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Europa League in agrodolce, ma può essere l’anno del riscatto

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Il primo giovedì di Europa League non regala vittorie alle italiane, ma protagonisti nel bene e nel male: Strakosha affonda la Lazio, Osimhen salva il Napoli

La tre giorni continentale non si può dire che abbia fatto risplendere più di tanto il Tricolore, con la serata di Europa League addirittura a peggiorare il trend inaugurato dalla più nobile Champions League.

L’esordio della Lazio nella competizione ha proseguito sulla falsa riga di quanto visto a San Siro pochi giorni fa contro il Milan. Biancocelesti spenti e involuti rispetto alle scintille delle primissime apparizioni stagionali e puniti oltre modo dalla colossale paperissima di Strakosha che fissa così un bel chiodo sulla propria presenza in panchina nell’immediato futuro. Anche perché il Galatasaray di Fatih Terim era avversario ostico, ma non certo insuperabile.

Indubbiamente migliore è stata invece la prestazione di un Napoli coriaceo, arcigno e qualitativamente brillante. Oltretutto sul terreno di un Leicester di gran lunga tre le formazioni più pericolose del lotto, andato anche in vantaggio di due reti.

Eppure i ragazzi di Spalletti non si sono demoralizzati, forti di una padronanza del gioco pressoché costante e di un Osimhen letteralmente imprendibile. Il centravanti nigeriano è stato una sentenza in zona gol ma la sua furia agonistica ha seminato il panico a più riprese nella difesa inglese.

Risultati della serata a parte, però, l’ambizione per questa edizione di Europa League deve essere altissima. Una squadra italiana non vince il torneo dal Paleolitico calcistico, ovvero dal 1999 targato Parma e da una competizione che ancora si chiamava Coppa UEFA.

Oltre vent’anni di anonimato o giù di lì, con la beffa subita dall’Inter di Antonio Conte nella finale contro il Siviglia monarca assoluto della manifestazione grazie ai sei trofei conquistati negli ultimi quindici anni.

Al di là del decennale dominio anglo-spagnolo, parliamo pur sempre di una coppa sollevata al cielo da Galatasaray, CSKA Mosca e Shakhtar Donetsk, tutte rigorosamente in epoca più recente rispetto alle nostre portacolori. Ecco, insomma, lo spazio c’è eccome: Sarri e Spalletti hanno tutte le carte in regola per colmare un vuoto ormai insostenibile.

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