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Europei 1984: 5 motivi per ricordare l’edizione vinta dalla FRANCIA

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Il ricordo dell’edizione del 1984 degli Europei, vinta dalla Francia di Platini nella finale contro la Spagna

La settima edizione del campionato europeo viene vinta dalla Francia che batte in finale la Spagna. Ecco 5 motivi per ricordare cos’è successo.

1) L’Italia non c’è. Giustamente, quando si rievocano gli anni ’80, si parla della Serie A come del campionato più bello del mondo. Vero, i fuoriclasse stranieri popolano le nostre domeniche e le squadre italiane nelle coppe si comportano più che bene. Ma la Nazionale azzurra, dopo l’exploit del Mondiale del 1982, si perde. Segnali in tal senso si hanno già alla prima gara dopo il trionfo del Bernabeu, dove non si va oltre un 2-2 con la Cecoslovacchia. Poi, non riusciamo addirittura a qualificarci per l’Europeo. Una cosa inconsolabile, non basta certo a lenire l’amarezza la constatazione che siamo in buona compagnia con gli inglesi, anche loro costretti a starsene a casa a guardare la manifestazione in tv. E che il dolore sia forte lo testimonia una dichiarazione finale del Ct Enzo Bearzot, che al termine dei giochi dirà: «Una rassegna come questa avremmo potuto vincerla anche noi». In realtà, da quella Francia trionfatrice eravamo piuttosto distanti e lo misurammo due anni dopo in Messico, quando ci eliminarono agli ottavi di finale senza eccessiva fatica.
2) La quasi rivincita della Spagna. Uscita scornata dal Mondiale organizzato in casa, la nazionale iberica si qualifica in modo rocambolesco: per accedere alla fase finale deve battere Malta con 11 gol di scarto e l’operazione riesce con un clamoroso 12-1. Arriverà fino alla finale, facendo scrivere a Marino Bartoletti sul Guerin Sportivo: «La Spagna di Munoz, giovane come anagrafe e concepimento (è nata dalle ceneri del 1982) ha fatto vedere un gioco modernissimo e antichissimo a seconda delle necessità, nella finale ha riesumato la più accanita difesa a uomo del decennio)».
3) Lo score di Platini. Il trascinatore della Francia non può che essere Michel. É lui a rendere i Blues una nazionale fantastica. Del resto, in una squadra spesso molto bella ma incline al narcisismo, lui inserisce quella mentalità vincente appresa in Italia. E che nel 1984 lo porta all’Europeo forte dello scudetto e della Coppa delle Coppe conquistati con la Juventus. Davanti al suo pubblico fa cose incredibili. La gara d’esordio è Francia-Danimarca. I padroni di casa la spuntano solo a dodici minuti dal termine, con un tiro da fuori area del numero dieci deviato da un difensore. Fino a quel momento Michel era stato ben controllato da Klaus Bergreen, giocatore del Pisa. L’Europeo prosegue con una goleada. Con uno schieramento spregiudicato, un centrocampo di piedi buoni con Platini, Tigana, Giresse e Genghini («4 numeri 10», secondo Le Roi), la Francia supera il Belgio per 5-0. Michel si diverte a superare Jean-Marie Pfaff in tutti i modi: di sinistro; dagli undici metri; di testa. Platini si ripete anche nella terza partita del girone. Stavolta l’avversario è meno arrendevole, la Jugoslavia chiude in vantaggio il primo tempo ma nulla può fare al cospetto di colui che in quel momento è il giocatore più in forma del pianeta. In poco più di un quarto d’ora Michel inventa tre gol sullo stile di quelli con i quali ha abituato il pubblico italiano. Le difficoltà si presentano in semifinale. La Francia ha ragione del Portogallo solo un minuto prima che la contesa si decida ai rigori. A siglare il punto del 3-2, tanto per cambiare, è ancora lui.
4) Il paradosso della finale. Il calcio è strano perché presenta situazioni ogni volta impensabili. La finale Francia-Spagna viene decisa da una punizione di Platini tutt’altro che imparabile, la papera di Arconada è macroscopica. Dei suoi 9 gol sarebbe il più trascurabile, se non fosse il più importante, anche se poi arriva la rete di Bellone al novantesimo a rendere più importante il divario tra le due squadre.
5) L’italien. «Sappiamo bene che in Italia i francesi non sono amati. C’è stima per la loro cultura, c’è rispetto per il loro ruolo nella storia, c’è ammirazione per il loro senso dello Stato; ma non una briciola di simpatia a livello popolare. Del resto questo “non sentimento” è perfettamente ricambiato, seppure con diversa visuale. Ebbene Michel Platini per le due settimane del campionato d’Europa è riuscito a far tifare gli italiani per la Francia. Questa sì, è un’impresa storica. Meriterebbe un’altra grande coppa. E penso che Pertini e Mitterrand sarebbero felici di dividersi la spesa»: è l’editoriale di Candido Cannavò su La Gazzetta dello Sport, che spiega cosa riesca a fare un grande campione dello sport per il rapporto tra due popoli.

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