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Pro Eriksen e Pro Conte: l’inutile guerra fratricida tra tifosi interisti

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Il clamoroso caso Eriksen-Conte ha letteralmente spaccato il popolo interista in una guerriglia social tra chi difende a spada tratta il giocatore e chi pretende molto di più da lui

Anche in settimane cruciali per la stagione, non c’è speranza di avere attimi di pace in casa nerazzurra. Le tre vittorie consecutive dimenticate o quasi, la sfida decisiva contro lo Shakhtar una pagliuzza nell’enorme trave del dibattito aperto tra i sostenitori di Eriksen e quelli di Conte.

Il convincente successo contro il Bologna ha lasciato immediatamente spazio alla polemica. Lo sguardo triste e malinconico del danese prima del suo ingresso ha scatenato reazioni bollenti tra gli “haters” del tecnico. Inutile negare un’evidente verità: sono tanti, tantissimi, i tifosi nerazzurri che non accettano (e mai lo faranno) il lungo passato bianconero del salentino.

Così, ogni situazione limite diventa il pretesto per insultare e criticare, nel più oxfordiano dei casi, a suon di #conteout. Che sia una sconfitta, una prestazione poco convincente o la gestione di qualche giocatore. Perché il cieco pregiudizio nei confronti di Antonio Conte resta vivo come non mai.

Ciò che i suoi detrattori ora gli imputano è il trattamento riservato al danese che ha solleticato l’umiliazione, quasi una sorta di messaggio per chiarire una volta di più quanto fiducia e considerazione siano sotto zero. Insomma, va bene il professionismo estremo, ma un minimo di cura per le esigenze dell’anima umana sarebbe auspicabile.

Sull’altro fronte della guerra fratricida tra nerazzurri, ci sono invece coloro che da Christian Eriksen si aspettavano molto di più. Perché è innegabile che abbia avuto le sue occasioni, oltretutto favorito anche dall’inserimento del trequartista nello scacchiere tattico. Mai, nei suoi 10 mesi meneghini, il talento di Middelfart ha dato però la sensazione di sentirsi a proprio agio. Tecnicamente, ma soprattutto mentalmente.

E su questo aspetto si concentrano le critiche maggiori al centrocampista arrivato dal Tottenham. Poco incisivo, poco coraggioso, mai determinante, perennemente un pesce fuor d’acqua. Con la sensazione che il ragazzo non si senta libero e sereno dal punto di vista umano. E, forse, non furono un caso le dichiarazioni d’aiuto di Lukaku, il quale lo invitava a imparare l’italiano per provare a integrarsi meglio.

La verità dove sta? Nel mezzo, probabilmente, ma facciamocene una ragione: sarà difficile chiarirla fino in fondo. C’è però un particolare che tutti o quasi spesso ignorano: l’allenatore e il suo staff hanno sotto gli occhi i giocatori ogni giorno, conoscono dettagli dei loro comportamenti e delle loro condizioni che nessuno all’esterno potrà mai comprendere.

Ecco perché la soluzione più logica è soltanto una: il partito Pro Eriksen e il partito Pro Conte facciano un bel rimpasto di Governo e diano nuova vita alla coalizione Pro Inter. Perché, come si dice, allenatori e giocatori vanno e vengono, ma il club resta.

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