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Fino a qui tutto bene

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Gli ultras hanno sempre più potere nel calcio italiano: ecco un’analisi di questo fenomeno

L’ATTERRAGGIO – Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: «Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene». Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio. Questa è anche la storia di un sistema che sta lentamente precipitando, da troppi anni a questa parte, vale a dire quello calcistico italiano. E’ inutile tornare sempre sulle solite considerazioni, basta col calcioscommesse o con il razzismo o con gli stadi vecchi e obsoleti, questo è ormai appurato del tutto. E’ arrivato il momento di dire basta anche ai tifosi, o meglio a una certa categoria di tifosi. In Italia, come a suo tempo disse il buon Fabio Capello, il calcio è in mano agli ultras. I suddetti ultras hanno un codice di regole che pare quello della Vory V Zakone: c’è tutto un corpus di leggi non scritte e a noi effettivamente indecifrabili che regolano e in un certo senso comandano il nostro calcio in generale. Aprendo un quotidiano sportivo a caso di oggi troviamo ben tre notizie sui tifosi inferociti, su queste orde di fan – o presunti tali, verrebbe da dire – che intervegono con comunicati o direttamente al campo di allenamento, se non in quello da gioco, per mostrare le proprie ragioni.

E IO PAGO – Fermiamoci un attimo, perché fino a qui tutto bene. Io tifoso, in quanto legato emotivamente alla mia squadra del cuore e in quanto cittadino di uno stato di diritto, ho pieno possesso delle mie facoltà e quindi posso criticare ovviamente l’operato della società per la quale faccio il tifo. Tutto rientra nella norma, non c’è che dire. Possiamo pure aggiungere che pago per vedere la mia squadra e quindi pretendo che il mio esborso economico, a fronte dei calciatori-paperoni, venga rispettato con prestazioni degne di chi viene pagato tali cifre. Senza scadere nel qualunquismo, fino a qui tutto bene. Però, come detto all’inizio, il problema vero è l’atterraggio: in Italia non si è fatto niente per arrestare la caduta del nostro sistema a livello di tifosi e quindi adesso è normale che un gruppo di ultras irrompa durante la presentazione di un allenatore o di un giocatore perché sgradito o per un atto di protesta verso la dirigenza (ogni riferimento a quanto successo a Livorno è puramente voluto). Adesso dunque ci sembra normale che una parte di tifosi prenda una posizione contro una scelta della società e addirittura pubblichi un comunicato ufficiale di dissenso.

CUI PRODEST – Ieri l’Inter e la Juventus stavano – e lo stanno per fare tuttora – per concludere lo scambio tra Mirko Vucinic e Fredy Guarin. In mattinata pareva una trattativa vicinissima alla chiusura, poi nel pomeriggio sono sorti problemi che anche in questo momento stanno perdurando: i tifosi della Curva Nord hanno diramato una nota nella quale prendevano le distanze dalla trattativa e polemizzavano contro Thohir e la dirigenza. A prescindere dal fatto che questo scambio di calciomercato possa sembrare un’opportunità o meno (chi scrive crede che, a livello puramente calcistico, l’Inter possa rimetterci), non c’è la possibilità di lavorare in maniera tranquilla. Spieghiamo meglio la questione. Lo scambio era praticamente fatto ma il malumore dei tifosi ha causato uno slittamento nella trattativa e alcuni quotidiani stamani parlano anche di protesta plateale a San Siro. La tifoseria nerazzurra ha dimostrato un alto quoziente di civiltà già con le famose dodici domande dell’anno passato, ma le voci di lancio di seggiolini che arrivano nelle ultime ore sono un po’ destabilizzanti. Ricordiamoci che stiamo parlando di calciomercato, non siamo qui a definire i confini della Palestina. 

VIZI E CAPITALE – Il comportamento di alcuni ultras è la conseguenza di un Paese viziato e ignorante che crede di non avere nulla quando in realtà è solamente privo di un consono capitale sociale. E’ conseguenza anche degli errori di chi permette un certo tipo di comportamento: da una parte abbiamo un sistema giuridico inesistente, a cui delle volte sembra che la rivolta di alcuni facinorosi possa anche fare comodo, dall’altra le dirigenze delle nostre squadre di club che si sono sempre più assoggettate al volere dei tifosi. Pago dunque decido, sostengo quindi comando, tutte locuzioni che paiono la norma oggi in Italia. Ho l’abbonamento? Allora non voglio che Stankovic venga alla Juventus! Mi faccio le trasferte in Sicilia per vedere giocare Maicosuel? Allora se gioca male lo vado a trovare al campo di allenamento. I giocatori, sempre più odiosi e sempre meno professionali, ci mettono del loro per ricevere contestazioni da parte degli ultras ma, guardando il bicchiere mezzo pieno, non possono sostenere il peso di vivere con questi figuri che minacciano e fanno sempre sentire la loro presenza. Impegno sì, professionalità pure, ma anche serenità.

BAR SPORT – Poi magari leggiamo un quotidiano a caso e ci accorgiamo che la Germania ci ha sorpassato in praticamente tutto quello che riguarda il calcio – perché ci ha sorpassato in tutto quello che riguarda la società – e ci meravigliamo se il Portogallo è lì per superarci. Piangiamo perché non abbiamo stadi di proprietà ma vecchi catini umidi e scomodi, quando poi negli stadi nuovi andranno sempre sistemati questi tifosi qui. Le poltroncine riscaldate, la vicinanza al campo, gli hotel nello stadio non cambiano la mentalità di chi fino a poco prima offendeva un giocatore di colore o si dilettava a tirare monetine agli arbitri o obbligava la società a pagare multe assurde per comportamenti equamente inspiegabili. Vogliamo rifare il calcio italiano, allora prima rifacciamo gli italiani: serve un cambio culturale, anche se dirlo è una cosa e farlo è un’altra. Siamo qualunquisti per natura, quindi cambieremo tutto per non cambiare nulla. Anche perché tutto va bene, non succede mai niente di male, bisogna continuare ad avere fiducia nelle istituzioni. E’ una fiducia a orologeria perché tanto, prima o poi, accadrà sicuramente qualcos’altro e saremo qui coi soliti discorsi da bar sport. Fin quando la caduta non sarà terminata e non atterreremo, definitivamente e fortunatamente. 

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