Dovbyk Roma: «Non voglio essere il nuovo Lukaku»
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Dovbyk Roma: «Non voglio essere il NUOVO LUKAKU; qui c’è molta AMBIZIONE»

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Le parole di Artem Dovbyk, nuovo attaccante della Roma: «Questo è il club giusto, ha ambizioni e fame e una tifoseria fantastica»

Artem Dovbyk, nuovo attaccante della Roma, ha parlato a la Gazzetta dello Sport. Di seguito le sue parole.

SCELTA ROMA – «Ho deciso dopo aver parlato con Dan Friedkin. Ho avuto sensazioni buone, mi ha fatto sentire importante, dicendomi cosa si aspettava da me. Ma ho parlato pure con DeRossi e Ghisolfi, è stato importante».

SOLIDITÁ SOCIETARIA – «In passato non avevo mai parlato con i proprietari del club e questo è stato importante. Mi hanno illustrato il progetto a lungo termine. Io credo in loro e loro in me. La Roma sta investendo tanto, vuole fare grandi cose. So che il futuro sarò luminoso».

EREDITÁ LUKAKU – «Romelu è uno dei più grandi centravanti in Europa. Ma io non sono il nuovo Lukaku, ma Artem Dovbyk. Voglio fare del mio meglio e che la gente mi apprezzi per quello che so fare».

PESO DELLA PRESSIONE – «Le stagioni sono lunghe, a volte capita di giocare bene e altre male. Ci sono momenti in cui tutto va perfettamente e la gente ti adora e altri in cui arrivano le critiche. Ma bisogna saperle gestire. Il calcio senza pressioni non è calcio».

RIFIUTO ATLETICO MADRID – «Non era il progetto giusto perché il rapporto che abbiamo avuto con l’Atletico non è stato dei migliori: c’erano persone che mi volevano e altre no. Non ho avvertito fiducia, al contrario invece della Roma».

CLUB E CITTÁ – «Questo è il club giusto, ha ambizioni e fame. E poi c’è uno stadio bellissimo, una città meravigliosa e una tifoseria fantastica. A Roma ero stato solo una volta, durante l’ultimo Europeo. Ma era il periodo del coronavirus, e poi ero in nazionale. Sono stato tre giorni, ho visto qualcosa. Mi rifarò presto…».

CRESCITA IN CARRIERA – «In Danimarca ho avuto un infortunio (rottura del legamento crociato anteriore, ndr) che mi ha condizionato, ma che mi ha anche reso più forte. Dopo ho iniziato a lavorare di più in palestra, a fare una vita da professionista. Il carattere mi è servito, per gli attaccanti i gol sono tutto: un centravanti che ha fiducia è un giocatore migliore».

PICHICI – «E’ un trofeo che mi dà ancora più certezze. Devo ringraziare il Girona, i miei compagni e l’allenatore (Michel, ndr) che hanno creduto in me. A inizio stagione nessuno avrebbe scommesso sul fatto che potessi riuscirci, invece ho dimostrato che nel calcio tutto è possibile. Grazie anche alla mia famiglia».

SE HA PARLATO CON SHEVA – «No, ma quando lui era il mio allenatore in nazionale mi diceva sempre che dovevo migliorare fisicamente e nei movimenti se avessi voluto giocare in uno dei primi cinque campionati europei. Ho fatto tesoro dei suoi consigli. E ho lavorato duro».

INCROCI CON SORLOTH – «In effetti è una storia divertente: ci siamo confrontati in campo, per il titolo di bomber e sul mercato. Il futuro dirà qual è la scelta giusta. Abbiamo cambiato club, vedremo chi si ambienterà prima».

DERBY – «Tutti sanno quanto è importante il derby, sia per i tifosi sia per il club. Posso solo promettere che darò tutto me stesso per vincere questa partita».

AVVERSARIO PIU’ DURO PER IL TITOLO DA CAPOCANNONIERE – «Lautaro mi piace per il suo stile, la costanza con cui segna. Ma anche gli altri sono tutti forti, sono i migliori centravanti della A. Ma per me la squadra viene prima di tutto. Mi piace segnare tanto, ma se mi chiedete se il sogno è vincere il titolo di capocannoniere o lo scudetto non ho dubbi: lo scudetto».

QUANTI GOL PER LA CHAMPIONS – «Un numero di gol da segnare ce l’ho in testa, ma non lo dico. Dobbiamo tornare in Champions: è un obiettivo importantissimo, da centrare a tutti i costi. La Roma manca da troppo tempo».

DE ROSSI – «Mi piace per la sua mentalità, ha fame, è ambizioso, cerca di migliorarti. Con lui si lavora intensamente, sono sicuro che mi farà crescere ancora».

DIFFERENZE CON MICHEL – «Non moltissimo, forse qualcosa nelle pressioni alte. Per un centravanti è più facile adattarsi ad un nuovo allenatore rispetto ad un centrocampista o a un difensore centrale. Al centravanti si chiede di aiutare la squadra e i centrocampisti, di proteggere la palla, di fare gol. Lo facevo al Girona e lo farò anche alla Roma».

ORGOGLIO DI ESSERE IL PRIMO UCRAINO DEI GIALLOROSSI – «Certo, per me e per il mio Paese. Ci tengo a far vedere quanto valgo. Prima di me in Italia ci sono stati Shevchenko, Malinovskyi e Kovalenko. Ora è il mio turno, tocca a me».

GUERRA – «Mi rendo conto che nessuno possa immaginare davvero cosa sta succedendo lì, a casa mia. Ma capisco le persone, vivono molto lontane da questa situazione. La guerra è un problema grande, una tragedia gigantesca. Ogni giorno muoiono tante persone».

SPORT UN RAGGIO DI LUCE – «Lo sport può dare piccoli sorrisi. Di Parigi 2024 seguo soprattutto gli atleti ucraini, sono stato felice per l’ultimo oro, quello del pugilato con Khyzhniak. La scuola della boxe in Ucraina è molto popolare. È uno sport che mi affascina. In passato ci sono stati i fratelli Klitschko, Volodymyr e Vitalij, che poi è diventato sindaco di Kiev, uno che per noi vale come Shevchenko nel calcio. Adesso c’è Oleksandr Usyk, un altro grande campione».