «Credo nel merito e nell’impegno, non nelle caste dei titolari. Bisogna che tutti i giocatori siano partecipi dei valori e degli investimenti della società. Io faccio capire ai miei giocatori, anche a quelli che sono riserve, che non li abbandono, che sono sempre nella mia testa, che tutti servono. Credo nei ricambi, in chi ha voglia e ha fame, in chi in allenamento dà prova di essere in forma. Non ho preclusioni, tutti devono essere stimolati, sentirsi arrivati non aiuta. Faccio eccezione sul portiere, dove una gerarchia c’è, anche se modificabile, in Coppa Italia ho sempre alternato Dragowski a Terracciano, appunto per farlo giocare. Non alternavo Vlahovic? Come si fa con uno come lui che la butta sempre dentro?».
PORTIERE – «Per me il portiere è un calciatore di movimento che sa e può usare anche le mani. Va coinvolto nel gioco. Deve parare, ma anche aggiungersi al centrocampo, essere un altro attaccante, l’uomo in più. Si è visto nel Milan come un lancio di Maignan ha favorito il gol di Leao. È finito il tempo in cui il portiere veniva avanti nell’ultimo minuto, in aiuto alla squadra che doveva recuperare, come soluzione disperata. Passare la palla indietro non è un’onta, né una rinuncia, è un modo per far ripartire il gioco con razionalità e con un’idea. Meglio che calciare in tribuna».
FIORENTINA – «Siamo un gruppo di lavoro molto unito e affiatato, la Fiorentina non è solo una squadra ma anche una grande famiglia, dal presidente Commisso a tutto il gruppo di lavoro che lo affianca e con cui siamo in costante contatto ogni giorno».
FIRENZE – «Tutti sanno che a Firenze c’è una passione incredibile. Si vive la Fiorentina come ragione di vita e non c’è un fiorentino che non sia malato della propria squadra, tutto questo lo si percepisce in giro, ovunque vai. Io vivo in centro, vivo benissimo, sento la grande passione allo stadio ed è qualcosa che ti spinge a dare il massimo. Sempre».