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Harry ti presento Sarri

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Chi è Maurizio Sarri? Allenatore dell’Empoli, ex bancario, fumatore incallito e altro ancora: ecco il ritratto di un allenatore che sa cosa significhi “gavetta”

DALLA VAL DI CHIANA A SAN SIROFigline Valdarno è terra di ciclisti. Qui è nato infatti Amerigo Sarri, corridore professionista che intorno alla metà degli anni cinquanta emigrò verso Napoli, quartiere di Bagnoli per la precisione, perché lavorava in un’impresa edile sotto il Vesuvio. Il 10 gennaio 1959 nacque proprio nel capoluogo campano il figlio di Amerigo, che dal padre avrebbe preso la tenacia e la passione per lo sport: Maurizio Sarri. Arrivato in Serie A solo quest’anno, Sarri è uno di quegli allenatori che non solo hanno fatto la gavetta, ma che da essa hanno tratto la forza della loro professione. Basti pensare che la scorsa settimana il suo Empoli ha affrontato il Milan, ma quindici anni fa andava in trasferta a Civitella Val di Chiana, un comune dell’aretino. Ah già, a quei tempi allenava solamente la sera, rigorosamente dopo le 18, perché i calciatori lavoravano quasi tutti e anche lui doveva sgobbare in banca. Bancario, non banchiere, ma comunque con una cultura e un’organizzazione del lavoro che sarebbero diventate i suoi punti di forza.

IL VESTITO BUONO – Per chi nasce nelle famiglie di lavoratori, il vestito buono è una sorta di topos: mai e poi mai sporcarlo, altrimenti sono guai. Questo insegnamento Sarri dev’esserselo portato dietro fin dall’infanzia, visto che se la mattina in banca indossava giacca e cravatta, la sera cambiava abito e si presentava vestito di scuro di tutto punto ad allenare lo Stia o il Cavriglia o l’Antella oppure la Faellese, tutte squadre che esistono davvero dislocate nella provincia di Arezzo, una di quelle con i nomi più ancestrali dell’intero centro Italia. L’ossessione maniacale per la manovra e per il gioco in generale si riscontrano fin dalle sue esperienze nelle serie minori, tant’è che quando fa il grande salto al Sansovino un suo giocatore si mette a contare gli schemi proposti dal mister e ne trova 33, per cui diventa Mister 33 Schemi, soprannome non originalissimo ma calzante. E’ proprio Sansovino il crocevia della sua carriera: nel 2000 gli arancioblu sono in Eccellenza e chiamano proprio il 41enne Sarri alla guida. Il toscano però deve scegliere, di fronte a sé ha la possibilità di vivere di calcio e di non dover timbrare il cartellino in banca alle 8 la mattina, dall’altra parte c’è un rischio da correre, quello di lasciare un lavoro certo per uno di quelli più saltuari nel mondo dello sport. Sarri rischia, e fa pure bene. Nel 2001 lascia la banca perché il Sansovino è lanciatissimo, in tre stagioni arrivano addirittura la C2 e un Coppa di Serie D.

IL SALTO – Prima Economia e Commercio, poi Statistica, poi la banca con la direzione centrale e anche carriera all’estero nella finanza delle grandi aziende, poi consulente finanziario e infine la Serie C. Dopo Valdema e Tegoleto, il Sansovino dà la grande chance tra i professionisti a Sarri, che la sfrutta al meglio e viene chiamato ad allenare la Sangiovannese, dove trova in attacco un Ciccio Baiano un po’ invecchiato ma comunque sempre prolifico. Anche a San Giovanni Valdarno, vicino alla sua casa di Vaggio, ottiene risultati straordinari e porta i biancoazzurri in C1, dove alla fine del 2004-05 arriva ottavo. E’ il punto massimo della sua carriera fino a quel momento, le sue squadre giocano a memoria modellate su un 4-3-1-2 dove il giro palla è una costante, marchio di fabbrica ancora oggi del gioco di Sarri. Dopo San Giovanni arriva l’esordio in B al Pescara, guidato all’undicesimo posto in B, e qui incontra Daniele Croce, il prototipo del suo giocatore tipo che condividerà con Sarri ben quattro delle sue successive destinazioni. Finita l’avventura all’Adriatico inizia un periodo non fortunatissimo per l’allenatore toscano che viene esonerato in corsa ad Arezzo (dove succede a Conte, attuale ct) e si dimette dopo una sola gara nel 2007 a Avellino, per mancanza di programmazione. Le successive avventura a Grosseto, Verona e Perugia sono più un riempitivo per il CV che altro. Il rilancio potrebbe arrivare ad Alessandria ma anche lì dura solo un anno prima dell’ultimo esonero a Sorrento e la profetica chiamata dell’estate 2012.

AMORE A PRIMA VISTA – In quel periodo l’Empoli naviga da un po’ troppo tempo in B e viene da una stagione dove solo una pazza finale playout con il Vicenza al Castellani lo ha salvato dalla beffa della Lega Pro. L’inizio nella città del carciofo è disastroso, ma a Lanciano in ottobre avviene la trasformazione del suo Empoli, che inizia a recepire gli schemi di Sarri e ingrana in modo considerevole finendo il campionato come primo delle non elette dietro al portentoso trio SassuoloVeronaLivorno. Dai playout ai playoff in un anno e la mano di Sarri si sente eccome, anche se poi in finale all’Ardenza un gol di Paulinho condanna a un altro anno di B gli azzurri. Il popolo empolese apprezza sia il gioco che il carattere, altra componente fondamentale delle squadre del figlinese e si crea uno straordinario connubio tra squadra e città culminato lo scorso giugno con il 2-0 al Pescara e la promozione nella massima serie. Ancora una volta è il 4-3-1-2 a farla da padrone: l’Empoli gioca con la difesa alta e sa far male palla al piede, è uno degli esempi più calzanti di squadra che arriva ai risultati attraverso il gioco. Perdere per perdere, tanto vale provarci, e questa filosofia per Sarri si è rivelata più che vincente in riva all’Arno, il fiume che ha seguito quasi tutta la sua carriera da bancario e allenatore per passione a mister di Serie A al pari di Allegri o Garcia, coi quali condivide l’espressione del volto corrucciata, un po’ come gli attori francesi di un tempo.

SONO FORTUNATO – L’Empoli di Sarri è un piccolo gioiello, ma magari passerà inosservato del mare magnum dei 5-3-2 della Serie A. Non ha molte chance di salvarsi, ma d’altronde neppure lo spregiudicato Sassuolo di Di Francesco dell’anno scorso le aveva, eppure è ancora in A. A Empoli Sarri ha trovato la propria casa, tutta gente tranquilla e lavoratrice, senza mai scordarsi le umili radici, e sarebbe da scommetterci che se la domenica pomeriggio non si giocasse a pallone al Castellani giocatori e dirigenti si troverebbero per il rituale del pranzo della domenica. Anche in Serie A i dettami di Sarri non sono cambiati, sul mercato la squadra non è cambiata quasi per niente e l’ex bancario ha dato fiducia agli uomini della B. L’Empoli gioca bene, questo è il punto, troppo bene per essere una neopromossa: agisce in verticale, tiene alti i difensori e sovrappone sulle fasce. Non ha paura di attaccare e di tenere il pallino del gioco, pure contro le squadre più quotate; certo, è ancora un po’ leggero e inesperto, e questo potrebbe essere un difetto decisivo, se riuscisse a limarlo allora a Empoli potrebbero addirittura sperare di restare ancora in A. E’ la maniacalità sul lavoro quel che colpisce del tecnico, che dice di aver mutuato il senso dell’organizzazione dalla sua vecchia professione: razionale ma capillare, Sarri ha le schede di tutti i suoi giocatori e non vuole avere rose ampie. E’ un antidivo, va in panchina in tuta e con una cicca in bocca perché è un fumatore incallito e in panchina è vietato, ma le sue tattiche le studiano a Coverciano. E’ anche l’allenatore meno pagato della Serie A, ma chi glielo ha fatto notare ha risposto fuori dai denti: «Non scherziamo veramente. Sono figlio di operai, ciò che percepisco basta e avanza. Mi pagano per fare una cosa che avrei fatto la sera, dopo il lavoro e gratis. Sono fortunato».

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