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Europei 2020: 5 motivi per ricordare l’edizione vinta dall’ITALIA

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Tutto sull’ultima edizione degli Europei, che ha visto il trionfo dell’Italia di Roberto Mancini a Wembley

La sedicesima edizione del campionato europeo viene vinta dall’Italia che batte in finale l’Inghilterra ai rigori 3-2, dopo che i 120 minuti sono terminati sull’1-1. Ecco 5 motivi per ricordare cos’è successo.

1) La vigilia. Previsione tratta da SportWeek nel numero di presentazione dell’Europeo, che per i noti motivi di pandemia è stato differito all’anno successivo. Giudizio sull’Italia, che arriva mortificata dalla mancata partecipazione al Mondiale (e non sa che cosa l’aspetta…), però rinvigorita nel morale dall’ottimo cammino nelle qualificazioni sotto la nuove gestione: «Con questa squadra Mancini fa sognare. Se anche Mancini dice che l’Italia parte per vincere, chi siamo noi per contraddirlo? Può sembrare un delirio di onnipotenza, ma neanche sarebbe giusto nascondersi». Aveva ragione lui, il Mancio.
2) Italia ’90. 7-0: è la somma dei risultati dell’Italia nelle 3 gare del girone. Essendo un’edizione liquida, sparsa in tanti Paesi, il primo spezzone si gioca tutto a Roma e ai meno giovani sembra di tornare a 30 anni prima, al Mondiale organizzato in casa. Sarà che c’è una gran voglia d’uscire dopo tanto stare in casa; sarà che quel che appare è un bel vedere, gli azzurri vincono e convincono. 3-0 a Turchia e Svizzera, 1-0 al Galles, ci si conquista il diritto di sognare. Che non è poco, anche se a guardare il tabellone c’è da tenere gli occhi aperti.
3) Sliding doors. Si sa, nei grandi tornei sono anche gli episodi a fare la differenza. Al di là del fatto che l’Italia, per arrivare in finale, i suoi meriti se li prende tutti, dando spesso la dimostrazione di riuscire ad andare oltre i limiti. Ma ha ragione Giorgio Chiellini a ricordare come agli ottavi, nel soffertissimo 2-1 ai supplementari strappato con l’Austria, determinante sia stato un particolare anatomico: «Se il naso di Arnautovic non fosse stato in fuorigioco, la nostra impresa forse non ci sarebbe stata…». Il riferimento è a un gol avversario annullato per un nonnulla, mentre nella gara successiva – la ben più temuta sfida col Belgio – di episodi così decisivi non ce ne sono. L’Italia sfodera una prestazione di tutto rispetto e l’uno-due di Barella e Insigne è troppo splendente per non accompagnarsi a una vittoria. Dopo un supplementare e un successo nei 90 minuti, arriva la vittoria ai rigori con la Spagna. Loro sono un po’ i soliti, tanto possesso e palleggio superiore, ma a conti fatti l’Italia regge il confronto. E se Dani Olmo e Morata sbagliano, a differenza nostra dove solo Locatelli fa male dal dischetto, vuol dire che stavolta può essere realmente l’anno buono per riconnetterci al lontano 1968.
4) Lo spreco. Tutti d’accordo, a fine Europeo, nel considerare la Francia come la squadra bella fino al narcisismo, capace di buttarsi via per troppa bellezza. Succede agli ottavi con la Svizzera, in una gara che a nove minuti dal termine è saldamente incanalata su un 3-1 del quale si sarebbe scritto ogni bene per come i ragazzi di Deschamps l’avevano dominata. Due gol rossocrociati e poi i rigori capovolgono lo specchio, lo deformano, regalano una di quelle immagini impensabili che rendono il calcio una meraviglia, almeno per chi vince e per chi è neutrale.
5) Wembley. Ci sono troppe cose, e sono ancora così forti nel cuore di ognuno, che parlare o scrivere della finale tra Italia e Inghilterra è ancora emozionante. A partire da quell’abbraccio tra Gianluca Vialli e Roberto Mancini, che strappa il cuore e si impone come il momento da brividi di un’impresa che è umana, oltre che sportiva. A Wembley avevano sognato di vincere un’incredibile Coppa dei Campioni con la Sampdoria, a Wembley riescono a vincere fuori casa un Europeo indimenticabile. Il resto è un elenco: Bonucci, Donnarumma, la pasta, Football, Home, eccetera, ognuno può metterci qualcosa di suo.

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