2014

E se fosse accaduto in Italia?

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Nei meandri dell’incubo Borussia Dortmund: immaginate Roma, Napoli, Inter o Milan all’ultimo posto della nostra Serie A

Ultimi. Sì, avete letto bene: dopo tredici gare disputate il Borussia Dortmund occupa l’ultima e solitaria postazione della classifica, 11 i punti accumulati con già otto sconfitte al passivo. Rovescio della medaglia è l’ottimo percorso europeo: gli uomini di Klopp sono già qualificati agli ottavi della Champions League – 4 vittorie ed una sconfitta, 13 gol fatti – e superando l’Anderlecht nell’ultimo turno si assicurerebbero la fondamentale prima piazza del girone.

CROLLO VERTICALE – Ma il tonfo in campionato sta assumendo contorni decisamente impronosticabili: vi ricordiamo in tal senso le ultime quattro annate del Borussia Dortmund, campione di Germania nelle stagioni 2010-11 e 2011-12 e seconda alle spalle di un mostruoso Bayern Monaco nei due anni seguenti. Il tutto intervallato da una splendida finale di Champions League: il cammino dei renani venne interrotto soltanto da Arjen Robben quando la gloria era lì oramai ad un passo. Il crollo, assolutamente inspiegabile, nella stretta attualità: il Borussia Dortmund non ha stravolto il suo organico aggiustandolo soltanto in conseguenza della forzata partenza di Lewandowski, conservando ad ogni modo un valore di mercato della rosa che sfora nettamente i 300 milioni di euro. Eppure si fatica a ritrovare le coordinate: la tenuta difensiva traballa contro avversari di ogni calibro e meno dei gialloneri hanno segnato soltanto Amburgo, Colonia ed Hannover.

VENUTA MENO ANCHE L’IRRAZIONALITA’ – Ed è proprio il dato offensivo che preoccupa maggiormente: il ritorno ad altissimi livelli del Borussia Dortmund dell’era Klopp si era contraddistinto più di ogni altro aspetto per la coesistenza tra l’esuberanza dell’irrazionalità ed il classico equilibrio tedesco. Tradotto: si è assistiti all’esibizione di una squadra in grado di muoversi in blocco ma allo stesso tempo di sbucarti da ogni dove, di recitare lo spartito di un’orchestra ma anche di esaltare il quid dei suoi migliori singoli. Ha consegnato all’attuale panorama calcistico internazionale mostri sacri quali Mario Gotze, Marco Reus, Robert Lewandowski, Mats Hummels ma ancor più dei nomi si è imposta come esempio e modello di valorizzazione. A Dortmund si è fatto (grande) calcio rispettando i paletti dell’equilibrio economico – in alternativa alle considerevoli spese effettuate dal Bayern Monaco – e rispondendo alle cessioni pesanti con la lungimiranza del lavoro. L’entusiasmo che ha retto questo folle equilibrio sembra essere almeno parzialmente venuto meno e paga una classifica da incubo: il Borussia Dortmund non retrocederà, ci sentiamo di escluderlo, ma a meno di una clamorosa affermazione europea dovrà presto raccogliere i cocci della creatura che ha incantato il mondo del pallone.

MA IN ITALIA COSA SAREBBE ACCADUTO? – In un ideale parallelo, immaginando la Juventus leader in Italia come il Bayern Monaco lo è in Germania, cosa sarebbe accaduto se Roma, Napoli o ad esempio le milanesi si trovassero oggi all’ultimissimo posto della classifica di Serie A? La considerazione non vuole giocoforza risultare pregiudizievole per il nostro impianto calcistico ma proviamo a ragionare serenamente. In quel di Dortmund lo storico muro giallo sicuramente non è soddisfatto dei risultati della squadra e fa sentire la sua voce senza però arrivare ad alcune scene ad esempio viste dalle parti di Trigoria soltanto un’estate fa, né tantomeno si chiede la testa di un allenatore al contrario costantemente difeso dalla proprietà, che giustamente lo definisce tra i più innovativi dell’intero palcoscenico mondiale. Avanti loro o indietro noi lo possono stabilire le vostre convinzioni, ma è un fatto assodato a mettere d’accordo tutti: se Roma, Napoli o Inter e Milan si ritrovassero ultime il loro allenatore sarebbe sul divano di casa da un pezzo. Giusto o no, anche questo, può essere opinabile: non è discutibile però che sarebbe accaduto (Mazzarri docet, ammesso che vi servano esempi). E’ proprio la cultura dell’esonero ad essere differente: chi vi scrive è convinto, proprio per risalire all’esempio proposto, che Mazzarri la cacciata se la sia meritata e l’abbia inseguita con ogni forza, accampando scuse di ogni genere fino a prendersela con la pioggia. Altrove, probabilmente, vengono difese le scelte in nome della programmazione. Non lo scambiate per riconoscenza, no non c’entra nulla. Non è il passato, è il futuro. A costo di ritrovarsi ultimi.

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