2014

Eintracht Braunschweig, una lezione al calcio italiano. E a Squinzi

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SERIE A SASSUOLO ESONERI EINTRACHT BRAUNSCHWEIG – Peggior attacco della Bundesliga (16 gol attivo in 22 giornate) e ultima posizione a quota quindici punti. A dodici giornate dal termine il destino dell’Eintracht Braunschweig sembra segnato, nonostante il terzultimo posto – che garantirebbe lo spareggio con la terza forza della Zweite Bundesliga, la seconda divisione tedesca – disti solamente quattro punti. Qual è, quindi, la soluzione più scontata? L’esonero dell’allenatore, ovviamente, l’unico responsabile di una stagione a dir poco negativa. Non in Germania, dove, ahinoi, la mentalità è diversa. Meno male, verrebbe da dire.

PROGRAMMAZIONE – Già, perché, nonostante la truppa tedesca sia reduce da un ko piuttosto bruciante – 2-1 a Norimberga, con gli avversari in dieci uomini dalla mezz’ora del primo tempo – la società ha deciso di confermare la fiducia a Torsten Liberknecht, tecnico che, a ventotto anni di distanza, ha regalato la promozione in Bundesliga all’Enitracht, al termine di una stagione esaltante. Non solo: Sebastian Ebel, presidente del club, ha deciso di prolungare l’accordo con il proprio allenatore sino al 2017. Al di là di come andrà a finire la stagione – abbastanza compromessa, comunque – ciò dimostra tutta la differenza tra il calcio italiano e quello tedesco, dove la programmazione è alla base di ogni tipo di scelta. E, soprattutto, la consapevolezza che i miracoli non si possono fare: essere a quattro punti da una ipotetica e insperata salvezza è comunque sintomo di un ottimo lavoro.

ITALIA – Come quello che a Sassuolo stava facendo Eusebio Di Francesco, e non ce ne voglia Alberto Malesani. Prima della discutibile scelta di Squinzi, i neroverdi veleggiavano in piena zona salvezza: terzultimo posto a meno uno da Bologna e Chievo, con il Catania, fanalino di coda, staccato di quattro lunghezze. Poi, però, è intervenuto il patron in prima persona, deciso a cambiare guida tecnica: prima l’idea Inzaghi – sarebbe cambiato qualcosa assumendo un allenatore che, sino ad oggi, si è confrontato solo con le realtà giovanili? – e poi la certezza Malesani, fatta, però, di quattro sconfitte in altrettante uscite. Non il massimo, insomma, con la squadra che adesso si trova sul fondo della classifica, a quattro punti di distanza da Bologna e Chievo.

ERRORI – Senza dimenticare, poi, tutti gli errori commessi cacciando Di Francesco, entrato nella storia del club per via della prima storica promozione in Serie A ottenuta la scorsa stagione. Con una squadra buona, sì, ma ricca di tanti giovani, valorizzati dal tecnico abruzzese, abile anche nel dare un bel gioco e un’identità alla sua squadra, merce rara di questi tempi. Su tutti Domenico Berardi, che, guarda caso, da quando Malesani siede sulla panchina del Sassuolo è scomparso: non proprio una coincidenza. Esonerato, tra l’altro, nel pieno di una rivoluzione all’interno della squadra, con l’acquisto massiccio di giocatori d’esperienza – sicuri che con Di Francesco avrebbero fatto peggio? – per centrare l’obiettivo della salvezza. Che, però, adesso si allontana: Squinzi prenda esempio e insieme a lui molti presidenti di A. Programmazione e consapevolezza dei propri mezzi sono la ricetta per creare una società solida. E, senza dubbio, un po’ di sana competenza calcistica.

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