2015
Esegesi della sostituzione Pazzini – Bocchetti
Inzaghi sempre più distante dal controllo del Milan: le modalità del 2-2 con il Verona non lasciano più spazio a dubbi
Siamo al minuto 77, con il Milan a fatica in vantaggio su un propositivo Verona, momento della gara che consiglia ad Inzaghi il mortifero avvicendamento tra Pazzini e Bocchetti: non si entra nel merito del livello dei singoli quanto del segnale lanciato dalla sostituzione. Fuori un centravanti di ruolo, in campo un difensore centrale per dar manforte alla retroguardia e conservare lo striminzito vantaggio.
PERCHE’ NO: SEI IL MILAN – Le ragioni che spingono a valutare questa scelta totalmente infondata sono di tre ordini essenziali: il primo è di natura sensoriale. Il segnale che una sostituzione così difensiva lancia alla squadra è catastrofico: sei il Milan, storicamente ed attualmente club di altro pianeta rispetto alle dotazioni del piccolo Verona, eppure per restare in vantaggio – peraltro in casa, tra le mura amiche del San Siro – hai bisogno di serrare le fila e scegliere consapevolmente di retrocedere e soffrire fino all’ultimo minuto. Scelta adottata nondimeno in una fase della partita, forse l’unica, in cui il Milan si lasciava preferire all’avversario. Ma non solo: il segnale che mandi alla tua squadra non è l’unico, a fargli compagnia è quello lanciato agli avversari. Per larghi tratti della gara, seppur senza strafare, il Verona ha imposto il suo dinamismo ai rossoneri e ha avuto le sue chance per fare male: Mandorlini, che stupido non è, ha incoraggiato i suoi al momento della scelta adottata da Inzaghi spingendoli a dare il tutto per tutto anche a costo di subire un altro gol. L’effetto è stato quello di realizzarlo, il gol, e portarsi a casa un meritatissimo pareggio.
PERCHE’ NO: TATTICA – Aspetto in stretta relazione con la conclusione tratta del primo: lasciando del tutto il pallino all’avversario, chiunque esso sia, ti esponi giocoforza alla sua intraprendenza. Tradotto: se non sei una squadra dalla solida attitudine difensiva il rischio che il gol prima o poi arrivi è altissimo. E se la tua difesa – o più in generale la tenuta complessiva – è la decima del torneo va da sé che una scelta del genere risulti precipitosa. Il Milan quando attaccato sbanda: Inzaghi vuoi per considerazioni personali, vuoi per prestazioni inappropriate dei singoli, vuoi per infortuni ha costantemente stravolto il suo pacchetto arretrato con l’evidente conseguenza di equilibri mai nati e radicati. E, va ripetuto, in quel preciso istante della gara magari la sostituzione giusta era quella di richiamare in panchina un Menez stremato e poco disponibile al dialogo (cambiato poi inutilmente al 91’ minuto con Destro, ma perché se lo è fatto acquistare?) per immettere un riferimento offensivo che consentisse alla squadra di guadagnare importanti metri di campo.
PERCHE’ NO: L’ERRORE DI BOCCHETTI – Nulla contro un difensore che peraltro gode del personale apprezzamento di chi vi scrive ma a conti fatti l’errore che porta in pieno recupero al definitivo 2-2 di Nico Lopez porta proprio la sua firma: lancio dalle retrovie, spizzata di Gomez in occasione della quale Bocchetti buca totalmente l’intervento e per Lopez è un gioco da ragazzi aumentare il passo, entrare in area di rigore e freddare Diego Lopez. Corsi e ricorsi storici: Inter-Verona, risultato di 2-2, arrivato nel finale e con gol del giovane attaccante uruguaiano. Ah, esonero di Mazzarri. Serve altro? Vero, siamo ai limiti dell’incredibile, quando il confine tra coincidenza e destino diventa davvero impercettibile. Ma l’ambiente è sempre più frustrato e pretende altro: tutto in discussione oggi, la proprietà che ha portato il Diavolo ad essere il club più vincente in ambito internazionale (in tanti sperano nell’immediato passaggio di proprietà di cui si discute nella stretta attualità), la dirigenza rea di riconoscere ingaggi elevati a troppi giocatori inutili alla causa (ricordiamo come il Milan conceda il terzo monte ingaggi complessivo della Serie A) e la guida tecnica di cui si è già detto tutto. Del resto, che l’esperimento Guardiola sia meravigliosamente riuscito non sta a significare che sia facilmente replicabile dagli altri.