Calcio italiano
Deulofeu: «Milan nel cuore. Tornare in una big? Prima devo completare il percorso a Udine»
Gerard Deulofeu ha rilasciato una lunga intervista a Sportweek: queste le parole dell’attaccante dell’Udinese
Gerard Deulofeu ha rilasciato una lunga intervista a Sportweek. Queste le parole dell’attaccante dell’Udinese.
PERCHE “PARCHEGGIATO” ALL’UDINESE – «Perché ho perso un anno e mezzo, forse due di carriera. Prima una frattura al piede, poi la rottura del legamento crociato di un ginocchio, infine un’infiammazione allo stesso ginocchio. Tutto tra il 2018 e quest’anno, da marzo a marzo».
DIVENTARE UNA STELLA – «C’è sempre tempo. Ho grande fiducia in me stesso: sono riemerso da due infortuni gravi. Ho sfruttato i mesi di riposo forzato per pensare, per fare un’analisi di me stesso e capire chi avrei voluto essere. Anche per questo ora mi sento molto, molto forte. Vedo ancora dieci anni di carriera davanti a me».
DISCONTINUO – «Perché ero giovane, non avevo esperienza. Avevo giocato in un solo club, il Barcellona. Trasferirmi in Inghilterra e in Italia mi è servito per crescere: ho potuto conoscere un altro calcio, nuovi spogliatoi. Così sono diventato più maturo, ho imparato cosa fare in campo e fuori dal campo. Dieci anni fa era un ragazzo venuto su con prepotenza. Appena diciassettenne aveva già esordito in Liga e in Champions. Sai com’è, quando sei tanto giovane e tutto ti arriva subito, non è facile. Sei sempre sulla prima pagina dei giornali, tutti ti stanno addosso e io non potevo avere la maturità di adesso. Se avessi avuto allora la testa di oggi, la mia carriera sarebbe stata molto diversa».
CARRIERA – «Molte belle esperienze. Questa è la mia nona stagione in campionati di Prima divisione: alla mia età sono già tante. A me piace ascoltare e imparare di conseguenza. E quello che ho imparato è che nel calcio moderno devi essere preciso al millimetro. È ciò che faccio oggi. Dentro c’è tutto: allenamento, riposo, alimentazione».
MESSI – «Non posso dire che fossimo amici, ma abbiamo avuto un buonissimo rapporto. Per il resto, ho imparato tanto osservandolo. Con Messi non si può fare di più: devi solo guardare. Poi torni a casa e pensi: come posso fare per imitarlo? Ma arrivare al suo livello non è possibile».
I PIÙ FORTI CON CUI HAI GIOCATO – «I primi tre sono Messi, Xavi e Iniesta. Non ho dubbi. Poi ci sono stati Sergio Ramos, David Silva e Jordi Alba in nazionale, Lukaku, Banega, Donnarumma… ».
DONNARUMMA – «Ogni tanto ci incontriamo. No, non mi aspettavo che andasse via dal Milan, ma posso capirlo: è andato nel club forse più forte d’Europa. Come fai a condannarlo?».
POCO SACRIFICIO IN DIFESA – «C’è una parte di verità. Non avevo la maturità per capire e sapere fino in fondo quel che l’allenatore mi chiedeva e ciò di cui la squadra aveva bisogno. E non avevo il fisico. Facevo 60- 70 minuti a tutta, poi non ne avevo più. Adesso arrivo tranquillamente a 90. Ho l’energia per fare attacco e difesa. Il mio punto forte resta l’attacco, ma sono diventato un giocatore molto più completo».
GOTTI – «Cosa mi chiede? Non tante cose, mi lascia molta libertà in attacco e di coprire un po’ sul regista avversario. Soprattutto, mi vuole vicino alla porta per provare a far gol. È ciò che serve alla squadra, anche se io non sono una punta; sono uno che sta vicino a una punta e che, come dicevo, crea calcio. E adesso che giochiamo con un vero centravanti, Beto, per me è molto più facile».
CREATORE DI GIOCO – «Sì. Uno che ha un’idea diversa, vede le cose in maniera differente: una linea di passaggio, la possibilità di un dribbling… Non ci sono tanti giocatori che hanno queste doti. Ma da sole servono a poco, se non hai l’energia per metterle in pratica per 90 minuti e non soltanto per dieci».
GOL O ASSIST – «Il gol. È più divertente. L’assist va bene, ma preferisco segnare. Non la pensavo così, ma ho imparato che il gol è il calcio. Quello che mi renderà grande è il gol, di assist ne ho già fatti tanti».
GIOCARE ALL’ATLETICO O BARCELLONA – «Ci ho giocato. E faccio in tempo a tornarci. Per ora sto tranquillo qui a Udine, perché non posso andare in una grande squadra se prima non completo il mio percorso all’Udinese».
MILAN – «Al Milan sono stato molto bene. Mi sono sentito forte perché dal primo giorno mi è stata data fiducia. Al Milan si respira l’aria del grande club, è qualcosa che percepisci subito, dappertutto, dentro e fuori da Milanello. Il Milan lo porto nel cuore, sempre».
NUMERO 10 – «Via Rodri, ci si aspettava da me un passo in avanti in campo, come leader tecnico, e nello spogliatoio, per aiutare i più giovani. È quello che sto provando a fare, consapevole che la maglia che indosso l’hanno portata giocatori molto importanti prima di me. Sì, voglio che i compagni riconoscano in me un leader, innanzi tutto per l’impegno che metto nel lavoro».