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Europa League: la Lazio c’è, il Feyenoord no

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La prima serata di Europa League ha visto una Lazio scintillante contro un Feyenoord che non è più quello di qualche mese fa

Lazio Feyenoord ha aperto l’Europa League con un verdetto inequivocabile: non tragga in inganno il divario limitato a 2 gol, il 4-2 è un risultato figlio del rilassamento della squadra di Sarri dopo avere ottenuto il 4-0 con una facilità sorprendente. E il giorno dopo, la felicità biancoceleste – insieme al Napoli l’unica vincente in questo primo turno europeo – acquista un significato ben sapendo che da una parte si è fornita una prestazione doverosa per partire col piede giusto e per riscattarsi dopo la sconfitta in campionato con la banda Spalletti. Dalla parte olandese, invece, è successo tutto il contrario e il soddisfacente secondo posto in Eredivisie è sembrato pochissima cosa al primo test fuori dai confini.

1 – La Lazio c’è. Il primo messaggio lo ha dato Maurizio Sarri con la formazione di partenza. D’accordo, il Feyenoord è una delle 3 big d’Olanda e non andava sottovalutato. Ma la sensazione di avere messo praticamente la formazione tipo, risparmiando solo Milinkovic-Savic, è stato un segnale chiaro. La risposta è stata corale, con un Luis Alberto in cattedra e non solo per avere sbloccato il risultato dopo appena 4 minuti. Il suo agire tra le linee non è mai stato compreso. Del resto, anche i movimenti di Immobile, che non è andato in gol pure avendone le opportunità, non sono mai stati compresi dal pacchetto arretrato dei Rotterdammers, alquanto disallineato: così si è esaltato Vecino, autore di una doppietta e dell’assist sulla rete d’apertura davvero pregevole. Per la Lazio un bel passo in avanti rispetto al recente passato. L’anno scorso l’Europa League partì con la sconfitta in Turchia ad opera del Galatasaray. E il giudizio fu che non c’era ancora traccia del calcio di Sarri e – quel che più grave – sembrava non vedersi più la Lazio di Immobile, Luis Alberto, Milinkovic. Ieri sera, probabilmente Sarri avrà annotato sul suo taccuino il momento in cui Immobile chiamava a gran voce i compagni a essere compatti nell’organizzare il pressing offensivo: si era già sul 3-0 e vedere quanto impegno ci sia nell’applicazione dei principi del tecnico è stato importante, almeno quanto la “facile” conquista dei primi 3 punti. Unico neo, il finale più che distratto (si è persino rischiato un grottesco 4-3). Sarri ricordi ai suoi che se in questo momento la Lazio è tra tutte le sorelle e sorellastre quella che ha meno punti è per la rete nei minuti conclusivi di Gabbiadini: meglio alzare la soglia d’attenzione, non sempre si può gestire un vantaggio cospicuo.

2 – Il Feyenoord non c’è (più). C’era un derby a distanza temporale nella Capitale: su scala minima quello in Europa League, con la Lazio che è scesa in campo dopo l’inopinata sconfitta della Roma nell’esordio. Un altro era più distante, misurarsi con la finalista della Conference League sconfitta dai giallorossi. Ma quel Feyenoord non c’è più, rivoltato completamente dal mercato. Di superstiti della notte di Tirana all’Olimpico c’erano solo Bijlow (tutt’altro che innocente sul 2-0), Trauner (non proprio nella sua miglior partita) e capitan Kocku (non al massimo della sua autorevolezza se la riserva Gimenez gli ha sottratto l’esecuzione del calcio di rigore). Perciò c’è da capire l’allenatore Arne Slot se guarda la sua squadra come chi deve ancora conoscerla. Peraltro, segnali di preoccupante disattenzione difensiva il suo Feyenoord li aveva già dati in campionato, andando sotto sui campi del Vitesse e delle Go Ahead Eagles, squadre della zona retrocessione. Rispetto all’Ajax visto in Champions League travolgere i Rangers, il Feyenoord è sembrato lontano anni luce, molto più dei soli 2 punti che attualmente li separano in classifica.

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