2014
Esclusiva – Boca Juniors, la storia di Serafino: “Tevez grande uomo prima che calciatore, vi racconto la mia vita tra Fort Apache e Bombonera”
Il calcio a volte regala storie bellissime, di quelle che ti stringono il cuore. Tirare calci ad un pallone a volte vuol dire tanto, tutto. Significa avere una speranza, coltivare dei sogni. Nel 2007 un ragazzino di belle speranze lascia Fuscaldo, piccolo paese alla provincia di Cosenza. Stiamo parlando del giovanissimo Francesco Serafino, un talento con il dribbling nel sangue. Dopo l’esperienza nelle giovanili della Roma Francesco si trasferisce con il padre cantautore in Argentina, nel 2009. Francesco ci ha raccontato in esclusiva la sua storia, i suoi sogni che sta coronando ovvero giocare nel club più importante del Sud America, il Boca Juniors.
Francesco la tua è una storia particolare e molto intensa, ti va di raccontarcela? Se non sbaglio nel 2009 hai lasciato l’Italia per l’Argentina.
“Si, giocavo negli ‘esordienti’ della Roma, una esperienza bellissima, ma mio padre doveva trasferirsi per lavoro in Argentina ed io dovevo andare con lui. Al principio non fu tutto rose e fiori perchè la differenza fra i due Paesi è notevole, ma poi tutto comincio’ a girare per il verso giusto, ed ora eccomi qui, nel Club più prestigioso del Sudamerica”.
Quali difficoltà hai trovato all’inizio? Mi viene da pensare alla lingua e alla lontananza da casa.
“All’inizio la lingua naturalmente, la scuola, ma anche calcisticamente. Qui si gioca in modo più individuale ed è tutto basato sulla tecnica,quindi per farsi largo è stata dura. Qui i difensori ti piacchiano di più e non hai molto tempo per ragionare, gli arbitri lasciano giocare di più”.
Per te non sarà stato facile, essendo molto giovane. Come ti hanno accolto i compagni?
“Quando ancora non parlavo spagnolo, mi vedevano come un extraterrestre(ride ndr).Ora sono amico di tutti e nel Boca mi hanno accolto benissimo”.
Chi ti portò a fare il provino con loro? Ricordi le sensazioni di quel giorno?
“Certo che mi ricordo! Ho fatto un gol da fuori area all’incrocio, una emozione incredibile perchè qui il Boca è visto come una istituzione quasi irraggiungibile per chi gioca a calcio, è molto difficile entrare a far parte del Club. Il signor Silvano Pillani mi ha portato a fare il provino. Poi è stato merito del coordinatore Jorge Raffo, che già mi conosceva quando era il responsabile della cantera del Barcellona in Argentina. Anche la cantera del Barcellona in Argentina mi scelse ma non potevo conciliare gli impegni degli allenamenti e la scuola”.
Per quale motivo? C’erano troppe sedute al giorno?
“Io uscivo di scuola alle 15 e il centro sportivo che aveva il Barcellona in Argentina era molto lontano. Ora con il Boca ci alleniamo il mattino e a volte il pomeriggio e la scuola la frequento di sera”.
Il Boca, la squadra del cuore di Carlitos Tevez. Anche tu come lui, hai vissuto nel Fort Apache.
“Si, ho vissuto ai margini del Fort lo scorso anno in una pensione con altri calciatori, una esperienza che mi ha arricchito molto. Ho capito il perchè della forza umana di un calciatore come Tevez, il carattere e la voglia di non arrendersi mai. Il calcio qui è vissuto come riscatto sociale”.
Dalle tue parole si evince una maturità superiore alla tua giovane età. Ti senti più grande rispetto ai tuoi coetanei?
“Credo che i mesi vissuti a contatto con i ragazzi del Fort Apache mi hanno aiutato a maturare, in quelle zone capisci che a volte le cose che per noi sembrano importanti, in effetti non lo sono ed altre cose a cui non hai mai dato importanza prima, presti più attenzione”.
Cosa ti manca dell’Italia? Quando sei tornato l’ultima volta?
“Ho fatto un salto in Italia nell’estate del 2012 e del mio Paese mi mancano gli amici e il mare e i parenti pià stretti chiaramente”.
Adesso hai coronato il tuo sogno, sei stato tesserato dal Boca Juniors. Hai già esordito?
“Mi alleno con il club da otto mesi ma non potevo essere tesserato perche’ in Argentina si apre a febbraio il tesseramento. Ho gia’ esordito in un torneo e domenica scorsa è iniziato il campionato AFA, ma siamo in attesa dell’autorizzazione FIFA in quanto straniero“.
E’ vero che ti chiamano ‘Tano’? Perchè?
“Perchè noi italiani veniamo chiamati così a Buenos Aires. In principio era il diminutivo di napoletano, poi lo hanno esteso a tutti gli emigranti italiani”.
Sei il secondo italiano che si appresta ad indossare la gloriosa maglia del Boca, venite dallo stesso Paese.
“In effetti sono il primo dopo 50 anni ad essere tesserato per il Boca, ma prima di Nicolas Novello credo che altri italiani hanno giocato per il Club”.
Sei mai andato alla Bombonera? Se si, che emozioni regala?
“Certo che sono andato e domenica andro’ a vedere il Super Classico contro il River. La Bombonera è qualcosa di indescrivibile, è uno stadio che quando gioca il Boca esplode di passione canti e urla a favore degli xeneizes”.
Ti piacerebbe tornare in Italia, magari alla Roma con Bruno Conti?
“Certo, sarebbe bello, Bruno Conti mi ha dato la possibilità di vivere un anno fantastico alla Roma, però ora devo pensare al Boca, un club che mi ha dato fiducia e che mi sta trattando benissimo”.
Risposta secca: se dovessi scegliere tra la Nazionale argentina e quella italiana?
“Italia senza dubbio”.
Meglio l’asado o i cudduraci?
“Grande, i cudduraci mi fanno impazzire cosi come l’asado. Diciamo tutti e due, nello stesso piatto”.