Europei
Europei 1988: 5 motivi per ricordare l’edizione vinta dall’OLANDA
Il ricordo dell’edizione del 1988 degli Europei, vinta dall’Olanda di Marco Van Basten nella finale contro l’Unione Sovietica
L’ottava edizione del campionato europeo viene vinta dall’Olanda che batte in finale 2-0 l’Unione Sovietica. Ecco 5 motivi per ricordare cos’è successo.
1) La coerenza della finale. L’ultimo atto dell’Europeo vede l’Olanda trionfare sull’Unione Sovietica con due gol che non sono solo bellissimi, ma riescono a esprimere compiutamente l’essenza di chi li fa. Il colpo di testa di Ruud Gullit è il manifesto della sua esuberanza assolutamente incontenibile. La conclusione al volo di Marco Van Basten disegna un arcobaleno tra i più meravigliosi che il calcio ha saputo regalare nella sua storia e descrive perfettamente la classe dell’attaccante milanista. Ed il 2-0 finale, ottenuto anche grazie a un rigore fallito dagli sconfitti, è il risultato più registrato in questa edizione, ben 5 volte.
2) Van Basten è epica. Un gol speciale merita un cantore assoluto come Gianni Brera. Ecco come su La Repubblica racconta l’episodio del 2-0: «Muhren ha appoggiato a Van Tiggelen, che ha offerto le sue magre e scancosciate gambe lungo l’out sinistro: lo scatto, non veloce, è tuttavia bastato: il suo cross, in vero sbirolento, ha indotto Marco Van Basten alla più grande follia che potesse mai tentare un goleador: navigava sul limite esterno dell’ area, poco oltre il vertice destro: Van Tiggelen l’ha raggiunto con la sua ciabattata non certo casuale ma egualmente strana e distorta: ebbene, illuminato da musa Eupalla (altro che scienza!: qui siamo all’epica), il ragazzo appena uscito di adolescenza ha sparato a volo un destro omicida. Questi gesti atletici, mi dico, possono compiere solo i fuoriclasse ed i mattocchi presuntuosi: Van Basten appartiene sicuramente alla prima specie, in verità assai poco numerosa oggi nel mondo. Il suo tiro a volo ha lasciato una traccia nera nella retina di Dassaev e di quanti come me hanno tentato di seguire la palla: la rete si è gonfiata come l’ avesse investita un cetaceo di grosse proporzioni! Lo stadio, pieno zeppo di olandesi, è letteralmente esploso»
3) L’analisi dei nostri limiti. Gli azzurri di Vicini fanno un Europeo contrario a quel modello narrativo che abbiamo avuto in testa fino a un certo punto noi italiani: partire piano per poi crescere alla distanza. Stavolta no, l’Italia convince nell’esordio con i padroni di casa della Germania (1-1 con gol di Roberto Mancini che manda platealmente a quel paese la tribuna dei giornalisti); vince bene con Spagna e Danimarca; poi, arriva il brutale stop in semifinale contro un’Urss che sembra viaggiare al doppio della velocità. E, soprattutto, fa una cosa chiamata pressing che in Serie A pratica con successo il Milan di Sacchi, ma che deve ancora arrivare a essere un patrimonio consolidato nel nostro calcio. Ha un’altra idea Giuseppe Giannini, metronomo principesco del nostro centrocampo, che individua un’altra causa per il mancato approdo in finale: «In questo Europeo la nostra Nazionale ha mostrato soltanto un limite, quello del gol. Abbiamo sviluppato una gran mole di gioco, ma abbiamo raccolto poco. Non è colpa soltanto delle punte ma anche di noi centrocampisti. Non siamo mai riusciti ad andare a segno. E un problema che dovremo risolvere. Nel gioco moderno, gli attaccanti ormai non bastano più».
4) Un pre-Mondiale. Vicini iniziò il suo ciclo con la Nazionale maggiore portandosi in dote l’entusiasmo e lo spirito offensivo della sua Under 21, squadra alquanto frizzante, trascinata dal coraggio di Vialli e da ritmi più alti della gestione precedente determinati dal gruppo di giovani che la caratterizzavano. In parte si vive l’Europeo con l’ottica di fare le prove generali di Italia ’90, l’appuntamento da non fallire, il Mondiale che organizzato in patria si deve assolutamente vincere. E difatti, la formazione con cui debutta contro la Germania Ovest è praticamente la stessa che due anni dopo, si presenterà il 9 giugno del 1990 in Italia-Austria allo stadio Olimpico. Unica differenza, Roberto Mancini gioca in Germania, Andrea Carnevale in quella dopo, anche se l’eroe della serata sarà Totò Schillaci, la riserva che si prenderà la scena.
5) Rossoneri arancioni. Podio del Pallone d’Oro: primo Van Basten, secondo Gullit, terzo Rijkaard. Tutti olandesi, tutti milanisti. Vi sembra così strano sapere che pochi mesi dopo avrebbero vinto la prima Coppa dei Campioni dell’era Berlusconi?