2018
Doping, Joao Pedro positivo all’Idroclorotiazide: cos’è e che rischia
L’attaccante del Cagliari Joao Pedro trovato positivo all’Idroclorotiazide, una sostanza ritenuta dopante dai regolamenti: ecco di cosa si tratta, perché è vietata e cosa rischia il brasiliano
La sospensione in via cautelativa è già scattata ieri, ma potrebbe essere semplicemente il preludio alla squalifica. Joao Pedro, attaccante del Cagliari trovato per ben due volte positivo ai controlli anti-doping (l’11 febbraio scorso, in occasione della gara col Sassuolo, ed il 18, in occasione della partita col Chievo), rischia adesso seriamente. Colpa di una sostanza, l’Idroclorotiazide, ritenuta assolutamente vietata dalla WADA, l’agenzia internazionale anti-doping, addirittura dal 1988, che ha già mietuto diverse vittime nel mondo del calcio e non solo (leggi anche: JOAO PEDRO E L’IDROCLOROTIAZIDE: I PRECEDENTI). L’Idroclorotiazide, va specificato, è in verità un medicinale regolarmente in commercio e vendibile in Italia tramite presscrizione medica: rientra nella famiglia dei cosiddetti “diuretici”, ovvero di quei farmaci utilizzati per stimolare la secrezione di acqua ed elettroliti dai reni aumentando la produzione di urina. Servono cioè per fare pipì.
L’Idroclorotiazide viene utilizzato molto spesso per patologie più o meno gravi, come l’ipertensione, l’insufficienza cardiaca, la ritenzione idrica, l’insufficienza renale. Non è certamente un farmaco da somministrare con disinvoltura, per questo si richiede sempre il parere medico: l’eliminazione rapida dei liquidi nel corpo umano può infatti portare ad una cospicua perdita di peso e, conseguentemente, ad una drastica riduzione del volume di sangue e dei liquidi extra-cellulari con possibili scompensi a livello del cuore. A livello sportivo tuttavia non si può definire l’Idroclorotiazide come una vera e propria sostanza dopante, ovvero in grado di alterare le prestazioni sportive in maniera significativa (come per esempio per gli anabolizzanti), la ragione per cui è vietato è piuttosto un’altra dunque. La capacità del farmaco di eliminare grosse quantità di liquidi nel nostro corpo in tempi relativamente molto brevi aumentando il volume delle urine può diminuire la concentrazione di eventuali sostanze dopanti assunte in precedenza dallo sportivo. Tradotto in altri termini: l’Idroclorotiazide può “mascherare” l’uso di doping.
Perché l’Idroclorotiazide è vietato dai regolamenti
Per questa ragione l’utilizzo giustificato di Idroclorotiazide da parte di uno sportivo eventualmente affetto da qualche patologia deve essere immediatamente segnalato alle autorità anti-doping nazionali. Per farlo però, appunto, dovrebbe esserci prescrizione medica: nel caso di Joao Pedro, pare non ci fosse (resta comunque tutto da accertare). Non solo però: essendo il farmaco utilizzato, come detto, per lo più in casi di ipertensione o patologie comunque consistenti, non si avrebbe ragione di sospettare il suo utilizzo da parte di un soggetto che compie attività sportiva professionistica e dunque sottoposto di continuo a controlli di pressione che potrebbero rilevare una problematica in ragionevole anticipo, tanto da poterla eventualmente risolvere in modo differente. Per tutti questi motivi la positività dell’attaccante del Cagliari è fonte di sospetti.
Attualmente i controlli anti-doping possono rilevare facilmente l’utilizzo di Idroclorotiazide negli sportivi professionisti tramite due semplici tecniche abbinate: una cromatografia liquida delle urine unita ad una spettrometria di massa, tenendo conto che l’effetto diuretico del medicinale si instaura entro una o due ore dalla sua somministrazione e dura da un minimo di sei ad un massimo di dodici ore continuate. In genere possono rimanere tracce di Idroclorotiazide nel corpo fino a venticinque ore successive al suo utilizzo, anche se con metodiche sensibili di controllo delle urine potrebbe essere possibile ritrovare minime parti della sostanza in circolo anche per tempi più prolungati.
Joao Pedro positivi all’Idroclorotiazide: cosa rischia
Già sospeso, come accennato, in via cautelativa, adesso Joao Pedro rischia una lunga squalifica. Le norme in questione prevedono, quando si tratta di prima positività (come nel caso dell’attaccante brasiliano) fino a due anni di sospensione dall’attività agonistica. Molto dipenderà dalla difesa del giocatore, che potrebbe dimostrare l’utilizzo in buona fede del farmaco: solo allora per lui sarebbe possibile una squalifica di entità senza dubbio inferiore ai due anni (sei mesi o un anno). Chiaramente Joao Pedro e il Cagliari avranno possibilità di ricorso presso la Corte d’Appello Federale e, se vorranno, potranno nel mentre anche chiedere ulteriori analisi dei due campioni prelevati nel mese di febbraio.
Quanto al Cagliari, invece, non c’è rischio di sanzioni. Lo prevede l’articolo 11 WADA, che prescrive possibilità di penalizzazioni o sconfitte a tavolino nelle partite in cui siano scesi in campo giocatori trovati poi positivi ai controlli anti-doping soltanto nei casi in cui sia dimostrata la corresponsabilità diretta del club nell’utilizzo di sostanze illecite. Corresponsabilità dimostrabile, sempre a norma di regolamento, solo nel momento in cui più di due giocatori della stessa squadra risultino positivi nello stesso arco di tempo.