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2016

Una volta sola, sbagliando

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fabrizio ficini ceta empoli

Fabrizio Ficini: più di trecento gare e zero gol. Anche se una volta…

La gioia del gol non andrebbe negata a nessuno. Ogni giocatore dovrebbe poter segnare una rete prima di chiudere la carriera, dovrebbe tirare un rigore a risultato acquisito o sfruttare un tap-in da mezzo metro, deviare fortunosamente un tiro di un compagno o trovarsi al momento giusto nel posto giusto. Una volta basterebbe, una volta soltanto in almeno venti anni di carriera. La legge dei grandi numeri dovrebbe persino impallidire di fronte a certe richieste. Perché si può dire quel che si vuole, il calcio sarà pure uno sport bello per svariate sfaccettature e per variabili ancora da studiare, ma le emozioni che riescono a dare i gol ancora non hanno paragone. Per un giocatore poi può essere importante una chiusura difensiva o un passaggio filtrante, ma anche la più sporca delle marcature riuscirà a dare una felicità immensa: se non altro segnando si entra di diritto della storia, che non deve per forza essere vista come la storia del calcio, ma anche un semplice tabellino, una scritta nella schermata di Novantesimo Minuto o di un almanacco, un’immagine nella mente dei tifosi. E invece il calcio è bastardo perché se non fai gol è come se non esistessi, tutto si riconduce in maniera vile all’atto di portare la palla oltre una linea, non conta più tutto quello che succede prima, è tutto vano. Fabrizio Ficini ha giocato trecentoquarantacinque partite tra Serie C1, Serie B e Serie A e non ha mai segnato. Mai, proprio mai. Alla casella dei gol fatti in carriera c’è un misero zero, tondo e beffardo come un guardalinee che sghignazza dopo aver annullato una rete per fuorigioco. Trecentoquarantacinque partite a cavallo tra i Novanta e i Duemila senza mai veder gonfiare una rete, senza il proprio nome sul tabellone luminoso, senza che i compagni lo sommergessero di gioia. Trecentoquarantacinque partite tra Bari, Fiorentina, Sampdoria, Pistoiese e Empoli, soprattutto Empoli, in cui Ficini ha aspettato quel gol che non è arrivato mai. Tranne una volta, ma lì si era sbagliato.

L’OPERAIO – Fabrizio Ficini nasce a Empoli e con l’Empoli inizia la sua carriera, vestendo più volte l’azzurro nell’arco di vent’anni. Fisico asciutto, viso un po’ arcigno e un’espressione da persona sulle sue, in pratica il profilo perfetto per la gente della sua terra, diventata macchiettistica per via di alcuni comici con la c aspirata ma in realtà molto distante da quella simpatia forzata da botteghino, da quell’umorismo da quattro soldi. Ficini si fa tutta la trafila con gli azzurri in Serie C1 e vede la Serie A solamente a Bari a metà anni novanta, quando per la prima volta in Italia ci sono i nomi sulle magliette e su quella biancorossa dei pugliesi sta scritto a caratteri cubitali Ficini, un sogno. A Bari va così così, la squadra retrocede ma lui gioca abbastanza. Fa il centrocampista centrale e spesso fa legna là in mezzo al campo, in avanti si fa vedere poco e sono ancora meno le volte in cui riesce a tirare in porta, spesso quando accade è da fuori area e manca il bersaglio. Sarà una sua costante anche negli anni del ritorno a Empoli, nelle due stagioni sotto l’egida del suo conterraneo Spalletti, anche lui sguardo torvo e tanta voglia di lavorare – in un mobilificio prima, in panchina poi. Ficini è un mestierante, un operaio, tutti termini che nel mondo del calcio suonano spesso come pietosi, un po’ come quelle ragazze bruttarelle definite come simpatiche proprio per non farle passare male. Ma Ficini non è una ragazza bruttarella e simpatica, lui è un centrocampista centrale di sostanza. La qualità non sarà da convocazione in Nazionale, ma la grinta e la tenacia sono da lodare. Non è un cagnaccio, non è un regista, sa soltanto quello che non è. E sa soltanto quello che non fa: gol. Passano le partite e la prima rete non arriva, le chance sono poche e ormai inizia lo sconforto. Lo prende la Sampdoria ma anche a Genova siamo alle solite, va bene la fiducia di Spalletti pure sotto la Lanterna ma che sia il Castellani o il Ferraris o il San Nicola i gol sono sempre gli altri a segnarli. Torna a Empoli, poi va alla Fiorentina e poi torna a Empoli ancora ma niente, questo battesimo non s’ha da fare. Finché un giorno, compiuti da poco i trent’anni, Ficini tocca un pallone oltre la linea di porta.

UNA VOLTA SOLA – Il 18 aprile del 2004 tutto può sembrare fuorché un giorno storico, e infatti non lo è. Il cielo sopra Empoli è pieno di nuvoloni grigi che minacciano pioggia, la primavera tarda ad arrivare e lo Stadio Carlo Castellani è pronto ad accogliere uno scontro salvezza tra i più importanti della trentesima giornata di Serie A. L’Empoli di Attilio Perotti, ritiratosi su dopo la scellerata gestione di Daniele Baldini, sta giocando un buon calcio con interpreti di livello ma la rimonta salvezza si è interrotta sul più bello, e adesso gli azzurri devono vincere per sperare almeno nello spareggio con la sesta di Serie B. Vogliono fare la A a venti squadre, mah. Ospite dell’Empoli è il Brescia, sei punti più in alto e vicino a rimanere in prima serie per l’ennesima stagione di fila, anche grazie al suo fuoriclasse imbiancato dagli anni ma sempre stiloso nell’acconciatura. Roberto Baggio da qualche settimana aveva annunciato il suo addio al calcio e sempre poco tempo prima era riuscito a superare la fatidica soglia dei duecento gol in Serie A. Il 18 aprile del 2004 è il Divin Codino a guidare l’attacco del Brescia a caccia di punti salvezza. Il 18 aprile del 2004, al trentottesimo del primo tempo, è Roberto Baggio a essere fermo poco fuori dalla lunetta dell’area empolese, le mani sui fianchi poco prima di battere un calcio di rigore. Fabrizio Ficini è lì accanto a lui, è la sua nemesi. Da una parte più di duecento gol, dall’altra zero. A Ficini sarebbe bastata una misera segnatura su rigore o una punizione deviata ma lassù qualcuno ha deciso di lasciarlo fermo a cifra tonda, ovo come dicono dalle sue parti. Baggio prende la rincorsa e calcia, mentre nel silenzio del Castellani si sente solo la voce del capo ultrà dell’Empoli: «Sì okay, s’è visto tutti com’è bellino Baggio, bravo davvero. Ma cristo santo c’avrà cent’anni, dovete cantare diobono, cantate, FORZA EMPOLI!». Non ci è dato sapere se la voce del capo ultrà empolese sia giunta alle orecchie di Roberto Baggio – lo stadio è semivuoto, la giornata e la partita sono fiacche, la Maratona Inferiore è vicinissima al Codino – ma sta di fatto che il suo tiro è debole, stanco come se tutta la carriera di Baggio si fosse fatta sentire in quegli undici metri. Fabrizio Ficini vede per una volta la giustizia trionfare.

IL GOLMario Cassano, portiere dell’Empoli nella partita contro il Brescia, anni dopo sparirà dai radar del calcio italiano per una bruttissima vicenda di scommesse. Quel pomeriggio è ancora un giovane rampante che ha l’opportunità di parare un rigore al giocatore più forte del calcio italiano, si tuffa sulla sua destra e non crede ai suoi occhi quando vede che la palla segue la sua caduta e lemme lemme gli batte sui palmi delle mani per morire al limite dell’area piccola. Fabrizio Ficini corre spesso, corre sempre a dire il vero, e quindi quando sente il fischio del signor Rodomonti pensa allo sparo di uno starter e parte, anche se illegalmente. Entra in area e non si ferma neppure quando vede Cassano respingere il rigore di Baggio, duecento gol in Serie A e lui zero. Non si ferma neanche quando a gettarsi sulla ribattuta è lo stesso Baggio, duecento gol in Serie A e lui zero. Ficini vuole ristabilire la democrazia, ma a modo suo, come gli hanno insegnato nei circoli della zona. Non è giusto che Baggio abbia segnato duecento gol e lui zero; è giusto che Baggio di fronte a lui fallisca la chance per antonomasia per far gol. Con la fascia da capitano al braccio va verso la palla ma la porta è vicina, troppo vicina. Non è mai stato così vicino a metterla dentro, sente l’odore e dentro di sè avverte che sarebbe bello, per una volta sola, sentire l’effetto che fa. Ma quella non è la porta giusta, non è il momento giusto, e Baggio sta arrivando. Duecento gol e lui zero. Ficini si getta alla disperata, non deve fare gol nessuno. E invece il gol arriva. Ficini tocca la sfera in maniera maldestra e Cassano è battuto, autogol, uno a zero Brescia. Fabrizio Ficini ha segnato la sua prima e unica rete in carriera: non figurerà mai nel riassunto delle Figurine o nel suo score personale negli almanacchi, ma per una volta è sul tabellino alla voce Marcatori. E poco importa se per una sbadata autorete, messa dentro in maniera avventata per evitare che uno con più di duecento gol all’attivo potesse bulimicamente aggiungere un orrendo tap-in alla sua smargiassa collezione. La partita finirà uno a uno e quella sarà l’unica giornata in cui Ficini gonfierà una rete. Col suo Empoli retrocederà, tornerà su, andrà in Europa, sempre senza un gol all’attivo, una costante. Andrà a Pistoia e poi finirà in Eccellenza al Montemurlo facendo perdere le sue tracce. Si narra che proprio a Montemurlo abbia preso 8 giornate di squalifica per bestemmie: ci piace pensare che siano state pronunciate per un gol sbagliato a porta vuota.