2017

Derby di Milano, Samuel: «Non è decisivo, ma è fondamentale»

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Walter Samuel sa bene cosa significhi la stracittadina tra Inter e Milan: «Non ci sono favoriti per questa sfida. Ricordo il 4-0 del 2009…»

Dieci anni fa, per Walter Samuel la parola derby significava inseguire un indemoniato Kakà, infortunarsi, rialzarsi come posseduto e stramazzare solo ad azione finita. Pardon: murata. Era il maggio 2007, «Wally» difendeva un’imbattibilità nelle sfide coi rossoneri che sarebbe durata quasi fino al termine della vita nerazzurra. Oggi, per lui, Inter-­Milan è una vetrina piena di ricordi a un’ottantina di chilometri dal posto di lavoro: Lugano. Lì, da vice di Pierluigi Tami, sta posando il primo mattone della nuova carriera da allenatore. Samuel ha parlato della stracittadina a “La Gazzetta dello Sport”: «La classifica dice Inter, ma è un derby, per definizione non ci sono favoriti». È presto per dire che è già una svolta decisiva? «Decisiva no, ma fondamentale sì. Mentirei se dicessi che è una partita come le altre. La verità è che vale almeno un mese di campionato, in un senso o nell’altro». Rosario, Buenos Aires, Roma, Madrid, Milano: lei di derby è un professore con un curriculum invidiabile. Come si preparano queste partite? «Per me era sempre una questione di atteggiamento. Non parlavo molto, lo sapete. Preferivo concentrazione, umiltà, sana cattiveria sportiva. Si può essere leader anche così».

RICORDI E ALBICELESTE – Il suo derby del cuore? «Quello del 4-­0, agosto 2009. Lì facemmo la prestazione perfetta. Indimenticabile. Contro c’era anche Ronaldinho». Le piace l’Inter di Spalletti? «Se una squadra fa molti punti, di solito non è una casualità. La verità è che i risultati servono maledettamente, perché danno il tempo di lavorare sulla qualità del gioco con serenità». Tranquillità che manca nel Milan: «È la solita fretta, leggo di Montella già in discussione. Tutti vogliono le vittorie subito, ma quando si cambia tanto non è detto che le cose funzionino all’istante». Interista e connazionale: Icardi sa reggere questa pressione? «Se vuol essere un campione, deve imparare in fretta. Lo stesso discorso vale per Dybala. È vero, in questo periodo non è semplice essere un attaccante dell’Argentina. Ma il calcio è questo, non aspetta, devi adattarti alle sue regole». Più duro un derby di Milano o un match sudamericano di qualificazione al Mondiale? «Scherza? Di gran lunga un “partido” del Conmebol. Anzitutto, a Milano i tifosi avversari vanno allo stadio insieme, gli episodi di violenza sono rari. E poi, ha idea di cosa significhi giocareaoltre 3000 metri di altitudine, come in Bolivia?». Per sua fortuna, l’Argentina si gioca il pass per il Mondiale a soli 2850 metri… «Gran brutta situazione, ma era nell’aria. Non puoi cambiare conduzione tecnica tre volte in poco più di un anno e sperare di cavartela col talento. Ho ancora fiducia, spero che vinceremo la partita in Ecuador, ma la nostra Selecciòn non ha ancora una fisionomia definita e rischia grosso. Se ce la fa, però, poi sarà pericolosissima in Russia».

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