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2016

Sì, Pogba non è Platini o Zidane

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pogba spalle europei giugno 2016 ifa

L’esordio del centrocampista con la Romania: paragoni sbagliati

Non c’è nulla di strano nella bocciatura di Paul Pogba da parte dei media dopo la sua gara d’esordio all’Europeo. Non fa che confermare quanto è ormai evidente: lo juventino è realmente percepito come il “supereroe” di cui ha parlato recentemente Andrea Agnelli e – di conseguenza – la valutazione delle sue performances non potrà che essere sempre di più drammatizzata. Del resto, già nel riscaldamento di Francia -Romania era lui il personaggio più inquadrato, quello più atteso, la star di una nazionale come quella di Deschamps, che pure a centrocampo ha ipoteticamente ricchezza di soluzioni e che dovrebbe trovare in corso d’opera il protagonista, invece che proclamarlo a priori (il nodo di ogni Mondiale od Europeo in fondo è qui: solo rarissimamente l’uomo da copertina della vigilia resta tale anche alla fine). Ma se Pogba viene percepito così è questione che va oltre il balletto delle cifre attorno al suo presunto trasferimento al Real Madrid, a quel pendolo che oscilla di volta in volta dai 100 ai 130 milioni e via di questo passo. La realtà è che il numero 10 juventino e 15 francese è un tale creatore di calcio originale che ci si aspetta la definitiva consacrazione proprio adesso, in modo da avere (finalmente!) un candidato che possa andare a minacciare la diarchia Lione Messi -Cristiano Ronaldo che ha dominato questi anni. Un profilo perfetto, quello del ragazzo francese, anche per la simpatia che lo accompagna, il carattere scanzonato, il look continuamente reinventato e le ambizioni mai nascoste e ancor più adesso: voler diventare leggenda. Come un Muhammad Ali senza bisogno di prendere a pugni nessuno, ecco chi è Paul.

FRANCIA: DA POGBA CI ASPETTA IL GOL?

Non c’è nulla di strano ma raramente ho assistito a 5,5 in pagella così tanto drammatizzati, che confermano quanto l’informazione secondo per secondo stia finendo per offuscare il senso della misura. Non occorre fare l’elenco dei fuoriclasse che si sono dimostrati tali, riuscendo a dimorare stabilmente nell’immaginario collettivo, sbagliando o non brillando particolarmente nella prova del debutto. Ancor più in una serata dove tutta la squadra non gira a dovere (e non è che la sostituzione anticipata di Pogba abbia variato l’inerzia della gara a favore dei beniamini di casa, il gol di Payet è stato un fulmine a ciel sereno, un exploit del tutto personale dell’uomo più in partita dall’inizio alla fine). La questione vera, che accompagnerà Paul per tutto l’Europeo, è il nesso tra originalità delle sue invenzioni, decisività delle sue prestazioni ed esercizio di una leadership che per la verità, guardando alla tattica, Deschamps non gli ha consegnato, confinandolo sul centro-destra dove le possibilità d’espressione sono minori. Vedendo le singole voci, Pogba ha mancato nella prima, cercando troppo la giocata speciale, un difetto mostrato anche con Allegri e denunciato proprio dal tecnico bianconero, che non può apprezzare quando il suo giocatore cerca troppo la soluzione personale senza leggere – vedi il caso di venerdì sera – il tasso di aggressività esercitato nei suoi confronti. Quanto alla decisività, il primo a essersi preso a schiaffi è stato proprio lui per aver fallito un gol difficile ma impossibile in quella botta al volo sul cross di Payet; ma l’apertura nel primo tempo nell’azione che ha visto Griezmann colpire il palo e molti cambi di campo a memoria mentre il resto dei compagni sembrava non avere idee è stato un contributo di lucidità che gli avrebbe garantito una normalissima sufficienza. Quanto all’esercizio della leadership, conviene ricordare che anche nella Juve la si vede molto più sviluppata quando ha Evra accanto e Khedira sull’altro lato. Guide che un ragazzo di 23 anni sa seguire, anche se poi, messo sul centrodestra per esigenze obbligate, non sono mancate risposte all’altezza (vedi Milan-Juventus, a prescindere del gol decisivo).

POGBA NON È PLATINI O ZIDANE

Si è scritto che Paul senta troppo l’ombra ingombrante di Platini e Zidane. E qui conviene procedere appunto con la giusta dose di ragionevolezza, non guardando all’immagine mitica che li accompagna, ma alle tappe che l’hanno definita nel tempo. Altrimenti il confronto è impari a priori, non si “gioca” alle stesse condizioni. Platini divenne definitivamente il re di Francia nel 1984, anche se di fatto era il giocatore più importante da molti anni. La corona se la guadagnò proprio all’Europeo, infilando gol su gol fino alla finale. Ma se si vede l’esordio, contro la Danimarca per un’ora combinò poco, in linea con i compagni paralizzati dall’emozione. Marcato a uomo dal “pisano” Bergreen, si innervosì alquanto, tanto da segnalarsi più per le reiterate proteste nei confronti del troppo permissivo direttore di gara che per la qualità delle sue giocate. Ma Michel, aspetto un po’ appartato rispetto alla raffinatezza del suo calcio, era anche un trascinatore, capace di estrarre il tutto dal nulla. Come fu la rete del definitivo 1-0, un tiro su una palla vagante, opportunamente corretta da una deviazione avversaria, quella che non ha avuto Pogba, più giovane di 5 anni e con un Mondiale in meno d’esperienza. Quanto a Zidane, non si guardi quello del biennio d’oro 1998-2000, con Mondiale ed Europeo in sequenza (per quanto, anche lì, almeno nel primo caso gli bastò una grande finale per passare alla storia, altrimenti sarebbe stato colui che si era fatto espellere durante il girone). Prendiamo il suo debutto a Euro 1996, anch’egli in un Francia-Romania, deciso di misura da una rete dell’amico Dugarry. Tanta attenzione sul nuovo acquisto juventino e subito qualche domanda spinosa dopo appena 90 minuti: davvero merita il numero 10 dei Bleus?  Si scrisse pure che nell’impostazione aveva dimostrato molta meno precisione di Deschamps (come vedete il mondo è piccolo…). Ed anche lui venne sostituito, peraltro proprio dopo aver sfiorato la rete su punizione. E allora, sì, Pogba non è Platini o Zidane. E non lo è per ruolo, intanto. Ma Pogba ha ancora tutto il tempo davanti a sé. Per sbagliare ancora, certo, e magari essere il flop di questo Europeo, se continuerà il trend della prima prova. Ma evitiamo paragoni suggestivi scambiando l’inizio della storia con la morale della favola che Paul ha ancora tutto il diritto di viversi.

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