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Europei 2000: 5 motivi per ricordare l’edizione vinta dalla FRANCIA

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Tutto sull’edizione degli Europei disputata nel 2000, con la vittoria della Francia nella finale contro l’Italia

L’undicesima edizione del campionato europeo viene vinta dalla Francia che batte in finale 2-1 l’Italia ai tempi supplementari. Ecco 5 motivi per ricordare cos’è successo.

1) Il calcio del Duemila. Non è solo l’anno dell’edizione a far pensare che questa possa essere la giusta formula per definire l’europeo che va in scena in Olanda. Alcuni delle soluzioni tattiche più in uso nel decennio precedente e un certo atletismo spinto lasciano il posto a un calcio meno ideologico, dove convivono diverse concezioni e, soprattutto, i grandi campioni tornano ad avere spazio. Non nasce tutto qui, ovviamente, ma che la Francia campione abbia piedi buoni è indubbio. E che tre delle quattro semifinaliste (la stessa Francia, il Portogallo e l’Olanda) mettano in campo un 4-2-3-1 certifica che certe rigidità del 4-4-2 sono definitivamente finite. Simbolo di tutto questo è Zinedine Zidane, giocatore indefinibile in assoluto e che, clamorosamente, diventerà l’occasione per un conflitto mai visto in questi termini: il Ct Dino Zoff deciderà di dimettersi per la critica pubblica di Silvio Berlusconi che lo rimprovera di non avergli dedicato una marcatura a uomo in occasione della finale. Mai un livello di scontro così alto si era registrato tra la politica e il calcio, per di più su una questione di natura tattica.
2) Tre su tre. La Nazionale non è abituata a fare un filotto pieno nel girone. Non succede mai, stavolta invece sì. Gli azzurri debuttano piegando 2-1 la Turchia grazie alle reti di Conte e Inzaghi. Supera il Belgio con un netto 2-0 firmato da Totti e Fiore. E con la qualificazione con un turno d’anticipo si guadagna la terza vittoria contro la Svezia, un 2-1 con le reti di Di Biagio e Del Piero. Si inizia a pensare che possa davvero essere l’anno giusto. Lo si crede ancora di più dopo il 2-0 sulla Romania (Totti e Inzaghi) quando iniziano i turni a eliminazione diretta. L’Italia viaggia alla media di 2 gol a partita, con una regolarità talmente perfetta che non si può pensare che sia un caso.
3) Un romanzo più che una partita. Olanda-Italia è una gara che ha dell’eroico, a partire dal fatto che gli azzurri la giocano al cospetto di uno stadio interamente arancione. Sembra un manipolo di soldati contro una vera e propria marea e, uscendo fuori dall’immagine fin troppo facile, l’Italia gioca per di più in inferiorità numerica per 90 dei 120 minuti lungo i quali si svolge la semifinale. Il doppio giallo a Zambrotta è un’aggiunta cromatica che potrebbe direzionare la gara, ma a sbloccare lo 0-0 non ci riescono neanche due rigori che gli orange calciano o su Toldo o sul palo. Quando si arriva alla lotteria dei calci dal dischetto non deve sfuggire il dettaglio di chi va a calciare per primo per gli azzurri: è quel Di Biagio che aveva chiuso sulla traversa il Mondiale di 2 anni prima nei quarti con la Francia. Stavolta segna ed è l’inizio di una sequenza incredibile, tra miracoli in serie di Toldo e il famoso cucchiaio di Totti. L’Italia non solo va avanti, ma ci va in una maniera folle.
4) Follia chiama follia. Potrebbe essere questo il titolo del capitolo successivo. Perché in finale gli azzurri credono di avercela davvero fatta con la rete di Delvecchio, ma sono due panchinari (come lo era stato Bierhoff nell’Europeo precedente) a rovesciare il verdetto. Wiltord pareggia all’ultimo secondo, Trezeguet scrive la parola fine con il golden gol nei supplementari. Di tutti i modi che si possono concepire per perdere, questo è esattamente il più crudele. Il match-winner, in procinto di passare alla Juventus, confesserà negli anni a venire che il primo periodo vissuto dentro lo spogliatoio non è stato tra i più piacevoli. Peraltro, esattamente con quanto successo ad Amsterdam, anche i bianconero partirà come riserva e di gara in gara risulterà così convincente da indurre la dirigenza a puntare su di lui e a lasciar partire Filippo Inzaghi.
5) Il vincitore sconfitto e viceversa. Nella semifinale Francia-Portogallo, Zidane inventa magie da non credere. Ma un successivo colpo di testa (letterale, sferrato a un avversario in Champions League) gli impedirà di vincere il secondo Pallone d’Oro della carriera. Che andrà a Luis Figo, sconfitto in quel giorno e pure in stagione, dove non vincerà nulla. Se non un’attenzione mediatica senza pari dopo il trasferimento dl Barcellona al Real Madrid per la cifra record di 143 miliardi di lire.

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