Colpevole, di un palpito - Calcio News 24
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2015

Colpevole, di un palpito

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Editoriali: Maurizio Sarri lascia Empoli, ma soprattutto lascia un vuoto a Empoli

Con il caldo che fa in questi giorni, a Empoli non si respira. Si suda anche stare in piedi davanti alla finestra a guardare Piazza della Vittoria oppure Piazza dei Leoni deserte, con il sole che risalta i colori scuri delle due chiese. I pochi viandanti, molto spesso gente che torna da scuola o che va al lavoro in centro, camminano a capo chino verso la loro destinazione, ma lentamente, quasi spaesati. Perché a Empoli non fa solo caldo oggi, c’è qualcosa di diverso nell’aria, qualcosa di più astratto ma anche di più concreto. Per spiegare questo sentimento, perché di sentimento si tratta, bisogna andare indietro almeno di un anno, un anno esatto più o meno: si è appena giocata la partita tra l’Empoli e il Pescara al Castellani, i padroni di casa hanno vinto due a zero e sono tornati in Serie A, dopo la festa allo stadio le vide della cittadina toscana pullulano di azzurro. Oppure l’anno prima ancora, sempre nello stesso periodo e sempre con un’afa poco sostenibile, quando l’Empoli di ritorno dalla finale persa ai playoff col Livorno venne accolto da migliaia di tifosi. Oppure qualche giorno fa, dopo il pareggio in casa con la Sampdoria e l’ultima partita giocata al Castellani da un Empoli ormai salvo, quando a agosto in molti lo davano per spacciato. Per spiegare lo scoramento, il senso di lentezza che nelle ultime ore avvolge Empoli non bisogna guardare il clima, ma il minino comune denominatore di quelle tre partite: Maurizio Sarri, l’allenatore che come nessuno mai è riuscito a far entrare in simbiosi l’Empoli con la città di Empoli. L’uomo giusto nel contesto giusto e che ha reso giusto questo momento storico, e che da ieri ha detto arrivederci agli azzurri.

CHIEDI ALLA POLVERE – Maurizio Sarri ha rassegnato le dimissioni da allenatore dell’Empoli, un gesto che si è sentito in dovere di fare e che definire nobile e sportivo sarebbe pleonastico. Semplicemente ha capito che da qui in avanti il suo Empoli rischiava di non essere più il suo Empoli, ha avuto timore di poter sbriciolare in una sola stagione tre anni al massimo. La soluzione più logica è stata dire addio a una società che gli ha permesso di diventare Maurizio Sarri e che lui ha contribuito a far conoscere in Italia e in Europa, tanto da ricevere elogi e complimenti a destra e a manca e anche visite dall’estero come quella di Eddie Howe da Bournemouth. L’Empoli prima di Sarri era solamente la squadra con uno dei vivai migliori d’Italia, Sarri senza l’Empoli invece era un allenatore di Lega Pro con ottime idee ma pochi sponsor. Nell’estate del 2012 a Empoli ci fu chi storse il naso quando Sarri si mise a sedere sulla panchina azzurra, perché il clima intorno alla squadra non era così positivo: un anno vissuto intensamente con la finale playoff vinta in modo clamoroso col Vicenza, tre cambi di allenatore in otto mesi e una piazza in rivolta, non proprio il momento migliore per ripartire. Eppur qualcosa si mosse, vuoi nell’animo dei giocatori vuoi nella città stessa, che si strinse in un pugno intorno al gruppo e formò un amalgama mai visto prima nella patria del carciofo. Sarri ha saputo riportare in alto l’Empoli e lo ha fatto con merito: prima di lui al Castellani era un fiorire di palle lunghe e di tattiche confuse, ma il buon Maurizio è arrivato con il suo dogma e non ha mai cambiato un 4-3-1-2 che, senza esagerare, è entrato a pieno titolo tra gli schieramenti meglio disposti di tutto il calcio italiano.

HOTEL EMPOLI – Sarri a Empoli sarà sempre di casa, perché si è comportato più come uno zio che come un allenatore. Va detto che ha trovato davvero l’ambiente ideale perché a Empoli si lavora bene, non ci sono pressioni e lo sguardo dei grandi media più che altro crea fastidio e non quella visibilità che viene date alle ottave e decime in classifica che riempiono le prime pagine dei giornali sportivi. La dirigenza dell’Empoli lo ha sempre messo nelle condizioni giuste per lavorare e anche nell’autunno del 2012, a pochi mesi dall’insediamento, gli dette fiducia nonostante una partenza shock – sette mesi dopo era a giocarsi la Serie A al Picchi, un anno dopo il 3-2 al Vicenza. Sarri è stato più che un allenatore. Assistere alle conferenze stampa del mister era una ventata di aria fresca: uomo acculturato ma non saccente, schietto ma non pungente, è riuscito a far innamorare del calcio una cittadina intera, impresa riuscita in parte a Salvemini e Spalletti, che pure hanno avuto un percorso simile al suo in riva all’Arno. Anche doverlo aspettare in zona mista perché doveva fumare una sigaretta, il suo vestirsi sempre con la tuta dell’Empoli, trovarlo nei corridoi del Castellani e scambiarci un saluto nemmeno fosse un conoscente, andare all’allenamento in veste di tifoso o di giornalista e vederlo sempre sorridente nonostante la fama di burbero: sono tutte piccolezze che evidentemente si possono riscontrare solo in una persona come Sarri e in un posto familiare come Empoli, che sembra una di quelle pensioni sulla riviera romagnola che vengono gestiti dalla solita famiglia da generazioni, ci si mangia bene e si spende poco nonostante la gente spesso preferisca andare in un hotel di prim’ordine per poi scrivere recensioni astiose su TripAdvisor.

DIFESA ALTA – Non sentirete mai dire a Sarri le solite frasi fratte da allenatore di mezza classifica italiana, lui è uno che chiede a Eto’o se lo sta prendendo per il culo, giusto per riuscire a spiegare con un esempio che tipo di persona sia. A Empoli mancherà soprattutto l’aspetto umano, anche se dal punto di vista del gioco il Castellani è diventato un piccolo Westfalenstadion: mai come in questa stagione di Serie A l’Empoli è sembrato una grande europea, ha giocato in maniera sublime almeno trenta partite su trentotto e per questo ha dato vita a un gioiellino. Azioni manovrate palla a terra, ricerca della profondità e continuo spostamento degli attaccanti per creare spazi. L’Empoli di Sarri è stato geometrico, un movimento dietro l’altro seguendo le stesse linee senza mai diventare obsoleto o noioso; poi la difesa alta in maniera perenne, sia con la Juventus che con il Cesena, e un centrocampo fatto di giocatori sottovalutati ma cervelli fini. L’Empoli ha giocato con intelligenza un calcio che partiva dal cervello per raggiungere la sua forma compiuta solo nei piedi dei giocatori, ha messo in mostra giovani interessanti come Rugani, Tonelli o Pucciarelli e ha valorizzato il fenomenale Saponara, potendo pur contare su elementi diventati di spessore come Rui, Hysaj e Valdifiori o sui due esperti Maccarone e Croce. Mai come per l’Empoli di Sarri è giusto usare la definizione di macchina perfetta. Per questo Empoli è triste, solitaria e finale, perché è andato via un maestro di calcio e una persona che difficilmente si può ritrovare nel pallone moderno.

COLPEVOLE – Che fine farà adesso Sarri? Il sogno è di vederlo allenare all’estero, vederlo portare la sua calata di uomo del Valdarno in Grecia o in Premier League – dal Cavriglia al Paok Salonicco, immaginatevi che goduria -, anche se lui preferirebbe rimanere in Italia, e come dargli torto. Lo hanno accostato al Milan ma in una società allo sbando come quella non avrebbe espresso la sua vera identità, poi al Diavolo ci va Sinisa Mihajlovic, un altro personaggio particolare della nostra Serie A che in Sarri ha trovato un amico e un collega, e effettivamente sarebbe bello immaginarseli insieme al Circolo di Petroio vicino al Castellani alla fine della visita del serbo a Empoli. Lo vogliono un po’ tutti Sarri, ma soprattutto lo rivorrebbe l’Empoli e lo rivorrebbero gli empolesi, per cui è stato uno di casa e un allenatore quasi perfetto. Colpevole magari di non aver dato spazio a qualche giovane del vivaio quando la salvezza era ormai raggiunta; colpevole secondo alcuni di aver dato troppo adito a certe voci di mercato a metà stagione e di aver lasciato nonostante una città che lo avrebbe voluto anche in Eccellenza; colpevole di non aver insegnato la cattiveria ai suoi giocatori, ma per quella serve un generale e non un ex bancario. Colpevole soprattutto di aver fatto innamorare e palpitare una piazza come Empoli che difficilmente si scalda se non per le solite ragioni climatiche. Per l’Empoli adesso è tempo di guardare avanti, ma francamente è impossibile non voltarsi e fare un piccolo sorriso ironico incrociando lo sguardo del mister.

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