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Demiral, Maehle e le accuse contro il “Regime Atalanta” di Gasperini
Lo sfogo di Maehle, la benzina sul fuoco di Demiral e le accuse contro Gian Piero Gasperini e tutto il mondo Atalanta
Inopportuna. Basta questa parola per descrivere quello che è successo tra Maehle, Demiral e le accuse nei confronti del tecnico Gian Piero Gasperini: attribuendogli colpe pesanti sul loro addio a Bergamo, descrivendolo come un dittatore, e Zingonia, così come il mondo Atalanta, un vero e proprio inferno.
Premessa: Gasperini non è un santo così come non lo sono tutti gli allenatori. Ha un carattere molto particolare dove pretende il 110% sia dai giocatori che dalla società, e alcune volte tende andare oltre al limite (certi scivoloni, specialmente dal punto di vista comunicativo, potevano essere evitati). Non sicuramente un tecnico alla buona come Klopp o Ancelotti, dall’altra parte però bisogna mettersi in testa che nel mondo del calcio i tecnici più ambiziosi e vincenti non sono esenti dalla parte del sergente di ferro: Guardiola è l’esempio più lampante, e se il “protagonista” di tale vicenda fosse stato l’allenatore del City, mediaticamente verrebbe etichettato in maniera diversa rispetto al tecnico di Grugliasco.
La realtà descritta dai due ex atalantini è quella di un dittatore che comanderebbe a bacchetta i suoi giocatori, con il Centro Bortolotti di Zingonia paragonabile a Guantanamo. L’Atalanta è una grande squadra, e tale contesto non è per tutti: c’è chi riesce ad essere all’altezza e chi no (per questioni tecniche o mentali). La priorità è “come” te ne vai, e nel ciclo di Gasperini ci sono stati addii di ogni tipo. Il più maturo? Sicuramente quello di Castagne: descrivendo Gasp come un genio nella crescita calcistica, ma comunque una persona abbastanza particolare. Tra i tanti spicca quello di Papu Gomez: andato via con tante polemiche per poi fare un passo indietro ringraziando comunque il tecnico.
Poi ci sono gli eterni incompiuti alla Maehle e Demiral: sopravvalutati dal proprio ego e senza la minima gratitudine nei confronti di un tecnico che, per quanto non sia riuscito a tirare fuori da loro il salto di qualità, li ha portati comunque ad un livello importante. Discutibile su tutte la morale del turco che ribatte a suon di “Saprete la verità su Gasperini” quando il ragazzo non si è neanche presentato alla festa per il ritorno dell’Atalanta in Europa: ci sta non essere in linea col tecnico, ma mettere il bene della squadra in secondo piano no.
Il talento a Bergamo fa la differenza, su tutte però la voglia di mettersi in gioco e lavorare. Se non c’è questo aspetto, prendendo per esempio il danese che si è esplicitamente lamentato di qualche giorno in più al Centro Bortolotti, tanto vale lasciar perdere certi giocatori, soprattutto quelli che non si prendono le loro responsabilità se all’Atalanta non sono riusciti a diventare fenomeni: preferendo accusare chi invece, dal 2016, nonostante pregi e difetti, lo ha veramente dimostrato.