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Delio Rossi: «Il Napoli non mi sorprende. La Juve ha un problema. Scudetto? Due più forti» – ESCLUSIVA

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Intervista esclusiva a Delio Rossi, ex allenatore di Lazio e Fiorentina, sulla Serie A. Ecco il suo pensiero dopo le prime 7 giornate

Ha allenato Lazio, Palermo, Fiorentina, Foggia e la lista è molto lunga. Ha vinto una Coppa Italia, ha conquistato salvezze e promozioni, facendo giocare molto bene le squadre. Stiamo parlando di Delio Rossi, ultima esperienza nel 2020 sulla panchina dell’Ascoli, si sente finito nel dimenticatoio, fuori dal giro, ma è un allenatore che ha ancora tanto da dire. Ci sono tre tipi di allenatore afferma: i maestri, gli intermedi e i gestori. E lui – anche se non lo dice – fa sicuramente parte della prima categoria. E in una lunga chiacchierata con CalcioNews24.com, si è soffermato sui temi più caldi del nostro calcio. Dal Napoli alla Lazio, passando per Simone Inzaghi, la Juve, De Zerbi e anche la Nazionale. Ecco cosa ci ha raccontato in esclusiva.

Partiamo da una sorpresa positiva: si aspettava il Napoli primo a punteggio pieno dopo 7 giornate? E’ la stessa rosa che è arrivata quinta l’anno scorso con Anguissa e, ovviamente, un nuovo allenatore.
«Onestamente sì perché il Napoli era forte anche gli altri anni. Quest’anno ha anche un Osimhen in più rispetto all’anno scorso. Vuoi il Covid, gli infortuni, veniva da un altro campionato, ma ha grandi potenzialità fisiche e ci sta che in una piazza come Napoli abbia avuto un periodo di adattamento. Non mi sorprende che il Napoli sia lì, mi sorprende che sia arrivato quinto».

Sorpresa negativa: la Juventus. Bruttissima partenza, ora 5 vittorie consecutive tra Champions e Serie A. Si aspettava queste difficoltà per Allegri? Ce la farà a lottare per lo Scudetto? Le piace il gioco?
«Mentre per il Napoli ero sorpreso che non andasse benissimo, della Juve non sono sorpreso perché tra le squadre di vertice è quella che ha il centrocampo peggiore anche se è migliorata con l’acquisto di Locatelli ma se parliamo di Rabiot, McKennie e Bentancur paradossalmente è inferiore anche a quello della Lazio con Leiva, Milinkovic e Luis Alberto. Il cuore del gioco è sempre il centrocampo e quel reparto non è all’altezza del blasone della Juve. Ci sta che la Juve possa fare bene, meglio dell’anno scorso, può anche lottare per lo Scudetto ma sono convinto che Inter e Napoli abbiano qualcosa in più».

L’Inter ha scelto Simone Inzaghi, ora è terza. Si aspettava potesse già incidere così tanto?
«Se sugli altri allenatori avevo idee abbastanza chiare, Simone aveva allenato solo la Lazio, fermo restando che non aveva fatto bene ma benissimo. E’ chiaro che aveva bisogno di andarsi a mettere in competizione in un altro ambiente e ha scelto l’ambiente più difficile. Vai dopo Conte, ti tolgono Hakimi e Lukaku, sta facendo bene. Mi fa piacere, è un ragazzo che ho avuto alle mie dipendenze. Aveva bisogno di andare da un’altra parte per mettersi in competizione soprattutto con se stesso. Sia per la Juve, il Milan, la Lazio, l’Inter e in considerazione che siamo ancora all’ottava giornata, io aspetterei magari la decima, perché siamo sempre nel campionato post-Covid o del Covid, ci sono stati gli Europei, ci saranno i Mondiali, per dare una valutazione dobbiamo aspettare, senza considerare l’anomalia del calciomercato con i giocatori che sono arrivati dopo le prime due giornate perché non c’erano soldi. Ora stiamo facendo queste due valutazioni, magari fra un mese – dopo la sosta di novembre – avremo le idee più chiare».

Il Milan ormai è tornato al top. Di chi è il merito principale di questa rinascita: Pioli o dirigenza?
«E’ una squadra intrigante, è futuribile perché ha molti giovani che non sono ancora esplosi, parlo di Leao, Brahim Diaz. Il merito secondo me è dell’allenatore e della società. Una squadra come il Milan, la più titolata italiana a livello europeo e mondiale, ha fatto una scelta a 360°, si è avvicinata a dei giocatori che sono dei potenziali campioni e sono stati bravi a individuarli».

La Lazio ha cambiato puntando su Sarri e sul sarrismo. Delle big è quella che sta riscontrando più problemi. Perché? La rosa della Lazio è adatta a Sarri? Sarri è adatto alla Lazio?
«E’ una domanda abbastanza intrigante e difficile cui rispondere. Fermo restando che vale quanto ho detto prima: era giusto che Simone andasse a iniziare una nuova avventura altrove, era giusto che la Lazio andasse a prendere un nuovo allenatore e quando la Roma prende Mourinho tu devi rispondere con un allenatore altrettanto ‘di grido’ e chi meglio di Sarri. Poteva andare a prendere lo Juric della situazione, ma non ha un appeal come quello di Sarri, e paradossalmente se la Roma avesse preso il Di Francesco della situazione, forse la Lazio non avrebbe preso Sarri. L’attuale tecnico della Lazio è un allenatore diverso rispetto a Simone, è un allenatore più maestro, ha bisogno di tempo. Simone è più simile ad Allegri e Ancelotti. Io penso che ci siano tre categorie di allenatori: i maestri come Zeman, Italiano, lo stesso Sarri, allenatori intermedi come Ancelotti, Inzaghi, e allenatori gestori come Zidane, Capello, meno maestri ma che curano meno il dettaglio, lo stesso Mourinho si avvicina ai secondi, è fra i secondi e i terzi, gioca più sulle motivazioni e sul carattere. Sarri sicuramente ha bisogno di tempo. E’ un allenatore che ha iniziato col 4-4-2, poi ha avuto successi con l’Empoli con il 4-3-1-2, pensava di giocare così a Napoli ed è passato al 4-3-3 e ha fatto dal punto di vista estetico forse il calcio più bello. Ha avuto successi con la Juve, e ha rivisto il suo modo di intendere il calcio, e con il Chelsea, non ha mai toccato livelli estetici come a Napoli. Secondo me ha qualche problema con qualche giocatore, perché quando scegli un sistema di gioco, e se non ti vendono i giocatori e ti comprano quelli ‘più bravi’ di quelli che hai, devi usare le eccellenze che hai che sono Leiva, Acerbi, Luis Alberto, Milinkovic-Savic. Poi c’è Lazzari che è un esterno destro, un quinto, può fare il quarto ma ha bisogno di tempo. E’ normale che ci siano difficoltà in questo momento, se riuscirà a risolverle in tempi brevi non lo so perché nel momento stesso in cui alleni dei giocatori che hanno ottenuto risultati e la mente umana se ottiene dei risultati dice ‘perché devo cambiare se le cose andavano bene?’. Facendo paradossalmente più fatica perché richiede maggior sacrificio, maggior dispendio di energie mentali e se non vengono i risultati subito c’è il rischio di mettere in dubbio l’efficacia di quello che ti propone l’allenatore: questo penso sia il pericolo più grande».

Rimanendo in tema di allenatori. De Zerbi ha lasciato il Sassuolo per andare allo Shakhtar: occasione persa per qualche grande club?
«Parliamo di un altro allenatore maestro, una big non si affida a un allenatore maestro, più squadre come Fiorentina o Bologna si affidano a questi allenatori. Deve esserci una mente illuminata come è stato Berlusconi con Sacchi allora, perché devi fare un progetto a lungo termine. Adesso non c’è questa voglia di aspettare, basta vedere cosa sta succedendo, paradossalmente, ora alla Lazio. Si fanno sempre confronti, anche con un mese prima. Non lo conosco bene, forse non è stato cercato da una big e ha capito che doveva andar via da Sassuolo per mettersi in discussione e ha avuto questa opportunità, anche la curiosità di andare a provare il proprio calcio all’estero. Lo capisco. Qualcun altro magari non lo capisce, ha fatto una scelta controtendenza, si pensa all’estero come Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, magari non ha avuto questa occasione, è capitata questa e l’ha accettata».

La Fiorentina e la vicenda Vlahovic. Stava andando tutto bene, poi il comunicato sul mancato rinnovo. Non c’è un po’ di autolesionismo nella società viola?
«Io parlo di questioni tecniche, non posso parlare di cose che fanno altri e non so cosa passi nella testa dei dirigenti che fanno un comunicato. Quando tu hai un giocatore che ha fatto non bene, benissimo, fermo restando che prima dell’arrivo di Prandelli non aveva fatto così bene, quindi è esploso da 5-6 mesi. E’ un giocatore futuribile, un giocatore moderno. Per esperienza so che un giocatore quando ha quelle sirene ti rimane anche mal volentieri. La mia esperienza dice di trarre il massimo beneficio possibile e cercare di venderlo per non fare ad esempio come Belotti che ha fatto bene un anno e si parlava di 100 milioni, poi è rimasto lì e ora rischia di andare via a parametro zero. Vlahovic sembra voglia andare via, se prendi 900mila euro e una piazza come Firenze ti offre 5 milioni vuol dire che hai in mano un’alternativa importante. Poi non so perché la società abbia fatto questo comunicato ma se fossi nella Fiorentina cercherei di trarre il massimo possibile e di venderlo poi il prima possibile».

Siamo nel periodo di sosta. La Nazionale ha vinto l’Europeo e ora ha perso con la Spagna in Nations League. Solo una battuta d’arresto o primi campanelli d’allarme per il futuro? Anche pensando alla questione centravanti…
«Abbiamo fatto più o meno la stessa partita di 2 mesi fa all’Europeo, solo che lì gli episodi ci sono andati a favore, stavolta contro. A volte si valuta solo il risultato che a volte copre quanto detto dal campo. Quella volta il campo ha detto che la Spagna ci è stata superiore, stavolta gli episodi ci sono andati contro. Non ci dovevamo esaltare prima, anche se abbiamo vinto l’Europeo, non ci dobbiamo abbattere adesso, ci sta perdere contro la Spagna. Il problema centravanti c’era anche prima, Raspadori mi sembra che abbia le caratteristiche più adatte a Mancini. Noi non abbiamo un Vlahovic, un Lewandowski, un giocatore con queste caratteristiche».

Una domanda a livello personale. Ultima esperienza ad Ascoli. E’ pronto a tornare in pista?
«Sì, io so fare solo questo. Chi fa il mio lavoro deve essere pronto per forza ma sembrerebbe che sono caduto nel dimenticatoio, ci vuole pazienza. Perché? Nel calcio ci sono dei trend, delle mode, bisognerebbe guardare i risultati, non quello che dice uno o alle amicizie che ha, così nel calcio come nella vita. I risultati dicono che se io dovessi scegliere un allenatore per una squadra o prenderei uno che potrebbe essere futuribile o uno che ha ottenuto dei risultati in base a quello che ha: se allena il Lecce deve stare in A, non si può pensare che debba vincere lo Scudetto, se uno allena l’Inter deve pensare di vincere lo Scudetto. In questo momento si va su certi altri tipi di allenatori. Fermo restando che sono un po’ orso, non vado negli stadi, nelle trasmissioni, non mi faccio vedere, non telefono ai giornalisti, non ho procuratori, l’ho sempre fatto e continuerò a farlo».

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