Edmar, "uno alla Boninsegna"... - Calcio News 24
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2009

Edmar, “uno alla Boninsegna”…

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Edmar Bernardes dos Santos, in arte solo Edmar, nasce nella città  mineraria di Araxà¡, in Brasile, il 20 gennaio 1960.

Ultimo di nove figli, si appassiona subito al “futebol”, diventando presto un astro nascente del panorama calcistico brasiliano. Dopo gli scintillanti inizi nel Brasilia (due volte campione del Distretto Federale), ha modo di vestire, una dietro l’altra, le maglie di alcuni dei più prestigiosi club del paese, tra gli altri: Flamengo, Palmeiras, Corinthians, con i quali realizza un bottino impressionante di reti (la leggenda narra che ne abbia segnato più di 500 nei vari campionati brasiliani), guadagnandosi la convocazione nella nazionale olimpica, zeppa di futuri campioni (Andrè Cruz, Romario, Taffarel, Bebeto ecc.), che ai Giochi di Seul ’88, anche grazie alle sue ottime prestazioni, vince la medaglia d’argento. Arrendendosi in finale solo all’Unione Sovietica di Igor Dobrovolski.

Forte di ottime referenze, due volte capocannoniere del Paulistà£o (Taubatè “?80 e Corinthians “?87), una del Campionato Mineiro (Cruzeiro “?81) e una volta anche del Brasileirà£o (Guaranì “?85), circondato dall’aurea di bomber implacabile, arriva a Pescara nella stagione 1988-89, al secondo anno consecutivo in serie A per la squadra di Giovanni Galeone.

Il commendator Scibilia, presidentissimo dei biancoazzurri, desideroso di non ripetere gli affanni dell’anno precedente, quando il Pescara si era salvato solo grazie alla riduzione del numero delle squadre che sarebbero retrocesse e alla penalizzazione dell’Empoli, partito da -5, decide di fare le cose in grande, e regala ai tifosi abruzzesi un fantastico “trittico brasileiro”.

Al blasonatissimo Leovegildo Lins Gama, meglio conosciuto come Junior (ma per i pescaresi solo Leo), ex granata, ma a Pescara già  da un anno, affianca Milton Queiroz da Paixà£o detto Tita, attaccante, considerato da tutti l’erede di Zico, prelevato dai tedeschi del Bayern Leverkusen, con cui aveva appena vinto la Coppa UEFA, e appunto Edmar, per il cui cartellino la cifra investita è di un miliardo di lire (spesa nient’affatto di poco conto per l’epoca).

A dirla tutta, altri erano gli obiettivi del Pescara per quella stagione. Pare infatti che Franco Dal Cin, deus ex machina nel trasferimento di Zico all’Udinese, avesse segnalato a Galeone l’acquisto di due giovani e promettenti brasiliani del Vasco da Gama, tali Romà¡rio de Souza Faria, meglio noto solo come Romà¡rio (si, proprio lui!) e Geovani Faria da Silva, ma per tutti solo Geovani (futuro bolognese).

La trattativa per portare i due talentuosi attaccanti saltò poichè Antà´nio Soares Calà§ada, presidente del prestigioso sodalizio di Rio de Janeiro, considerato che solo pochi giorni prima la Roma aveva ingaggiato dal Flamengo Renato Portaluppi per 4 miliardi di lire, volle rilanciare sul prezzo, facendo naufragare l’affare.

Preso atto della situazione, Scibilia, che già  era poco convinto dell’acquisto di due ragazzi troppo giovani a parer suo, decise di puntare su atleti un tantino più esperti, aprendo le porte del Pescara ad un’altra coppia di brasiliani.

“Con Edmar e Tita, giocatori che avevo chiesto io stesso, abbiamo incrementato sensibilmente il tasso tecnico della squadra”, il commento di Galeone a chiusura della campagna acquisti della sua squadra.

I due nuovi brasiliani accanto al grande capitano Junior compongono sulla carta un tris d’assi che entusiasma i tifosi biancazzurri. Con loro tre, si commenta in città , restare in serie A sarebbe stato uno scherzo. Anche Galeone non fa mistero delle sue ottimistiche aspettative: “Ho seguito a lungo Edmar e Tita, due giocatori non più giovanissimi ma talmente esperti da poter prendere per mano la squadra e guidarla nel migliore dei modi. Lo penso e ovviamente”¦lo spero”.

Purtroppo per Galeone e per i tifosi, la squadra, dopo la salvezza ottenuta in extremis l’anno prima, retrocede mestamente in serie B, complice un disgraziato girone di ritorno, cancellando d’un sol colpo la favola del “Pescara dei Miracoli”.

Edmar, che sarebbe dovuto essere il centravanti del salto di qualità , durante la sua permanenza in Italia non da mai l’impressione di essere quel goleador di razza che spopolava in Brasile. E pensare che al suo arrivo contava già  3 presenze e un gol con la Seleà§à£o (alla fine saranno sei i gettoni di presenza con i verdeoro con tre gol).

Il vero problema per l’attaccante è quello dell’ambientamento. Eppure, dopo essere stato accolto manco fosse Maradona, in un’intervista si lascia andare ad un commento memorabile, dichiarando che difficilmente avrebbe sofferto di saudade perchè “”¦mi hanno detto che Pescara è come Rio”¦!”

I primi mesi trascorsi in Italia, invece, si rivelano tutt’altro che facili, soprattutto per chi, come lui, avendo giocato solo in Brasile, non è abituato alle asfissianti marcature a uomo, e in generale all’esasperato tatticismo che caratterizza il calcio nostrano.

Edmar fa il suo esordio in A alla prima giornata di campionato, in un Pescara-Roma 0-0. La domenica successiva nonostante la sconfitta interna contro il Milan di Sacchi per 3-1 il brasiliano realizza il suo primo gol.

Galeone, però non è affatto contento delle sue prestazioni, così dopo il sonoro 8-2 rifilato agli abruzzesi dal Napoli di Maradona, alla terza giornata di campionato, irritato sbotta: “La campagna acquisti l’ho avallata io e quindi devo assumermene la responsabilità . In fondo questa è la squadra dell’anno scorso, con Edmar e Tita al posto di Gaudenzi e SliskoviÃ?Â?. Tita è bravo, Edmar non la piglia quasi mai, mi rifiuto di credere che questo sia il centravanti del Brasile, ma sarebbe ingiusto buttare la croce addosso a lui dopo tre domeniche, bisogna dargli il tempo di capire di più il calcio italiano”.

Edmar però, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, il nostro calcio non riuscirà  a capirlo mai. Alle prime difficoltà , infatti, si andrà  ad aggiungere lo scarso feeling che man mano emerge nel rapporto con Galeone. Il tecnico napoletano, infatti, è sempre più restio a non farlo giocare, considerato che la squadra con il passare del tempo pare andar meglio senza di lui.

Eppure, incredibile a dirsi, era stato proprio Galeone ad approvare il suo acquisto: “Di Edmar parlano tutti bene “? aveva dichiarato “? “uno alla Boninsegna”, mi ha detto Pierpaolo Marino”.

Nei suoi anni in Italia la punta non lega con nessuno degli allenatori che si susseguono sulla panchina del Pescara: Galeone prima, poi Castagner, Reja, e ancora Galeone, e il suo rendimento è sempre al di sotto delle aspettative. Ventotto partite e quattro gol il primo anno in A e appena ventisei partite e due gol nei successivi due anni in B. Il resto del tempo, Edmar lo passa in tribuna: impossibile cederlo visto il contratto di ferro che lo lega al team pescarese.

All’inizio della stagione 1990-91, Carletto Mazzone gli vuol dare l’ennesima chance, schierandolo in Coppa Italia, ma con scarsi risultati. Così Edmar riprende nuovamente la via che conosce benissimo, quella della tribuna.

Dopo tre anni in Italia ritorna in Brasile, tra le fila dell’Atletico Mineiro, dove vince il torneo dello Stato di Minas Gerais nel ’91. Ormai trentacinquenne, va a giocare finanche in Giappone, col Vegalta Sendai, dove forma con Pierre Littbarski, una stagionata coppia di “vecchietti del gol”.

Quando pare giunto al capolinea, ecco che il vecchio amico Careca lo coinvolge in una nuova avventura. I due fondano nel 1998 il Campinas Futebol Clube. Edmar inizialmente vi chiude la carriera di calciatore, per poi passare dietro la scrivania, nel ruolo di vicepresidente prima e di presidente poi, succedendo all’ex bomber napoletano.

L’esperienza di Edmar a Pescara resta inequivocabilmente legata a Giovanni Galeone. Il rapporto tra il “profeta del calcio champagne” e il centravanti brasiliano poteva essere riassunto in una sorta di “Odi et amo” catulliano. Forse più “odi” che “amo”. Le belle parole spese al suo arrivo, infatti, lasciarono presto spazio a critiche feroci. Non tanto per la pochezza dimostrata, quanto piuttosto a causa della frustrazione per le potenzialità  inspiegabilmente inespresse.

Anche Edmar, però, ci mise del suo, non solo dimostrando, in campo, che la scelta di Galeone, di estrometterlo dall’undici titolare, tanto peregrina non era; ma anche fuori dal terreno di gioco, considerato che quando le sorti della squadra iniziarono a prendere una brutta piega, non fece mistero di remare contro l’allenatore, ammanicato com’era con Scibilia.

C’è da dire però che quando Galeone venne richiamato al capezzale del “suo” Pescara, a novembre del ’90, per risollevarne le sorti di una classifica disastrata, la sua prima mossa, ispirata al più classico “scurdammece “?o passato”¦”, fu quella di richiamare dall’esilio dorato proprio Edmar, sicuro che, almeno in cadetteria, il suo talento poteva fare la differenza. Peccato che l’unica cosa che cambiò fu la visuale dalla quale Edmar assisteva alle partite: la panchina, invece della tribuna.

Certo, qualche volta entrava (addirittura!) pure in campo, ovviamente senza lasciare alcun segno sul tabellino; ma quando non giocava, quasi sempre, non smetteva di perseverare, come aveva fatto in precedenza, nel suo passatempo preferito: contestare gli allenatori, che secondo lui non lo capivano.

Antonio Vespasiano

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