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É meglio il Napoli di Spalletti o quello di Sarri? Fate un test

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Quale Napoli è migliore? Quello quasi campione d’Italia di Sarri o quello che lo sta per diventare di Spalletti?

Lasciate un attimo da parte il risultato finale. Perché ormai è certo che Spalletti riporterà lo scudetto a Napoli dopo 33 anni, operazione che Sarri ha solo fatto pensare possibile in due anni (2016 e 2018) senza riuscire a portare a termine l’impresa. Evitate anche di addentrarvi nei numeri che contano, quelli dei punti finali. É chiaro che mentre Il Comandante si è attestato a quota 91 cinque campionati fa, il Napoli 2022-23 potrebbe anche andare a dare l’assalto al cielo. Vale a dire provare a superare il record della terza Juventus di Antonio Conte, quei 102 punti che sembravano a prima vista un territorio irraggiungibile fino a quando non si è disegnato il cammino odierno. Per il quale, dicono le mappe, mantenendo l’attuale media di 2,7 punti a partita – e 24 gare sono quanto basta per pensare che questo è il ritmo del Napoli, non è una somma di circostanze – si chiuderebbe esattamente a 102 punti (virgola 9, mancherebbe giusto niente per entrare nella Storia come unici invece che coabitanti).

Restate, quindi, esclusivamente sul piano filosofico e provate a interrogarvi sul vostro gusto estetico nei confronti di uno o dell’altro (liberi anche di non scegliere ed considerarli entrambi meritevoli di elogi in misura paritaria). Fatelo se siete napoletani ma anche di altre squadre, l’ammirazione per chi gioca bene non dovrebbe essere delimitata da ragioni di tifo.

Partiamo da una dichiarazione proprio di Luciano Spalletti nei confronti di chi lo ha preceduto: ««Sarri a Napoli non ha vinto nulla. Ma ancora in città sento parlare solo del suo calcio. Non magari quello di un altro grande allenatore come Benitez, che qui ha vinto pure due trofei. Questo è un valore, significa che si ama la bellezza del calcio. E a me questo discorso interessa tantissimo». Il dibattito sul bel gioco è tutt’altro che pacifico e acclarato, è un concetto sfuggente. Maurizio Nicita oggi, su La Gazzetta dello Sport, ha fornito un ottimo contributo nel delinearlo attraverso la messa a confronto delle due squadre, fondandolo sulla differenza tra orizzontalità d verticalità: «La bellezza del Napoli sarrista era nella velocità delle giocate, ma i suoi triangoli spesso erano orizzontali con un possesso prolungato. Gli azzurri di Re Lucio oggi sono più verticali nel far viaggiare la palla. Certo, il possesso è sempre importante, ma quando viene esercitato per vie orizzontali diventa più che altro un modo per difendersi. Ecco,la fase difensiva è molto curata da entrambi, che non si lasciano distrarre dalla loro propensione offensiva».

Aggiungiamo un’altra riflessione, proveniente da Il Napolista, sito che già dal nome lascia intendere la materia di cui tratta. Vi proponiamo un estratto da un loro articolo e lo facciamo come piccolo test. Leggetelo e chiedetevi di quale Napoli si stia parlando, se di quello di Sarri di un tempo o di quello di Spalletti attuale. Nell’ultima riga vi sveliamo il mistero: «Impressiona di questo Napoli il backstage, quel che nei “riflessi filmati” non appare. Il giocare corto, il chiudersi e il riaprirsi a fisarmonica, lo strappare dai piedi degli attaccanti avversari palloni come se da quei tackle dipendessero le sorti dell’umanità. Sembra contraddittorio eppure quando attacca, il Napoli è delicato, sinuoso, seduttivo. È nell’altra fase che si è trasformato, in quella difensiva, nel recupero del pallone. Mostra una ferocia che colpisce e intimorisce».

Risoluzione del test: non è il Napoli di Spalletti. Non è neanche quello più forte di Sarri. É un articolo scritto l’1 febbraio del 2016, dopo un 5-1 sull’Empoli, quando gli azzurri alla terza giornata di ritorno erano in testa alla classifica dopo essersi laureati campioni d’inverno, chiudendo il campionato a “soli” 82 punti.

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